'Tutto andrà nel migliore dei modi', edito da Homo Scrivens, è l'ultimo romanzo della scrittrice napoletana: una saga ambientata tra Napoli, Barcellona e Anacapri che ricorda il miglior Gabriel García Márquez
Secondo Rosalia Catapano, autrice napoletana, nonché medico di laboratorio “Ogni romanzo è un viaggio per il lettore ma prima di tutto è un viaggio per chi lo scrive, una avventura interiore, affascinante e misteriosa”. E sfogliando il suo ultimo lavoro – 'Tutto andrà nel migliore dei modi', edito da Homo Scrivens – si capisce subito che non si tratta di un pour parler, perché i personaggi 'escono' dalle pagine con tutto il loro fascino. Una piccola schiera di protagonisti che, come ci confessa l'autrice, sono anche parti di lei, venute fuori dagli angoli della sua anima e della sua memoria.
Rosalia Catapano, come è nata la saga della famiglia Ortega?
“Il mio ultimo romanzo, ‘Tutto andrà nel migliore dei modi’ è il prequel di ‘Solo Nina’ (libro nel quale narravo, in alternanza, le vicende di Nina Dimare, una maestra d’asilo napoletana, e di Raùl Ortega, giovane promessa della moda catalana). È la sua famiglia quella che riprendo in questo nuovo romanzo. Raùl è il personaggio a cui sono più affezionata. La sua storia nel libro precedente è solo accennata. Adesso, invece, racconto dettagliatamente un anno della sua vita di giovane uomo, dodici mesi tra il 2009 e il 2010. Nel primo libro facevo scoprire qualcosa del suo passato attraverso numerosi flashback. Ora, invece, racconto la sua infanzia e, andando a ritroso, le circostanze in cui è nata la sua amatissima mamma. Tasselli di un mosaico che contribuiscono alla costruzione della sua personalità e del suo talento”.
In generale è difficile realizzare un prequel?
“Nel mio caso è stato quasi un passaggio obbligato. Per scrivere un romanzo devi avere una ‘idea forte’: trama, personaggi, luoghi che possano sostenere una narrazione lunga e articolata.
Uno degli errori degli scrittori non ancora esperti è quello di non capire il ‘taglio’che richiede la narrazione che hanno in mente. In altre parole, voler costruire un romanzo su un'idea che può essere sostenuta in un racconto. Oppure scrivere un racconto sovraffollato di personaggi e circostanze che meriterebbero una narrazione più lunga.Nel mio caso il romanzo è venuto fuori fluido. La cosa che devi tener presente a ogni pagina, quando scrivi un prequel, è la coerenza. Io ho scritto ‘Solo Nina’ senza mai pensare a un prequel, ma quello che ho messo in quelle pagine è diventato necessariamente l’ossatura della narrazione del libro successivo. Guai a creare incoerenze di tipo temporale, o relative ai luoghi o alla personalità dei personaggi. L’incoerenza narrativa è una cosa che detesto nella scrittura altrui, e odierei nella mia. Il lettore attento non perdona questi errori, perché se avverte l’incoerenza nella lettura si rompe la piccola, grande, meravigliosa magia che gli consente di perdersi nelle pagine e nelle parole e credere incondizionatamente a quello che gli viene narrato. Il segreto è indurlo a crederci talmente tanto da fargli sembrare che il racconto sia più vero della realtà quotidiana. Se questo viene a mancare, è come se le parole si cancellassero dalla pagina, non rimane nulla, se non qualche frase ben costruita (nel migliore dei casi)”.
Sei stata definita “manzoniana”, coltivi un senso di benevolenza verso i tuoi personaggi, ti ritrovi in questo giudizio?
