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Scoperto da Zucchero, il cantautore toscano è uscito con il nuovo album e si posiziona tra i primi dieci artisti emergenti più trasmessi in radio, raccontando le problematiche di una generazione di mezzo di cui lui stesso è protagonista: “Noi ... figli del XXI secolo nati fuori pericolo e persi dietro l’angolo: gli ultimi a nascere e i primi a correre” .
Classe 1981, Gabriele Cancogni, in arte Gheri, è un cantautore italiano vicino musicalmente allo stile di Luciano Ligabue e alla forza vocale di Enrico Ruggeri. Lucca è la sua città natale e la chitarra è la sua compagna di viaggio, che fin dall'età adolescenziale lo ha condotto ad esplorare nuovi universi musicali. Da Dublino fino alla Grande Mela, la sua musica e il suo nome cominciano a circolare senza la necessità di calcare i numerosi palchi televisivi, utilizzati oggi come vetrine dai tanti artisti emergenti. Il suo palcoscenico e il suo pubblico si trovano per le strade e in particolare quelle della capitale irlandese, dove Gheri ha la possibilità di esprimersi proponendo anche un repertorio di pezzi scritti da lui e di conoscere tanti altri musicisti, quali Paul Mooran, avvicinandosi al genere folk. L'approdo in Colorado lo aiuta a perfezionare ancor di più la tecnica e a creare un rapporto diretto con il pubblico, doti che non passano inosservato alle orecchie esperte di Zucchero, con il quale inizia una collaborazione nella stesura dei testi per l'album 'Fly'. La collaborazione con Fornaciari è un'esperienza cruciale nella vita di Gheri: la possibilità di comporre brani e suonare spalla a spalla con il grande 'bluesman' arricchiscono la sua formazione di uomo e di musicista. “Quando un brano suona bene ed emoziona chitarra e voce e basta, allora vale la pena...”, gli raccomanda l'artista emiliano. Distribuito da Believe Digital, l’album è prodotto da Luciano Luisi, con il quale va avanti una collaborazione ormai da tempo ed è il produttore di Luciano Ligabue dall'album 'Mondovisione'. Il risultato di tale lavoro è uno spaccato della gioventù attuale che deve fare i conti con le poche 'briciole' lasciate dalla generazione precedente e da una politica che non perde occasione per ribadire la mancanza di speranze e di opportunità concrete. Gheri non ci sta alla demolizione dei sogni e la sua rabbia esplode brano dopo brano, tra sonorità rock, folk e alcune note pop. Dalla scuola del cantautorato italiano, Fabrizio de André tra tutti, agli arrangiamenti ricchi di contaminazioni, passione e carica del tutto personali, l'album 'Generazione O' è il frutto di una lunga gavetta e di una costante ricerca che affonda le radici nell'approccio 'espressivo' di grandi icone della musica rock e folk statunitense, quali Bruce Springsteen e Bob Dylan.
Gheri, chi sono i protagonisti della Generazione 0? "Siamo noi, la mia generazione e quelle vicine con ragazzi e ragazze che sono 'nati fuori pericoli', come dico in un brano dell'album , ovvero con certe garanzie e sicurezze. Il sogno all'orizzonte si è spento perché la storia che ci ha girato le spalle, la forte crisi economica la percepisco direttamente e molti miei amici sono dovuti partire per la Svizzera come si faceva tanti anni fa. Siamo i figli di mezzo della storia e possiamo riprenderci la storia e riscriverla".
Il tuo album è un ritratto di una gioventù che sembra non svegliarsi e non reagire ad una società sempre più in crisi, forse si fa così fatica per la mancanza di figure di riferimento, ormai difficilmente individuabili nel panorama politico? "Non a livello politico, siamo troppo arresi dobbiamo avere più fiducia in noi. Io vedo tanti laureati che lavorano nei call center e non è una questione di mancanza di un referente politico ma di rimetterci in gioco anche se ci hanno detto che i giochi sono finiti. Il fallimento più grosso è che ci hanno tolto anche la speranza. Non ho la presunzione di individuare chi possa risolvere il problema o chi abbia la responsabilità politica, io voglio solo fotografare una situazione reale e invito ad andare avanti con fiducia".
