Il talentuoso compositore, con un compact disk inviato all’ascolto di Michelle Obama, ha potuto esibirsi alla Casa Bianca, conquistando la sensibilità non solo degli esperti americani, ma del mercato mondiale
Passione, ricerca, amore per la musica colta e raffinata, impegno: questi i tratti distintivi della ‘casa Ciampi’, un importante punto di riferimento nel mondo della musica in Italia e all’estero, con oltre sessant'anni di attività. Oggi, il maestro Gabriele Ciampi, talentuoso compositore, con un compact disk inviato all’ascolto di Michelle Obama, ha conquistato la sensibilità non solo degli esperti americani, ma del mercato mondiale. Egli si è trasferito negli Stati Uniti in occasione degli Oscar della musica: i Los Angeles Music Awards 2012 (Hmma). La sua passione è sempre stata il jazz e la musica strumentale per orchestra. Le sue composizioni più importanti sono i brani ‘Mr. Field’, tratto dal film di Sleeping Around e ‘musiche da sogno’ come ‘Desert sunrise’ e ‘Piano Concerto’. Gabriele Ciampi e la sua 'avventura' alla Casa Bianca: “Ho mandato un cd a Michelle e le è piaciuto”, dichiara testualmente. La passione per il pianoforte portò il ‘capostipite’ della famiglia, Mario Ciampi, a frequentare, nell'immediato dopoguerra, i migliori laboratori di musica della capitale e a lavorare puntigliosamente con chi costruiva e restaurava questi affascinanti strumenti. Impadronendosi della meccanica del pianoforte, scoprì i segreti del suono armonico custodito dento la cassa armonica del pianoforte nei suoi più reconditi aspetti artigianali, affinando con amore le sue competenze tecniche. A Gabriele Ciampi, la Casa Bianca ha fatto pervenire un biglietto a firma Michelle Obama: “Ho ascoltato il suo cd, apprezzo la sua musica: la aspettiamo, martedì 8 dicembre, al Concerto per le vacanze alla Casa Bianca”. La gioia e la sorpresa, mista a stupore, hanno invaso il nostro direttore. Il maestro si è dunque presentato sul podio allestito nel foyer, davanti allo studio ovale, dove per l’occasione delle festività natalizie sono stati addobbati quattro alberi di Natale, che dall’illuminazione a led sembrano ‘diamanti Swarovski’. Ripercorriamo la storia di questa famiglia di artigiani della musica: la Petrof, storica casa cecoslovacca di pianoforti, conosciuta in tutto il mondo per l'alta qualità dei suoi strumenti, elegge Mario Ciampi come unico referente italiano: un importante accordo e il riconoscimento del grande valore professionale della famiglia Ciampi. Il piccolo tempio della musica, situato nel quartiere Prati ai confini con lo Stato Vaticano, diventa così un vero polo di eccellenza: musicisti di chiara fama si rivolgono a Ciampi per assicurarsi i migliori strumenti per le loro esecuzioni. Tra questi Arturo Benedetti Michelangeli, che si serviva della ‘sala prove’ utilizzando gli strumenti musicali Ciampi, che rispondevano perfettamente alle sue esigenze artistiche. Tra il celebre musicista e Mario Ciampi nacque un rapporto di profonda stima. Nei suoi passaggi romani, Michelangeli frequentava casa Ciampi con abitudine. È certo che suonare nella Casa Bianca, in quello studio ovale dove il presidente Ronald Reagan danzò con la principessa Diana Spencer, per Gabriele Ciampi “è stata una grandissima soddisfazione”. Un compositore italiano, per la prima volta nella Storia degli Usa, ha avuto la possibilità di dirigere la propria musica in un concerto per la coppia presidenziale. L’orgoglio italiano si è manifesta anche in questa sorprendente e prestigiosa occasione: il popolo italiano attende, oggi, un riconoscimento per l’ennesimo fuggitivo dal suolo di Roma. La fuga all’estero implica non solo soddisfazioni ma, come in questi ultimi anni, anche tragedie. I grandi maestri che curavano le colonne sonore dei film erano clienti affezionati della famiglia Ciampi: tra questi, non possiamo dimenticare Stelvio Cipriani e Armando Trovaioli. Il 'piccolo tempio' era frequentato anche da attori e celebrità di chiara fama, tra i quali: Alberto Sordi, Marcello Mastroianni, Sofia Loren, Vittorio De Sica, Monica Vitti, Totò, Aldo Fabrizi, Giuliano Gemma. Questi sono solo alcuni tra i più popolari personaggi che si rivolgevano a Ciampi con fiducia, oltre ad Arthur Rubinstein, Franco Ferrara, Willy Ferrero, Carlo Zecchi, Franco Mannino, Svjatoslav Teofilovič Richter, Fabrizio Campisi, Piero Piccioni, Nino Rota (autore delle colonne sonore di alcuni tra i più celebri film di Federico Fellini) e l'indimenticabile Domenico Modugno: ‘Mr. Volare’. Personaggi che hanno fatto di quel ‘tempio della musica’ il proprio punto di