“Devo dire che, contrariamente a molti giovani studenti di liceo, io ho sempre amato il ‘Manzoni’ de ‘I promessi sposi’. L’ho studiato molto bene, con una professoressa che ha saputo farmelo apprezzare, ma non ho mai pensato che la mia scrittura fosse influenzata da queste frequentazioni letterarie. Che io abbia benevolenza nei riguardi dei miei personaggi è vero, anzi riduttivo! Io i miei personaggi li amo! Tranne un paio che hanno fatto di tutto per farsi odiare, per il resto li amo tutti, in modi diversi: con benevolenza materna, ammirazione, preoccupazione o divertita simpatia. Ma quello che non ho di manzoniano è il giudizio morale. Mi hanno fatto notare questa cosa alcuni attenti lettori. Cosa è giusto e cosa sbagliato? Cosa è il bene e cosa è il male? Manzoni riteneva di saper dare delle risposte a queste domande, sorretto dalla fede. Io ho fede solo nelle grandi capacità di sopravvivere dell’essere umano e nella tensione di ognuno di noi verso una felicità, che è elemento intrinseco e fondante della nostra stessa sopravvivenza. Cibo, calore, salute e una sia pur vaga speranza di felicità: penso che la sopravvivenza sia legata a questo e che ognuno si muova in questa direzione, con le proprie capacità per alcuni straordinarie, per altri tragicamente limitate. Un romanzo come ‘Robinson Crusoe’, un film come ‘Castway’, con il loro estremizzare la condizione umana, mettono in luce l’essenza dei nostri bisogni e ci mostrano la realtà in modo limpido e netto. Le questioni morali, mi interessano poco, in verità. Le lascio agli uomini saggi, io in quanto cantastorie mi consento di farne a meno”.
Cosa c’è di autobiografico in 'Tutto andrà nel migliore dei modi'?
“Tanto e niente. C’è certamente il ricordo, il resoconto di un’epoca. Laura Acquaviva è nata nel 1955, come me. Un piccolo stratagemma per semplificarmi il lavoro di ricerca storica. Ha fatto la maturità quando l’ho fatta io, scelto lo stesso tema su Leopardi, sentito la stessa musica con la stessa adolescenziale emozione. Ma per altro, Laura Acquaviva non mi assomiglia. In qualche modo i miei personaggi maschili sono quelli in cui mi riconosco di più”.
Nel raccontare in modo avvincente questa saga familiare, ambientata tra Napoli, Barcellona e Anacapri, sei stata paragonata a Gabriel García Márquez. Sei d'accordo?
“Il paragone con Márquez mi lusinga molto. Ma mi ci ritrovo fino a un certo punto. I romanzi del grande scrittore colombiano sono attraversati da quella magia che ci affascina, ma che non appartiene alla mia scrittura concreta, ancorata a luoghi, a avvenimenti storici, a personaggi che agiscono nel mondo con delle modalità ‘europee’. Probabilmente quello che induce al paragone è il personaggio di Francesca Romana Lodovici, misteriosa e immutabile. Una donna silenziosa e bellissima, che vive una vita al di fuori del tempo, confinata in un ruolo che la protegge più di quanto la soffochi. Maga della cucina ma incapace di gestire la vita negli aspetti più banali. Sì, forse questo è il mio personaggio più sudamericano, così incomprensibile, che anche io non l’ho capito fino in fondo. Ecco forse questa è la grande lezione del maestro colombiano: consentirsi di parlare anche di personaggi di cui non si capisce quasi nulla. Se questo fosse vero allora sì, Márquez ha influenzato la mia scrittura!”
Il tuo è un romanzo che parla di una famiglia “stravagante”, nella quale ognuno contribuisce in qualche modo a renderla speciale. Francesca e Laura, madre e figlia, sono i due crateri opposti. Quanto c’è della tua origine partenopea nella storia?
“Credo poco. Sicuramente Napoli è raccontata e amata, ma Francesca è romana (di nome e di fatto) e Laura è nata ad Anacapri. È cresciuta in un piccolo mondo molto variegato, popolato da contadine anacapresi e dagli ospiti internazionali di Villa Floris, l’albergo rinato grazie al padre di Laura, Fernando. Laura impara l’inglese e il tedesco da due ospiti fisse di villa Floris, una inglese e una tedesca che si contendono la sua compagnia di bambina educata e socievole. Poi sposa un diplomatico spagnolo. La sua vocazione è quella di cittadina del mondo, anche se la sua vita di moglie e mamma sembra appagarla completamente, per lo meno fino a un certo punto …”
I tuoi personaggi sono ricchi di sfumature, e molto approfonditi psicologicamente. Scrivi di follia, rancore, tenerezza. Qual è il tuo prediletto?
