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La band emiliana, reduce dal tour europeo, si racconta attraverso le parole di Franco d’Aniello, uno dei suoi componenti storici. Con un sound che fonde il rock al folk irlandese e celtico e testi che toccano temi sensibili hanno incontrato un vasto pubblico scoprendo che "all’estero, politici a parte, tutti amano l’Italia”.
I Modena City Ramblers sono un gruppo musicale italiano nato nel 1991 che mescola nelle sue canzoni il rock con il folk irlandese e celtico, creando il genere del ‘combat folk’. Questa band emiliana in genere affronta, nei suoi testi, tematiche sociali e politiche. I Modena City Ramblers sono infatti autori di brani come ‘Contessa’, ‘Ebano’ e, per ultimo, della colonna sonora del film ‘I cento passi’. Durante un loro recente concerto a Madrid si sono raccontati tramite Franco d’Aniello, uno dei suoi componenti storici.
Franco d’Aniello, puoi farci un bilancio del vostro recente tour in tutta Europa? “Volevamo uscire dagli schemi usuali, alla ricerca di stimoli nuovi, quelli che solo un tour europeo poteva offrire. Si trovano e si incontrano nuove emozioni, determinate dal viaggio e dalle persone. Le prospettive si allargano, si dimentica l’Italia con i suoi problemi, ci si libera dalle tossine accumulate nel nostro ‘Bel Paese’ e ci si immerge in paesaggi nuovi, non solo naturali, ma fatti di volti e di sorrisi, molti dei quali sono di italiani che vivono all’estero e che ci hanno scaldato con il loro affetto”.
Come appare l’Italia vista ‘da fuori’? “In realtà, quello che abbiamo percepito è l’immagine che dell’Italia hanno i cittadini dell’Europa: esiste un gap tra l’immaginario negativo, determinato dalla politica italiana e la stima che conquistano gli italiani residenti all’estero, che sono molto amati. Gli italiani immigrati rendono onore alla nostra Patria, sono il ‘controaltare’ della nostra politica, così poco rappresentativa all’estero, mentre gli italiani espatriati vanno al di là degli stereotipi, sono ben integrati nella loro nuova comunità, lontani dal provincialismo italiano, contenti di vivere fuori, decisi a non tornare mai più. Tutti i non italiani che si sono avvicinati a noi lo hanno fatto con calda simpatia, indice dell’amore che noi italiani suscitiamo negli ‘altri’ popoli”.
Quindi, in sintesi, come li definiresti gli italiani all’estero? “Motivati a cambiare vita e felici di acquisire le abitudini del luogo. Per esempio, siamo reduci da un concerto in Germania e il senso civico che abbiamo notato sia nei tedeschi, sia negli italiani che vi risiedono da molti anni è encomiabile”.
La vostra canzone ‘Ebano’, che racconta di una prostituta, è attuale oggi, nell’Italia delle ‘veline’? “Purtroppo, è molto attuale: negli ultimi anni c’è stata un’esasperazione dell’apparire sull’essere. La dignità umana in questo modo è destinata a soccombere, con un gap destinato ad aumentare tra i poveri sempre più poveri e i gli ‘straricchi’. Inoltre, ‘Ebano’ è risultato un brano assai attuale soprattutto perché ha evidenziato una ‘discrepanza’ tra le prostitute di serie ‘B’, quelle che cercano di sopravvivere sulle strade, perseguitate dal ricatto di essere riportate nei loro Paesi di origine e le prostitute di serie ‘A’, accolte nelle ville e omaggiate nei locali vip”.
Attualmente, conosci donne al di sotto di 40 anni che rappresentano l’Italia all’estero? “No. E se ci sono, in questo momento sono offuscate dall’icona retrograda della donna ‘madre e casalinga’. La mentalità italiana, in questo, è rimasta indietro ‘anni luce’ rispetto all’Europa. La stessa Spagna ci ha nettamente superati, con una legislazione che favorisce il lavoro femminile, mentre in Italia, viceversa, si tende a sfavorirlo. L’Italia è la patria del conservatorismo mascherato da ‘finto liberismo’…”.
Voi siete stati gli autori della colonna sonora del film ‘I cento passi’, che ha raccontato a tutti la vicenda di Peppino Impastato: esiste ancora un’Italia che vuole cambiare? “Ci sono voluti trentadue anni per riscoprire, grazie a un film, una figura straordinaria come quella di Peppino Impastato: colui che osò sfidare la sua stessa ‘famiglia’. Grazie all’arte, al cinema, alla musica e alla lotta costante del fratello Giovanni e della madre Felicia, Peppino è diventato una figura simbolica. Spero proprio che qualcuno, un giorno, riesca a scoprire, da un punto di vista politico, chi ci fu veramente ‘dietro’ alla sua morte”.
Con la musica voi avete toccato temi sensibili, non avete mai avuto paura? “No, noi non abbiamo mai avuto paura, perché non siamo cosi forti, anche se siamo riusciti a spostare un po’ di ‘massa critica’, come altri artisti, o come ha fatto lo stesso Saviano. Si tratta di un’Italia moderna, proiettata verso il futuro. Così come vedo un certo ‘risveglio’ dell’Italia dell’associazionismo, impegnata in favore dei più deboli: non esiste nel mondo un Paese che abbia un esercito di volontari come il nostro…”.
Cos’è la Mafia? Un polipo? “La mafia è un ‘Grande fratello’, dietro qualsiasi cosa è presente”.
Falcone affermò “La mafia è un fenomeno umano e, come tutti i fenomeni umani, ha un principio, una sua evoluzione e avrà, quindi, anche una fine”: che ne pensi? “Credo che i tempi di Falcone siano diversi dagli attuali: oggi è difficile che questo fenomeno scompaia. Per esempio, la ‘ndragheta è il fenomeno più potente che esiste e controlla il mercato mondiale della droga. Ormai, la mafia si è evoluta: il confine tra legalità e illegalità si è fatto labile ed è anche difficile individuarla. L’affermazione di Falcone era legata a una mafia diversa”.
Cosa è cambiato dal disco ‘On the first Day of March… live demo’ nella vostra vita è attorno a voi? “Il progetto dei ‘Modena City Ramblers’ non è mai cambiato: è un progetto musicale che dura da 30 anni e che prescinde, a volte, dalle persone che lo portano avanti. Quindi, posso affermare che non è cambiato nulla. Invece, la società attorno a noi è in movimento. Oggi, c’è più pessimismo legato a un motivo reale: la crisi economica, che determina insicurezza nel lavoro e meno partecipazione politica. Ormai, esiste solo la politica da ‘salotto’, quella delle tv, dove tutti gridano e ha ragione non chi è in grado di comunicare dialetticamente, ma chi urla di più. Ed è sempre più chiaro che questo tipo di politica allontana non solo i giovani, ma i cittadini in generale”.
Come mai è così cambiata la politica in questi anni? E cosa pensi della sinistra italiana? “La politica è profondamente cambiata poiché, in passato, era vissuta in primis dalla gente, a cui oggi la sinistra non riesce a stare vicino: questa è la via che porta a soccombere. I politici erano molto seri, attenti ai problemi dei singoli individui. Oggi, sono gli stessi politici che allontanano la gente, come se la volessero allontanare dalla politica: le persone sono stimolate a non votare e i pochi che votano sono i più controllabili”.