A Venezia, il Forum sulla sostenibilità dell’industria della moda ha condotto molte grandi aziende del settore a riflettere sui futuri percorsi che trasformeranno la ‘fashion industry’ in un pilastro dell’economia circolare
Venezia ‘città sull’acqua’, che rapisce con la sua secolare architettura e le immortali opere d’arte, per due giorni si è ‘vestita’ di tutto punto e ha ospitato il primo summit dedicato alla transizione sostenibile nel settore della moda. Il 27 e 28 ottobre scorsi, presso la Fondazione ‘Giorgio Cini’ dell’Isola di San Giorgio Maggiore, si è tenuto infatti il ‘Venice Sustainable Fashion Forum’, che ambisce a diventare l’evento annuale di riferimento, a livello internazionale, per identificare una strategia condivisa di trasformazione di un settore chiave per la transizione sostenibile, rimettendo l’Italia al centro dell’intero sistema moda. Il Forum si è suddiviso in due giornate tematiche: nella prima giornata ha avuto luogo l’evento ‘Just Fashion Transition’, realizzato da Confindustria Venezia, Area Metropolitana di Venezia e Rovigo e The European House – Ambrosetti, mentre nella seconda, la Camera nazionale della Moda italiana e Sistema Moda Italia hanno realizzato l’incontro ‘The values of fashion’. Una due giorni straordinaria, come ha ribadito in apertura dei lavori l’Assessore alla Coesione Sociale, al Turismo, allo Sviluppo economico, al Lavoro e alla Residenza presso il Comune di Venezia, Simone Venturini, che ha sottolineato come la città dei dogi abbia imparato a declinare il concetto di sostenibilità candidandosi a esserne la capitale mondiale. “La sostenibilità”, ha commentato Simone Venturini, “non riguarda solo l’ambiente, ma anche i processi produttivi: sostenibilità è trovare il modo di recuperare le produzioni industriali strategiche sul piano internazionale e reinventarne di nuove; è reimportare le filiere produttive che negli anni abbiamo dimenticato; è provare ad accorciare le catene di rifornimento e di produzione. La moda in Italia”, ha aggiunto l’assessore veneziano, “non rappresenta solo un aspetto comunicativo, come spesso siamo portati a pensare, ma una grandissima industria in cui siamo eccellenza nel mondo. E Venezia”, ha concluso, “si candida a diventare la piattaforma di confronto, di dialogo, di applicazione pratica di idee e di soluzioni”. L’industria italiana della moda, che a fine 2022 toccherà, secondo le stime della Camera nazionale della Moda italiana, i 92 miliardi di euro di ricavi, è già in prima linea nel processo di transizione verso un’economia circolare basata sul riciclo e il recupero degli scarti di produzione: da un lato, avendo anticipato al 1° gennaio 2022 la ‘raccolta differenziata’ dei rifiuti tessili (come previsto dal decreto legislativo n. 116/2020, ndr) rispetto alla dead-line fissata dalla normativa europea, che imporrà nei prossimi anni alle imprese del comparto di pubblicare annualmente le loro performance di sostenibilità secondo gli standard introdotti dalle direttive comunitarie; dall’altro, con la creazione di percorsi di certificazione (come per esempio il marchio Vcs - Verified & Certified Steps, primo marchio registrato di certificazione della sostenibilità delle calzature creato da Assocalzaturifici) e di tracciatura dei prodotti, che consentiranno ai consumatori di conoscere i processi industriali e la qualità dei materiali utilizzati, senza trascurare le condizioni di lavoro. La produzione sostenibile, infatti, non si esaurisce nella riduzione dell’impatto ambientale di un processo manifatturiero, ma comprende, come suo presupposto, anche il tema della longevità di un prodotto, della sua riutilizzabilità e dell’impatto sociale, correlato al suo ciclo di vita. Dal mondo del tessile e dell’abbigliamento al calzaturiero, ma anche alla 'pelletteria' - che reinterpreta in chiave stilistica sottoprodotti dell’industria alimentare - al settore orafo e ottico, il Forum ha puntato a riunire le filiere produttive del comparto moda insieme ai ‘fashion brand’, per dialogare sul percorso verso la sostenibilità e la responsabilità sociale: dimensioni capaci di trasformare il ‘Made in Italy’ da semplice espressione estetica a pilastro di un’economia circolare. Su questo fronte, nel corso del Forum è stato presentato il Consorzio Re.Crea, fondato lo scorso agosto da sei aziende di primo livello (Dolce&Gabbana, MaxMara Fashion Group, Gruppo Moncler, Gruppo Otb, Gruppo Prada, Ermenegildo Zegna Group) il quale, con il coordinamento della Camena nazionale della moda italiana si pone l’obiettivo di promuovere azioni di ricerca e sviluppo nel campo delle soluzioni di riciclo dei prodotti del tessile e della moda in generale. Brand di eccellenza hanno perciò deciso di lanciare una sfida importante per il futuro della ‘fashion industry’, destinata a cambiare la ‘pelle’ dei nostri capi preferiti. Tittavia, il fronte dell’economia circolare è ancora in ritardo se, come ha evidenziato il presidente di Sistema Moda Italia, Sergio Tamborini, “su 150/180 miliardi di capi di abbigliamento prodotti l’anno, solo l’1% viene riciclato”. Complessivamente, nel 2021 sono stati prodotti 480 mila tonnellate di rifiuti tessili smaltiti, secondo quanto risulta dal Rapporto ‘L’Italia del riciclo 2021’, di cui 284 mila tonnellate sono scarti industriali della filiera tessile, mentre 146 mila tonnellate sono rifiuti post-consumo. In ogni caso, la strada è tracciata. E il nostro Paese spinge per tornare a essere protagonista di un comparto dove la qualità ha sempre contraddistinto i manufatti dei nostri produttori, che ora rilanciano ‘l’etichetta’ con un occhio alla sostenibilità, in un settore strategico che conta oltre 500 mila addetti e più di 60 mila aziende. Anche questo è ‘Made in Italy’.