È questa la tesi ipotizzata, nel suo libro-inchiesta, dal giornalista Luca Mariani, mettendo in evidenza come la maggior parte delle vittime stessero partecipando a un meeting laburista. Lo stragista Breivik è stato dichiarato sano di mente, ma quali furono i suoi contatti? Come si procurò armi ed esplosivo?
Di quel 22 luglio 2011 e della strage di Oslo rimangono i numerosi video diffusi in rete e l'eco raccapricciante delle richieste di aiuto di giovani terrorizzati, che cercavano di nascondersi dalla furia omicida di Anders Behring Breivik. Nei giorni successivi alla strage sono stati diffusi stralci del manifesto-testamento dell'omicida, diffuso su internet due ore prima della strage. Ma nel proclama che dovrebbe spiegare al mondo il suo gesto sembra esserci ben più del gesto di un folle. Anche perché, proprio secondo i giudici, Anders Behring Breivik è sano di mente. Ed è proprio rileggendo minuziosamente tutte le dichiarazioni e i fatti che Luca Mariani, giornalista parlamentare dell'Agi, delinea un'ipotesi diversa nel suo libro-inchiesta: 'Il silenzio sugli innocenti' edito da Ediesse. Perché l'isola di Utøya era da decenni sede di campeggi estivi dei socialisti di tutto il mondo. E in pochi hanno pronunciato le parole 'socialista' o 'laburista', né al dibattito alla Camera sulle stragi in Norvegia, né sulle prime pagine dei principali quotidiani italiani (eccetto 'Avvenire'). Eppure, nel suo Compendium, Breivik elenca i potenziali Partiti amici in Italia, tra cui An, Lega, Fn, Ms-Ft, La Destra. E cita in negativo gli europeisti/multiculturalisti, tra cui Napolitano, Amato, Frattini, Prodi, facendo un riferimento diretto a Roberto Fiore, leader di Forza Nuova (che, però, in un'intervista nega ogni rapporto). Un'azione studiata per anni, nei minimi dettagli. L'obiettivo? Distruggere il Partito laburista alla radice. Le motivazioni? L'odio contro gli immigrati e contro la politica multiculturalista. Gli effetti? Nei media prima si avvalora a gran voce la pista islamica. Poi, quando emergono i fatti, gradualmente cala il silenzio sui giovani laburisti giustiziati per le loro idee. Tante sono le domande che, a oggi, non hanno trovato risposta: c'è in Europa una rete di estrema destra nazionalista, violenta e xenofoba? Come agisce? Chi la sostiene? Chi la finanzia? E gli uomini arrestati in Polonia e in Gran Bretagna ebbero contatti con il killer? E ancora: Breivik con chi era in contatto? Come si procurò armi ed esplosivo? Il libro sulle stragi di Oslo e Utøya vuole essere un piccolo contributo alla verità, in contrasto con il modo superficiale e lacunoso con cui i media hanno affrontato il tema.
Il silenzio sugli innocenti
Ediesse, pag. 208, Euro 13,00
L'autore
Luca Mariani
Giornalista parlamentare, comincia il suo cammino professionale con una piccola radio privata genovese. Si occupa, in seguito, come corrispondente da Roma de Il Secolo XIX, delle vicende del porto di Genova e dei 'camalli'. Dal 1989 lavora per l'AGI, una delle principali agenzie di stampa italiane. Segue l’attività nazionale e internazionale del Governo e i lavori del Copasir. Il 27 luglio 1993, nella notte delle bombe, è il primo ad arrivare a Palazzo Chigi, accorgendosi che i telefoni della presidenza sono saltati. Ciampi è ancora a Santa Severa. Nel 1998 è al Consiglio europeo che diede il via libera all'ingresso dell'Italia nell'Euro. Prima della nomina di Mario Draghi a Governatore della Banca d'Italia, nel dicembre 2005 pubblica in esclusiva la notizia dell'incontro riservato tra questi e Gianni Letta.
IL FATTO
Gli attentati del 2011 in Norvegia sono stati due attacchi terroristici coordinati, attuati contro il Governo, contro un campo politico estivo e contro la popolazione civile della Norvegia il 22 luglio 2011. Il primo attacco è stato realizzato con l'esplosione di una bomba al Regjeringskvartalet, il quartier generale dell'esecutivo a Oslo, alle 15.26, al di fuori dell'ufficio del primo ministro, Jens Stoltenberg e di altri edifici governativi. L'esplosione ha ucciso otto persone e ne ha ferite molte altre. Il secondo attentato, il più grave, si è svolto circa due ore più tardi presso un campo di giovani organizzato dalla Lega dei Giovani Lavoratori (Arbeidernes Ungdomsfylking, AUF), organizzazione giovanile del Partito laburista norvegese sull'isola di Utøya, a Tyrifjorden, Buskerud. Dopo aver fatto esplodere l'autobomba nei pressi degli uffici governativi, il killer Anders Breivik si è avviato verso Utøya, vestito da agente della polizia norvegese fingendo di cercare bombe. Arrivato sull'isola con un traghetto, Breivik ha prima ucciso con una Block (pistola) i direttori del campo, che sospettosi dalle armi avevano iniziato a fargli domande, quindi si è diretto verso i giovani raccolti in un punto di ristoro, ha estratto il fucile automatico e ha incominciato a sparare sulla folla, arrivando a uccidere 69 giovani tra i 14 e i 20 anni. Dopo un'ora e mezza, la Delta (Unità norvegese antiterrorismo), un'èlite della polizia, ha fatto irruzione sull'isola e l'attentatore si è consegnato senza opporre resistenza. Breivik, secondo alcune prime testimonianze in stato di shock, non avrebbe agito da solo, ma le ricerche e le indagini della polizia norvegese su possibili complici non hanno individuato altre persone. Infatti, le testimonianze più attendibili e "a mente fredda" dei sopravvissuti della strage di Utøya hanno descritto il solo Breivik che sparava con freddezza, senza correre e senza urlare (versione dei sopravvissuti tratta dal documentario: 'Massacro in Norvegia, io c'ero'). Christian Hatlo, responsabile delle indagini, ha infine stabilito che Breivik ha agito da solo. Anders Breivik ha confessato dopo l'arresto di essere il responsabile degli attentati. Anders Breivik è un anti-multiculturalista, anti-marxista, anti-islamico e fondamentalista cristiano, con ideologie di estrema destra, come da lui stesso affermato nel suo memoriale '2083', una dichiarazione europea d'indipendenza divulgato su internet (indirizzato a tutti gli estremisti di destra in tutto il mondo) un'ora e mezza prima dell'esplosione a Oslo. Breivik è stato condannato a 21 anni di carcere (la condanna massima in Norvegia) ed è stato dichiarato dai giudici sano di mente.