Intervista a un uomo che ha detto “No” alla mafia: “Mi sono opposto al ‘pizzo’, ma non sono un eroe”
“La mafia non è affatto invincibile, è un fatto umano e come tutti i fatti umani avrà un inizio ed una fine. Piuttosto, bisogna rendersi conto che è fenomeno terribilmente serio e molto grave, che si può vincere non pretendendo eroismo da inermi cittadini, ma impegnando in questa battaglia tutte le forze migliori delle istituzioni”. Queste le parole di Giovanni Falcone, magistrato ucciso dalla mafia presso lo svincolo di Capaci, sull’autostrada per Palermo. Con lo stesso spirito di chi vuole raccontare la verità, ci approcciamo a Daniele Ventura, palermitano, che abbiamo intervistato alla stazione di Caltanissetta per dare voce a chi ha detto “No” alle mafie. Autore del libro 'Cosa nostra non è cosa mia' (La Zisa Edizioni), Daniele è un uomo estremamente gentile, umile: un ragazzo che ha avuto il coraggio di denunciare, esponendo la propria vita e quella dei propri cari, agli estorsori che gli chiedevano il ‘pizzo’, subito dopo aver aperto la sua attività. Un onesto cittadino di Palermo, affascinato fin da piccolo dalla rettitudine, dall’onestà e dal coraggio di Giovanni Falcone e Paolo Borsellino. “Chiedono le denunce, ma poi ti lasciano in preda alle conseguenze”, ci racconta Daniele. “Su questo bisogna lavorare. E comunque, noi che denunciamo, dobbiamo essere considerati delle persone normali, non degli eroi. La normalità dovrebbe essere denunciare e non piegarsi alla mafia ed al pizzo”.
Daniele Ventura, ci racconti cosa è successo?
“Ho aperto un locale con grandissimo entusiasmo. Pochi giorni dopo l’apertura, mi ritrovo tre emissari di Cosa Nostra a chiedermi il ‘pizzo’. E mi dicono: “Ma tu vai a casa della gente senza chiedere il permesso”?
E tu cosa hai fatto?
“Sono stato costretto a pagare 500 euro entro la sera stessa, ma già il giorno seguente mi sono recato a denunciare il fatto, per la prima volta, alla Direzione distrettuale antimafia. Ovviamente, con tanta paura non solo per me, ma anche per i miei famigliari”.
Che ricordi hai di Falcone e Borsellino?
“Ricordo ancora il rumore delle bombe a Palermo, il fumo. Ho un ricordo nitido dei notiziari alla radio e alla televisione: questa cosa mi è rimasta impressa nella mente. Inoltre, quando andavo a scuola, ogni giorno si parlava di chi avevano ucciso. Erano anni di sangue e questa cosa mi è rimasta dentro”.
Qual è il tuo desiderio?
“Vorrei cambiare questa regione bellissima (la Sicilia, ndr), ma così disgraziata per colpa di qualche disonesto”.
Dopo le tue denunce, cosa è accaduto?
“Dopo le mie denunce, le persone non venivano più nel mio locale per paura e ho dovuto, nel giro di poco tempo, chiudere. Nel frattempo, avevo già chiesto un prestito a fondo perduto. Oggi, non mi sento tutelato dallo Stato, ma mi identifico, ancora, in uomini come Falcone, Borsellino e Libero Grassi. Ne ho passate veramente tante, in questi anni: mi sono stati richiesti indietro i soldi e bloccati i fondi. Per fortuna, poi ho risolto anche grazie all’intervento delle televisioni, come il servizio su ‘Striscia la notizia’. Tuttavia, ho dovuto attraversare problemi burocratici a non finire e non sono stato aiutato nella ricerca di un posto di lavoro. Anche perché non mi è stato riconosciuto lo status di testimone di giustizia”.
Per vivere, quindi, come vai avanti?
“Mi sono rimboccato le maniche e mi sono messo a fare i lavori più umili, nella speranza di fare di meglio. Continuo, comunque, con il mio impegno civico: vado a parlare nelle scuole, ai convegni e persisto nella speranza di far cambiare la mentalità ai ragazzi. Anche se fossero soltanto dieci su mille, per me sarebbe una grande vittoria”.
NELLA FOTO QUI SOPRA: DANIELE VENTURA, UN CITTADINO PERSEGUITATO DALLA MAFIA
AL CENTRO: LA COPERTINA DEL VOLUME 'COSA NOSTRA NON E' COME MIA' (LA ZISA EDIZIONI)
IN APERTURA: IL GIOVANE PALERMITANO CON LA PRIMA COPIA DEL SUO LIBRO