Un ‘libro-riscatto’ scritto da un’autrice che, durante la propria infanzia, è riuscita a liberarsi dalla dislessìa
“Pensa a una cosa che gli hanno detto una volta a proposito dei cinesi, o forse dei giapponesi. Loro, quando un vaso si rompe, lo rimettono insieme saldando le crepe con l’oro, per esaltare le ferite. Pensa che Ada sarà questo per lui: l’oro con cui tenere insieme i pezzi. La saldatura adamantina di tutte le sue ferite. D’ora in avanti, lei sarà quel posto lontano dove nascondere i suoi desideri e tutte le sue paure”. Evita Greco, trentuno anni di Ancona, è laureata in Lettere e Filosofia e ha una bambina. Ha scoperto, da piccola, di essere dislessica e ci tiene a sottolineare che la dislessia non è una patologia, bensì “un pensiero creativo”. Esordisce con questo libro per la Rizzoli: ‘Il rumore delle cose che iniziano’. Un volume delicato e profondo, dove la protagonista assomiglia molto, interiormente, alla scrittrice. Un ‘libro-riscatto’ per quest’autrice, che aveva promesso a se stessa, quando durante l’infanzia le venne diagnosticata la dislessia, che avrebbe scritto centinaia di libri. Questo volume, uscito a fine marzo, ha già avuto riscontri e recensioni positive: “Quando qualcosa finisce e un’altra inizia”, spiega l’autrice, “bisogna stare attenti ai ‘rumori’, perché le cose che cominciano ne possiedono uno tutto loro”. È un libro semplice, in fondo, che ruota tutto intorno a un piccolo ‘mondo’ e a quattro personaggi. Scopriamolo insieme, dando la parola direttamente all’autrice.
Evita Greco, il suo libro viene segnalato come uno di quelli che leggeremo di più, nei prossimi mesi: di cosa tratta?
“È la storia di una bambina, Ada, cresciuta con la nonna. La bimba, come molti, teme di essere abbandonata. E la nonna cerca di insegnarle, meglio che può, a lasciare che le cose accadano senza farsi paralizzare dalla paura. Quando Ada diventa una giovane donna, la nonna si ammala. Nell’ospedale dove l’anziana è in cura, Ada conosce un uomo di cui si innamora. Fa anche amicizia con Giulia, un’infermiera che prende molto a cuore sia la nonna, sia la nipote. La storia gira tutta intorno a questo ‘piccolo mondo’. Più di tutto, però, parla dell’importanza di saper riconoscere la vera natura delle persone e prendersene cura”.
La protagonista è stata paragonata a una ‘Amélie’: si riconosce in questo ‘parallelismo’?
“In parte sì, in parte no: Ada è molto meno aggraziata di ‘Amélie’. E’ altrettanto sognatrice, ma anche molto più ‘maschiaccia’. E’ ‘impacciata’ come Vivien di ‘Pretty woman’, quando va a fare ‘shopping’ nelle ‘boutiques’ di Beverly Hills. Si sente sempre un pochino fuori posto, ma pronta a migliorare”.
Il suo libro sarà pubblicato anche in Germania, Francia, Portogallo e Brasile: che effetto fa essere letta in mezzo mondo?
“Faccio ancora molta fatica a crederci: mi rendo conto che ‘suona’ come un qualcosa di ‘sdolcinato’, ma mi sembra ancora un sogno”.
Abbiamo letto che, da bambina, le venne diagnosticata la dislessia: può raccontarci, sintenticamente, la sua vicenda?
“Facevo molta fatica a imparare a leggere e a scrivere, molto più di quanta ne facessero i miei compagni, ma all’epoca non potevo saperlo. Le maestre si sono accorte delle mie difficoltà: 20-25 anni fa, la dislessia non era così conosciuta. Inizialmente, pensarono che potessi essere sorda o qualcosa del genere. Come accade ad Ada, fui sottoposta a diverse visite dall’otorino. Poi, invece, venne fuori che il mio problema era un altro: la dislessia, appunto. Aver trovato un nome alle mie difficoltà, in un certo senso mi aiutò molto. Così come mi aiutarono i miei compagni di classe, non facendomi mai ‘pesare’ il mio modo strano di leggere, per esempio. E così tutta la mia famiglia. Nel corso degli anni, mi sono applicata su degli ‘esercizi’ e la situazione è migliorata. Ci tengo a sottolineare che la dislessia non è propriamente una malattia: è un modo diverso che il cervello ha di funzionare e si deve imparare a conviverci. Anche perché, per certi aspetti, è molto vantaggioso, alcuni dicono addirittura ‘creativo’…”.
