Il mensile di informazione e approfondimento che
intende riunire culturalmente il nostro Paese nel pieno rispetto di tutte le sue tradizioni, vocazioni e ispirazioni ideologiche e politiche.
diretto da Vittorio Lussana
Area Riservata
20 Aprile 2024

Burlesque: solo musica reale

di Clelia Moscariello
Condividi
Burlesque: solo musica reale

Una band partenopea formata da tre giovani che non amano essere etichettati. La loro musica non può che convincere: eleganti e frizzanti al tempo stesso, ‘urlano’ i loro testi in inglese’ perché vogliono essere universali

‘The Burlesque’ è una band composta da Fabio Atteo (voce e chitarra), Dario Menna (basso e ai cori) ex membro dei ‘La Strada’ e Peppe Casciano  (natteria, cori e synth). Sono tre giovani partenopei provenienti da Portici. Cantano un genere che si colloca tra l’indie-rock italiano e l’A-punk, ma contemplano anche il pop e l’elettronica. La loro ambizione? Quella di creare un genere “in etichettabile”, così come loro stessi rifiutano qualsiasi tipo di schematizzazione. Lo dimostrano anche con un’idea originale: quella di creare tre montaggi che inquadrano tre aspetti diversi della stessa ripresa, incrociando in tal modo alcuni loro video. Così hanno creato i videoclip di ‘Young love’, ‘Thinkabout’ e ‘About an H’. Il 27 febbraio scorso, dopo tre anni di live, è uscito il  loro album, ‘Cheap and Kool’, registrato e mixato da Ercole Longobardi (‘NoBraiNo’, ‘24 Grana’) e Peppe De Angelis (Cesare Basile, ‘Afterhours’, ‘Linea77’) al Monopattino Studio di Sorrento. ‘Cheap and Kool’ è stato prodotto per la ‘Label FreakHouse records’ e presentato al ‘Disco Days’, nonché alla Fiera del Disco e della Musica di Napoli, che si trova alla ‘Casa Della Musica/Palapartenope’. La raccolta è  disponibile in tutti gli ‘store’ digitali, distribuito da ‘The Orchard/Audioglobe’. 
Nel corso di questo mese di maggio, i Burlesque suoneranno al ‘George Best’ e poi alla discoteca ‘Invidia’ di Pompei. ‘Cheap and Kool’ contiene dieci brani stracolmi di energia e orecchiabili, riconoscibili già dal primo ascolto, più una bonus track, ‘About an H. 8BIT’, brano strumentale. I ‘Burlesque’ sono leggeri, freschi, attuali, ironici, ma al tempo stesso raffinati. La loro musica dimostra una tecnica ineccepibile, amano la musica inglese di fine anni ottanta e alcuni gruppi degli anni ’90. I loro riferimenti? Senza dubbio i ‘Vampire Weekend’ e Franz Ferdinand. Abbiamo dunque incontrato Fabio Atteo, chitarrista e voce di questa band proveniente dall’underground napoletano, che già coltiva tanti progetti. Dal nostro punto di vista, i presupposti ci sono tutti perché il loro sogno di oltrepassare i confini si realizzi veramente.

Fabio Atteo, come sono nati i ‘Burlesque’?
“The ‘Burlesque’ sono nati come ogni band del mondo intero: tre ragazzi, un box, tanta voglia di suonare e tanta fame di ‘orecchie’…”

Ci racconti il vostro percorso?
“Io ho sempre voluto scrivere canzoni. Sin da quando imparavo a suonare la chitarra ho sempre voluto cantarci sopra un testo, anche se era difficile fare le due cose insieme. Ma a un certo punto ho deciso: o tutte e due le cose o niente. Poi, ho iniziato a scrivere un po' di canzoni e pensai subito a una band, ‘The Burlesque’: quello era il nome su cui puntavo. Un po’ di tempo dopo, fortunatamente, ho trovato sulla mia strada Dario (basso) e Peppe (batteria e synth) ed è nata una ‘famiglia’. Questa famiglia ha tanto voluto sfornare canzoni con nuove idee e un nuovo mood. Da lì è nato ‘Cheap And Kool’, che ha trovato un valido sostenitore in ‘Freakhouse Records’, la nostra etichetta”.