“Il mio personaggio del cuore è Raùl. Talentuoso, ma insicuro. Elegante e raffinato ma profondamente semplice. Incapace di autodeterminarsi ma abilissimo nel perdersi in sogni romantici”.
Nel romanzo parli anche di moda attraverso la figura dello stilista Raùl. Hai rivelato di essere appassionata di cinema, quale altra forma artistica ti rappresenta oltre alla letteratura?
“La musica in primo luogo. Il mio ‘Solo Nina’ ha una vera e propria colonna sonora. Il romanzo è diviso in tre grandi sezioni. All’inizio di ogni sezione ho inserito il testo di una canzone. Sono tutte canzoni dei Queen, che sono intrinsecamente legate alla mia storia, anche se questo lo si capisce solo nelle ultime pagine. E Freddy Mercury entra nel romanzo come un vero e proprio personaggio. In una parte del racconto una pittrice e uno scultore, i migliori amici di Raùl, ragionano sul significato dell’arte e si interrogano sulle loro personali prospettive.
Un’altra forma di arte che mi appassiona è il teatro. E proprio per questo sono felice di poter annunciare che la riduzione teatrale di Tutto andrà nel migliore dei modi sarà sul palcoscenico del Teatro napoletano Il Primo alla fine di febbraio 2015. Tutto questo è stato possibile grazie all’impegno di Paquito Catanzaro che ha curato il testo teatrale e che sarà il regista dello spettacolo. La compagnia ‘Parole alate’ porterà in scena i miei personaggi. Inutile dire che questa cosa mi riempie di orgoglio e emozione e spero che chi legge vorrà essere con me a teatro”.
Il tuo prossimo progetto editoriale, invece, riguarda i racconti. Vuoi anticiparci qualcosa?
“Il racconto è stato il mio primo amore narrativo! Da ragazza ho letto tantissima fantascienza. Soprattutto mentre mi laureavo in medicina. Lo studio mi stancava e la fantascienza era una lettura rilassante e non troppo impegnativa. I grandi scrittori di fantascienza americani, Asimov, Bradbury, Brown sono in primo luogo grandi scrittori di racconti. Ecco, se dovessi pensare a chi ha influenzato la mia scrittura, individuerei proprio questa piccola schiera di autori americani che ha popolato il panorama della fantascienza nella parte centrale del Novecento. Oltre Gogol, il russo più geniale che io abbia mai letto. Ho pensato, per anni, che il racconto fosse il mio destino, la forma di narrazione che più mi si addicesse. Anche se l'intuizione, il lampo che ha dato il via alla scrittura di ‘Solo Nina’ mi ha aperto le porte alla scrittura di un romanzo, la mia passione per il racconto non si è mai esaurita. Nel racconto si ritrova una splendida libertà di espressione. Ci sono temi, giochi di stile, piccole follie narrative che non potrebbero mai e poi mai essere sostenute in un romanzo. Nel racconto ti puoi permettere questi piccoli lussi senza correre il rischio di annoiare il lettore o di infilarti in un vicolo cieco e questa possibilità mi attira tantissimo. Penso di raccogliere racconti scritti nel passato e quelli più recenti in una nuova raccolta. Anche quelli che riproporrò e che sono stati già pubblicati nella raccolta precedente, Direzioni immaginarie, saranno però rivisitati. Perché non c’è nulla che non possa essere messo in discussione e migliorato. E poi sono passati un po’ di anni e io spero di avere imparato tanto sulla scrittura in questo tempo. Ho ancora molto da imparare, comunque. In questo progetto sono sostenuta e incoraggiata dal mio editore Aldo Putignano scrittore e direttore della casa editrice Homo Scrivens nonché grande maestro di scrittura di tanti, come me, che hanno avuto la fortuna di conoscerlo e di partecipare ai suoi straordinari laboratori di scrittura. Aldo crede nel racconto come forma narrativa di serie A, e crede (bontà sua) anche in me e nelle mie capacità. Quindi la mia strada nella pubblicazione di una raccolta è tutta in discesa. Non è così ovvio. In Italia il racconto è stato sempre considerato una forma narrativa minore, una cenerentola senza grandi prospettive e un cattivo investimento per un editore. Anche se in Italia abbiamo esempi straordinari in questo campo. Pensiamo a Verga, e alle splendide ‘Novelle’ di Luigi Pirandello, una fonte inesauribile di insegnamenti stilistici. Ma ora che una grande scrittrice di racconti come Alice Monroe ha vinto il premio Nobel per la letteratura, speriamo che il racconto sia finalmente visto per quello che è: una straordinaria possibilità narrativa, perfetta, tra l’altro, per i ritmi frenetici della nostra vita quotidiana”.