Perché ha scelto questo titolo: ‘Il rumore delle cose che iniziano’?
“Perché è una mia ‘fissazione’, una specie di ‘talismano’. I protagonisti del libro – così come me - certe volte fanno fatica a capire a che punto sono nel loro percorso: spesso hanno la sensazione di essere fermi. Credo di conoscere abbastanza bene questa percezione. E allora, certe volte, accorgersi che qualcosa, invece, sta iniziando può essere ‘salvifico’, o quasi. Il ‘chiasso’ che fanno i bambini fuori dalle scuole, prima che le lezioni inizino, per esempio: quando sei giù di morale e ti sembra che niente vada da nessuna parte, ti fa bene sentire quel chiasso. Quello è il rumore delle cose che iniziano. Quando aspetti che qualcuno torni a casa è bello sentire le chiavi che aprono la porta: anche quello è il rumore delle cose che iniziano. Come dice nonna Teresa: “Bisogna fare caso ai rumori delle cose che iniziano”. Dovrebbero aiutarci a ricordare che siamo sicuramente sempre in viaggio verso qualcosa, mai Fermi. E ci conviene prestare attenzione a dove stiamo andando”.
Aspira al premio Strega?
“Per adesso aspiro a vedere il mio libro nelle librerie e, possibilmente, nelle mani di qualche lettore: mi piacerebbe che le persone si emozionassero, nel leggerlo. E che, una volta letta l’ultima pagina, si sentissero ‘cambiati’, anche di pochissimo: non potrebbe esserci premio migliore. Allo ‘Strega’ non ho mai osato pensare”.
Il manoscritto iniziale è stato conteso da case editrici importanti: cosa ha provato nel sentirsi intellettualmente ‘contesa’?
“Anche questo mi sembra ancora un sogno: la cosa bella, la cosa che vorrei che tutti gli aspiranti scrittori sapessero, è che le grandi casi editrici non sono queste ‘macchine da guerra’ abitate da persone irraggiungibili, severissime e cupe. Sono fatte da gente in cerca di belle storie e di bei libri, esattamente come noi. E leggono: leggono tutto quello che arriva. Ci vuole tempo, ma lo fanno…”.
Quali sono i suoi progetti futuri?
“Scrivere, scrivere, scrivere: non chiedo di meglio”.
Il rumore delle cose che iniziano
Evita Greco, Rizzoli (collana Scala italiani)
Pagg. 328
Prezzo di copertina: euro 18,00
Cosa faresti se la tua bambina avesse paura di andare a scuola? Cosa le diresti per convincerla a farsi coraggio? Per la sua nipotina Ada, Teresa inventa un gioco: ogni volta che una cosa bella sembra finire, bisogna aguzzare le orecchie e prestare attenzione ai rumori. Solo così si possono riconoscere quelli delle cose che iniziano. Alcuni sono semplici e hanno dentro una magia speciale: un'orchestra che accorda gli strumenti, il vento in primavera, il ‘tintinnìo’ delle tazze riempite di caffè... Ma nella vita non sempre sappiamo riconoscere le cose belle. Quando perdiamo fiducia in noi stessi, quando qualcuno ci tradisce, o ci dice addio, sembra che nulla possa davvero iniziare. Ada ci pensa spesso, ora che nonna Teresa è ammalata. Nei corridoi dell'ospedale, la paura di restare sola è così forte da toglierle il respiro, ma bastano due persone per ricordarle che si può ancora sorridere: Giulia, un'infermiera ‘tutta d'un pezzo’. E Matteo, che le regala margherite e la sorprende con una passione imprevista. Perché è proprio quando il mondo sembra voltarti le ‘spalle’, che devi ascoltarne i rumori e farti trovare pronta. Guardati intorno, allunga la strada, sbaglia a cuor leggero e ridi più spesso che puoi. Ogni volta che qualcosa finisce, da qualche parte ce n'è un'altra che inizia.