Gli ultimi due taccuini del maestro del simbolismo, Paul Verlaine, rimasti inediti, finalmente anche in Italia grazie a un'operazione editoriale ben riuscita
Certi poeti del passato sono, ancora oggi, attualissimi. A riportarli in auge sono spesso alcune operazioni editoriali ben riuscite. Un esempio concreto è la pubblicazione nella collana ‘I grandi inediti’, per le Edizioni della Sera, di ‘Miseria nera’ di Paul Verlaine. Grazie alla traduzione di Michela Landi, il grande pubblico nazionale ora può leggere i lavori sconosciuti del poeta ‘maledetto’ nato a Metz. Per la prima volta, ‘Quinze jours en Hollande’ e ‘Mes hôpitaux’ sono infatti contenuti in un volume in italiano. Ne emerge un lavoro interessante, che unisce due forme di linguaggio: uno più colto, l’altro popolare. Verlaine racconta i ricoveri per malattia o miseria a partire dal suo ingresso, nel 1886, nell’ospedale Tenon, fino al periodo al Cochin e poi al Broussais, senza dimenticare il viaggio in Olanda. Da una prima analisi del ricovero, ci si trova in una zona che funge da riparo e riparazione, cioè in una sorta di purgatorio, o meglio ancora di limbo, per il corpo e per lo spirito, necessario per purificarsi dal male di esistere: “Preferisco alfine l’ospedale/Ché questo è il luogo mio fatale/E mia ragion d’essere sincera/E cagion della sola mia preghiera”. Il poeta lo definisce “luogo neutro”. E qui si aprono tutta una serie di riflessioni legate all’esistenza tormentata dell’autore, nato da una madre anziana, costretto a una costante lotta per la sopravvivenza nel secolo che lo vede protagonista, tra eccessi e scandali. C’è in Verlaine un’oscillazione tra il voler morire e la rinascita. Questo aspetto emerge nel linguaggio, dove coesiste una dualità simbolica delle immagini ricreate. In ospedale, Verlaine si disfa della propria identità e ne trae sollievo e beneficio, psichico e interiore. Alleggerito da tutte le tensioni della vita, tra quelle pareti è lontano e, in qualche modo, protetto dalle preoccupazioni del mondo: è l’ambiente ideale per scrivere. Non a caso compone versi a letto, delirando. Un soggiorno che lascia intuire le molteplici ombre degli anni più cupi, in una fusione particolare di ricordi. Tra giornate di pioggia interminabili, filtra dalle finestre qualche volta anche il sole. ‘Mes hôpitaux’ diventa una lucida cronaca di un uomo malato che si trova in una situazione forzata di ‘reclusione’, dove però ha la possibilità di lasciarsi andare al sogno e alla visione, completamente libero nella fantasia. Qualcuno lo accusò addirittura di aver abusato del ricovero ospedaliero, di averlo scambiato per un luogo di villeggiatura. Il viaggio è una ‘doppia dimensione’ del poeta: esiste il viaggio con la mente e quello concreto, fisico. Nei suoi diari, Verlaine si racconta come viaggiatore appassionato e sorpreso di quanto può esplorare e conoscere: dal Belgio all’Inghilterra, dalla Germania all’Olanda. E’ proprio attraversando il Belgio che ripercorre il periodo della prigionia a Mons, dove fu recluso per l’attentato contro Rimbaud. Sono gli amici intellettuali ad aiutarlo, nel momento più nero del suo percorso umano e professionale, organizzando per lui una serie di conferenze. Si ricongiunge, ancora una volta, la dimensione del ricovero al viaggio, pagine di autentica ‘miseria’, in cui non manca l’ironia, tra fughe e recuperi. Pagine che restituiscono alla poesia tradotta in italiano la musicalità che gli appartiene nella lingua originale. E che rendono la prosa moderna e piacevole nella sua poeticità. Poter consultare testi noti, per lo più, agli addetti ai lavori è sicuramente una preziosa opportunità, per conoscere meglio Verlaine e le sue opere.
Miseria nera
di Paul Verlaine
Edizioni della Sera
pagg. 203, 14 euro
L’autore
Paul Verlaine nacque a Metz, il 30 marzo 1844, da famiglia borghese. A Parigi conseguì il diploma liceale nel 1862. Trovò lavoro come impiegato municipale, ma disprezzava quello stile di vita: preferiva frequentare circoli letterari e caffè. Nel 1866 collaborò al ‘Parnaso contemporaneo’ e pubblicò i ‘Poemi saturnini’, in cui si avverte l’influenza di Baudelaire. Il secondo libro di versi, ‘Le feste galanti’ (1869), inaugurò la sua poetica musicale, insieme al tema del rimpianto per l’innocenza perduta. Nel 1870 si sposò con la diciassettenne Mathilde Mauté, da cui ebbe un figlio. Nel 1870 scoppiò la guerra franco-prussiana. Verlaine si arruolò nella Guardia nazionale e simpatizzò con la Comune. Quando il governo della sinistra parigina venne abbattuto, perse l’impiego. Nel 1871 accolse in casa sua Rimbaud, l’angelo nero: per lui lasciò la famiglia. I due vagabondarono in Inghilterra e in Belgio. Nel 1873, a Bruxelles, durante un litigio Verlaine sparò a Rimbaud, ferendolo leggermente. Arrestato, scontò in Belgio diciotto mesi di carcere. Qui apprese che la moglie aveva chiesto e ottenuto la separazione. La notizia lo sconvolse, suscitando in lui pentimento e un inizio di conversione religiosa. In carcere scrisse le ‘Romanze senza parole’ (pubblicate nel 1874). Scarcerato nel 1875, visse per qualche tempo come insegnante in Inghilterra. Poi si rituffò nella vita irregolare: si legò al giovane contadino Lucien Létinos, che adottò addirittura come figlio e si diede all'alcol e a comportamenti violenti. Continuò a scrivere e collaborò alle riviste d'avanguardia. Nel 1884 pubblicò un decisivo saggio critico sui poeti maledetti. Nel 1886 morì la madre. La sua fama di poeta cresceva, mentre la sua vita privata si degradava nei più squallidi ambienti del quartiere latino di Parigi. Si ammalò e venne ricoverato più volte in ospedale, devastato da cirrosi e diabete. Morì, infine, povero e solo, in una gelida mattina del gennaio 1896. Le sue esequie furono seguite da un'enorme folla di ammiratori.
NELLA FOTO: PAUL VERLAINE