Tutto andrà nel migliore dei modi
Rosalia Catapano, editore Homo Scrivens
pp.198, 15.00 euro
Roma 1954: Francesca Romana Lodovici, unica figlia dell’anziano conte Ascanio, è incinta di un musicista che parte per non tornare più. Per scongiurare l’inevitabile scandalo, il conte trova una soluzione: un cugino, infatti, Fernando Acquaviva, perso nell’alcol e nei debiti di gioco, gli sta chiedendo da tempo un aiuto economico per riscattare una sua proprietà, villa Floris, e farne un albergo. Ascanio decide di aiutarlo a patto che Fernando sposi la figlia che si rifiuta di abortire. Qualche mese dopo nasce Laura e la strana famiglia si trasferisce ad Anacapri, dove villa Floris diventa meta ambita di turisti. Francesca si occupa della cucina, Fernando dei suoi ospiti e di Laura, la bambina non sua che ama come una figlia.
Capri 1973: Laura incontra Gabrio Ortega, un giovane diplomatico catalano, oppresso dal peso di una famiglia ingombrante quanto prestigiosa, e inviato a Napoli per seguire l’emergenza colera. Da qui prende vita un’intensa saga familiare che racconta l’incontro e lo scontro di diverse generazioni di genitori e figli, addentrandosi negli angoli più profondi delle relazioni familiari.
Un viaggio emozionante nell’amore e nell’indifferenza, nella gelosia e nel rimpianto, che si perde nel rancore e si alimenta invece in un desiderio di tenerezza che trova solo fugacemente risposta. Dopo Solo Nina, ritornano la famiglia Ortega, la vulcanica Blanca e un giovanissimo, ma già talentuoso e sognatore Raùl.
ROSALIA CATAPANO è nata a Napoli, dove vive. La sua attività di narratrice ha inizio con la scrittura di racconti, pubblicati in antologie, riviste letterarie e quotidiani.
Della sua raccolta di racconti Direzioni immaginarie (Boopen Led 2011) è stato tratto uno spettacolo teatrale messo in scena dalla compagnia Imprenditori di sogni. Ha collaborato alla compilazione dell’Enciclopedia degli scrittori inesistenti 2.0 (Homo Scrivens 2012).
Tutto andrà nel migliore dei modi è il prequel ideale di Solo Nina, il suo primo romanzo, pubblicato per Homo Scrivens nel 2012, che ha ricevuto numerosi consensi da lettori e critici ed è stato più volte ristampato.
ROSALIA CATAPANO è nata a Napoli, dove vive. La sua attività di narratrice ha inizio con la scrittura di racconti, pubblicati in antologie, riviste letterarie e quotidiani.
Della sua raccolta di racconti Direzioni immaginarie (Boopen Led 2011) è stato tratto uno spettacolo teatrale messo in scena dalla compagnia Imprenditori di sogni. Ha collaborato alla compilazione dell’Enciclopedia degli scrittori inesistenti 2.0 (Homo Scrivens 2012).
Tutto andrà nel migliore dei modi è il prequel ideale di Solo Nina, il suo primo romanzo, pubblicato per Homo Scrivens nel 2012, che ha ricevuto numerosi consensi da lettori e critici ed è stato più volte ristampato.