Dal nome dell’album a quello della vostra band si può percepire che non amate prendervi sul serio: questo è il segreto per trasformare una passione nel proprio lavoro?
“Prendersi sul serio è forse la cosa più inutile e, allo stesso momento, triste del mondo, a mio parere. Noi con la musica ci giochiamo e ci divertiamo: le cose tristi e inutili come prendersi sul serio non hanno mai portato a nulla di buono, in musica e non”.

Vi collocano musicalmente tra l’A-punk e l’indie rock, ma voi ambite a essere una band “inetichettabile”: una ribellione ai generi, alle definizioni e agli schemi?
“Ci piace giocare con i paradossi in realtà. L'occhio umano appena vede qualsiasi cosa la ‘etichetta’: figuriamoci le ‘orecchie’. Non c'è ribellione ai generi e alle definizioni, tantomeno agli schemi: c'è ribellione verso chi ascolta in maniera distratta e fugace e, in un battibaleno, affibbia generi, definizioni, schemi appunto”.

I videoclip di ‘Young love’, ‘Thinkabout’ e ‘About an H’ sono la stessa scena vista da prospettive diverse: come vi è venuta questa idea?
L'idea è nata con l'intento di dare importanza ad alcune parti del corpo che, a volte, vengono sottovalutate. Se ci si ferma un attimo a pensare, anche nel momento più importante della tua vita intera i piedi esistevano (anche se non sei un calciatore…). Abbiamo insomma cercato di dare indipendenza a ciò che, troppo spesso, viene messo in secondo piano. ‘Young love’ è un ‘tripudio di piedi’, ‘Thinkabout’ prende di mira la parte del busto, per poi arrivare a una soluzione, in ‘About an H’, in cui  finalmente gli occhi possono vedere tutto ciò che vogliono, ma solo dopo un'attenzione data a piedi e busto”.

Ho letto che tra i vostri riferimenti ci sono i ‘Vampire Weekend’,  Franz Ferdinand, ‘The Smith’, i ‘Blur’: cosa pensate del fatto che sempre più band italiane cantano in lingua inglese? 
“Crediamo sia una svolta significativa: il mondo ormai parla inglese, perché non dovrebbero farlo anche quelle band che, di nascita, non sono ‘anglofone’? Sempre e solo se lo sanno fare bene, s’intende. Sta di fatto che non rifiutiamo assolutamente la storia artistica italiana. Tuttavia, abbiamo preferito ‘urlare’ i nostri testi nella maniera più universale possibile, sperando che anche tanti italiani comprendano questo nostro desiderio”.

Il vostro sound è britannico, ma ricorda anche alcuni gruppi oltre confine, dunque il vostro sogno è di oltrepassare i confini nazionali: quale è, per voi, il luogo ideale per vivere di musica?
“Un luogo ideale forse non esiste: non c'è nulla che sia ideale, proprio perché una cosa ideale non è fatta di realtà. Quindi, il posto ideale dove poter vivere di musica è ogni singolo posto - club, teatro o strada - dove la musica sia reale, ‘nuda’ o, magari, che si spoglia pian piano, proprio come una ballerina del burlesque”.

Cosa amate musicalmente degli anni ’80 e ’90?
“Degli anni '80 e '90 c'e' tanto da prendere e tanto da mettere da parte. Io, sicuramente, adoro ‘The Smiths’, ‘Joy Division’, ‘The Cure’, i ‘Depeche Mode’, il David Bowie degli anni '80, mentre degli anni ‘90 credo che i ‘Blur’, ‘Beck’ e i ‘Radiohead’ abbiano fatto la storia”.

Date una definizione del vostro primo album: ‘Cheap and Kool’…
“A costo di sembrare autoreferenziali, quindi stupidi, vi diciamo solo che il nostro album è ‘cheap’, ma anche ‘cool’…”.

The Burlesque - Young Love


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
Registrata presso il Registro Stampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010.
EDITORE: Compact edizioni divisione di Phoenix associazione culturale