Da 17 anni nel primo fine settimana di agosto sull’altopiano di Colfiorito sorge e tramonta un accampamento di oltre 20 mila tende, dove si radunano gli amanti della cultura e della musica celtica
Il festival celtico di Montelago (Mc) è quasi giunto alla maggiore età. Nello scorso fine settimana, dal 1° al 3 agosto, si è infatti consumata la meravigliosa 17esima edizione. La landa desolata di Colfiorito, al confine tra Umbria e Marche, si trasforma in una vera e propria città pronta a sparire per non lasciare traccia fino ad agosto dell’anno successivo. Un festival a impatto zero, dal punto di vista ambientale, che non lascia ferite nella dolce natura che lo ospita. Ma delle cicatrici le lascia: nei cuori dei campeggianti, in fibrillante attesa di poter tornare a essere cittadini dello stesso paese. È un villaggio in cui a uno stile di vita decisamente frugale, ispirato a culture totalmente altre, vengono integrati i comfort della modernità. Al di là di ogni tentativo di rievocazione tribale, ciò che stupisce è la dimensione di comunità che Montelago riesce a instillare nei suoi abitanti. Il rapporto col vicino di tenda non è mediato da un amministratore condominiale, bensì è diretto. Le piazzole sono liberamente organizzate dai campeggianti, per cui se qualcuno necessitasse di più spazio, sarebbe costretto a contrattarlo. Sembra resuscitare, insieme al rispetto per l’ambiente, quello per l’Altro. È come se dal Dna dell’Uomo emergesse un carattere recessivo: quello della dimensione comunitaria, che il post-moderno sembrava aver immunizzato e represso del tutto. Tra le tecnologiche tende ‘Quechua’ si riscoprono forme economiche antiche, come il baratto: un po’ di sale per due arrosticini; un telo d’ombra per un po’ di carbonella. Cercando bene tra le viuzze di Montelago è possibile rintracciare accampamenti storici. Sono realtà brulicanti di accoglienza, animate da un’atmosfera quasi surreale. Il collante può essere la musica, l’alcool, i giochi o tutte e tre le attività accuratamente mescolate.
Tutti sono i benvenuti in queste zone franche: l’importante è cacciare via ogni timidezza. A scandire il tempo di Montelago, una programmazione che soddisfa ogni tipo di interesse. Gli unici a rimanere insoddisfatti sono i più curiosi, che invocano l’ubiquità e una giornata di 48 ore per presenziare a ogni laboratorio. Conferenze letterarie sulla mitologia nordica e il genere ‘fantasy’; il laboratorio di scrittura creativa, organizzato direttamente dalla scuola Holden; corsi di primo approccio a strumenti musicali come il banjo, la chitarra, l’organetto, l’arpa celtica e il flauto; la scherma vichinga e il tiro con l’arco per gli amanti delle armi bianche; falegnameria, tornio, nodi, incenso e ceramica per gli appassionati di artigianato; e poi ancora, falconeria e danze irlandesi; celebrazioni di matrimoni col rito celtico per coronare l’amore sotto la benedizione di dei pagani. La musica è il cuore pulsante di Montelago, accompagnando i campeggianti dal primo pomeriggio fino a tarda notte. Il primo giorno, alcune ‘band’ emergenti si sono sfidate fino all’ultima nota, al riparo dell’umidità sotto il tendone del Mortimer Pub. Nelle serate di venerdì e sabato, le tende di Montelago hanno vibrato con il celtic punk dei Lennon Kelly, con le ballate metal dei Mago de Oz; per finire con le eccellenze del folk nostrano e internazionale come Hevia, i polacchi Beltaine e i Folkstone, passando attraverso l’house ballabile a ritmo di cornamusa dei The Sidh. L’accampamento di Colfiorito non prevede limiti d’ingresso. Quindi, come ogni città cresciuta troppo in fretta, le strutture vanno in sofferenza e alcune atmosfere si guastano, soprattutto in momenti delicati come il concerto. Nessuno contesterebbe la nobile pratica del ‘pogo’, quasi doverosa quando il folk si intreccia col metal o con il punk, come nel caso dei Folkstone e dei Lennon Kelly. Ciò che si recrimina al popolo di Montelago è l’ostinazione nel ricercare quello spazio di espressione nella totale assenza di condizioni per attuarlo. Ciò perché la comunità è stata inevitabilmente inquinata dalla presenza di individui totalmente estranei al contesto. Si comprende l’esigenza da parte dell’organizzazione di ottenere maggior profitto, ma d’altro canto sono sfumature che scoraggiano chi vuole vivere in serenità l’emozione di un live, anche correlata di un ‘pogo fraterno’. Le forze dell’ordine sono riuscite a bandire il vetro, la buona dose d’inciviltà del pubblico ebbro ha ripiegato sulla plastica, sulla latta e, addirittura, qualche bengala. Al di là della maleducazione e della scelleratezza dilagante, il palco risultava decisamente troppo piccolo e basso rispetto al numero di persone che quest’anno si sono radunate per il Mcf. Dipanata quest’ombra, il festival di Colfiorito rimane un’esperienza e un momento di condivisione che rilascia emozioni inenarrabili.
NELLA FOTO QUI SOPRA: IL POPOLO DI MONTELAGO (CREDITS BY GIANLUCA GRANDINETTI)
AL CENTRO: LA CELEBRAZIONE DI UN MATRIMONIO CELTICO (CREDITS BY MASSIMO ZANCONI)
IN ALTO A DESTRA: VEDUTA DALL'ALTO DELL'ACCAMPAMENTO (CREDITS BY MASSIMO ZANCONI)
Salva