Cuori randagi è il singolo che anticipa l'album è una ballata d'amore, il coraggio di amarsi in un nostalgico primo amore e la semplicità di perdersi nei sentimenti. "L'album non è un “concept album”, ogni brano esprime una diversità di temi che vanno dai sogni alla libertà e all'amore. Tutte tematiche diverse legate insieme da un unico filo conduttore che nel caso di Cuori randagi è la ricerca del coraggio di vivere e della voglia di amare, troppo spesso dimenticato. Nel disastro sociale che stiamo vivendo è normale venire spinti dentro, ma non bisogna perdere le speranze di tornare ad amare con coraggio. In un altro brano dico “gli ultimi a nascere e i primi a correre” e si fa riferimento all'aspetto demografico, la gente non fa più figli perché piena di preoccupazioni. Racconto di immagini che vivo sulla mia pelle, ho amici che non vogliono far figli perché non possono affrontare un mutuo e questo ti porta anche a non trovare la convinzione di vivere le relazioni. L'aspetto economico condiziona quello umano, invece con la canzone io vado alla riscoperta della forza del primo amore ed è anche chiaro che andando avanti con gli anni si mettono dei filtri, quindi magari dopo amori precedenti hai paura di riviverne uno in un modo condizionato. Il mio invito è di viverlo con quello stato d'animo della prima esperienza amorosa, ovvero spregiudicato, incosciente e libero come “randagi nella pioggia”.
In altre tue interviste hai definito il tuo disco un “album cinematografico”, spiegaci meglio. "Oltre ad essere un grande appassionato di cinema, amo anche la letteratura dei modernisti e degli immaginisti, dalla letteratura dei primi del Novecento in poi ci sono tantissimi esponenti. A me piace il linguaggio visivo, credo nella potenza dell'immagine e attraverso quest'ultima voglio raccontare la vita. In quest'ottica l'album si compone di molte carrellate di piani sequenza per raggiungere l'obiettivo di un album cinematografico. Spero di esserci riuscito, il pubblico dovrà giudicare".
La collaborazione con Zucchero per la realizzazione dell'album 'Fly' come co-autore del brano 'Quanti anni ho' e per l'album 'Chocabeck', co-autore del brano 'Oltre le rive', cosa ha rappresentato per te questo progetto nel tuo percorso di crescita da cantautore? "Mi ha forgiato molto, perché collaborando con Zucchero sono maturato molto e mi ha cresciuto tanto indirettamente e mi hanno aiutato nella produzione, come concepire un brano e lui mi ha sempre detto: “Gheri quando un brano suona bene ed emoziona chitarra e voce e basta, allora vale la pena continuarci a lavorare altrimenti chiudilo in un cassetto”.
Quanto è stato importante per il tuo percorso conoscere anche Don Was, il produttore di Bob Dylan? "Con lui ho capito quanto sia più importante comunicare con la musica che crearne una bella ma fine a se stessa. Mi ricordo che solitamente lasciava alcune tracce “sporche” che oggettivamente potevano essere suonate meglio, ma lui le voleva così perché sosteneva che ci fosse la verità, l'emozione".
Durante i tuoi viaggi ti sei avvicinato al folk irlandese e al southern rock in Colorado, tutto questo come si coniuga con il mondo cantautorale italiano? "Nelle sonorità, negli arrangiamenti e nella scrittura cinematografica o cinematica, gli americani ne sono i padrini. I brani di Springsteen o di Dylan, hanno questa retorica da sempre quindi il mio tentativo è di utilizzare la lingua italiana con il loro approccio espressivo, sia in termini musicali e sia dal punto di vista dei testi".
Il produttore del tuo album è Luciano Lusi, lo stesso di Luciano Ligabue perché non pensare ad una collaborazione? "No, non è mai successo anche se per me sarebbe un onore. L'incontro con Luciano Lusi è avvenuto ancor prima che diventasse il produttore di Luciano Ligabue, quando in quel periodo era il produttore di Zucchero e di Cristiano de André".
Dove possiamo sentirti suonare live quest'estate? "Ci sono molte date in vista, il 3 giugno al Campus Industry di Parma poi il 5 a Sant'Agostino (FE) e poi tante altre in giro per l'Italia. Credo che la musica sia live, e quindi ho voglia di cantarla dal vivo e condividerla".