riferimento nella capitale. Gabriele Ciampi vive a Los Angeles da tre anni: vi è arrivato su consiglio di una ragazza ‘coreano-americana’ che poi è diventata sua moglie. “Anche lei è una grande appassionata di musica e un giorno mi disse: perché non vai a studiare all’Ucla? Vedrai che là troverai un ambiente adatto per sviluppare i tuoi progetti. A Los Angeles non c’è solo il cinema di Hollywood”. E infatti, all’università della California, Gabriele Ciampi ha avuto la possibilità di mettere a fuoco le sue idee sulla composizione. Già il 23 dicembre di quel 2012, il pianista di riferimento per la Casa Bianca, David Osborne, suonò due suoi brani alla presenza di Barack Obama e sua moglie, uno tratto da ‘Neve’, uno spettacolo teatrale rappresentato con successo a Roma, il secondo dallo spartito di ‘Piano Concerto n.1’. Il lavoro più conosciuto di Gabriele Ciampi è probabilmente l’adattamento musicale del racconto di Charles Dickens: ‘A Christmas Carol’. “Tutta la mia musica inizia sempre con un omaggio al classicismo: senza questa base nulla sarebbe possibile. Poi la mia ricerca si concentra anche su un diverso arrangiamento, uno stile definito ‘minimalista’. Peraltro, questo tipo di musica è contenuta nel mio ultimo cd, ‘The minimalist evolution’, quello che ho spedito e che è piaciuto a Michelle Obama”. Nel 1965, Mario Ciampi venne affiancato dal figlio Silvio, padre di Gabriele. E la ‘ditta’ crebbe ancora: il 'piccolo tempio' si ingrandì con ben tre piani interamente dedicati a pianoforti, cembali antichi, pianole, arpe in lamina d’oro, pianoforti del XVIII e XIX secolo restaurati alla perfezione, fino a quelli del secolo appena trascorso, in cui i celebri organi Hammond colpivano il visitatore per la loro bellezza e l’accurata manutenzione. È in questo ambiente, fatto di arte del suono, che Gabriele Ciampi, guidato dalla sensibilità artistica della signora Carla, sua madre, si forma. Gabriele studia composizione al conservatorio di Santa Cecilia in Roma. Si trasferisce in America e inizia a scrivere musica per documentari e cinema indipendente. La sua musica viene carpita dalle orecchie più raffinate e viene inserito, per meriti artistici, nel programma avanzato ‘Film scoring’, presso l'università pubblica ‘Ucla’ di Los Angeles, dove gli viene conferito il ‘Certificate program in film scoring’, master in composizione e direzione d'orchestra con Robert Dresnin, compositore, direttore d'orchestra e collaboratore di John Williams per le colonne sonore cinematografiche. Gabriele Ciampi viene infine scelto da Bruce Weber, fotografo e regista, per campagne pubblicitarie, televisive e on-line.
Gabriele Ciampi, la responsabilità di un cognome che ha segnato la musica ‘colta’ italiana nel secolo appena trascorso, come la si vive nel terzo millennio?
”Per me è stata ed è una bella sfida: da un lato vorrei portare avanti il nome di famiglia, dall’altro continuare con la musica, percorrendo quindi una strada ‘alternativa’ al ‘business di famiglia’, legato ai pianoforti. Come inizio sono contento: ci sono i primi risultati dopo un anno di serio e duro lavoro in America. Mi auguro di continuare su questa strada per tanti anni”.
Cosa l’ha indotta a ‘fuggire’ dall’Italia per gli Stati Uniti?
”In Italia, la meritocrazia è inesistente ed è impossibile emergere o proporre qualcosa di nuovo, di alternativo. A Los Angeles, invece, mi è stata offerta un'opportunità ed è questa forse la vera differenza tra il nostro Paese e gli Stati Uniti. In Italia, la novità non viene accolta positivamente e non si investe su nuovi talenti. Ma questo vale per tutto il mondo artistico, non soltanto per la musica”.
Soggiornando negli States, come si ‘respira’ o si percepisce quel che sta accadendo in Italia?
“Purtroppo, mi sono accorto che non c’è una grande opinione del nostro Paese: siamo spesso criticati e forse i giudizi a volte sono troppo duri. Per gli americani, la crisi europea è solo europea: non è un loro problema. In ciò, devo dire, gli americani sono piuttosto egoisti, ma allo stesso tempo uniti: ecco perché sono riemersi da una crisi devastante come quella del 2007-2008”.
L’immagine cinematografica è solo accompagnata dalla musica o è la musica il vero ‘sogno’ rappresentato in un film?
“Per me, musica e cinema sono parti separate, da fondere insieme: scrivere per immagini, vuol dire comporre musica in ‘pre-produzione’, quando ancora non si hanno immagini: solo così si riesce a dare risalto e importanza a una particolare scena. Il tema di un film nasce così. E molti temi famosi rimangono attuali, anche dopo 30 anni, poiché diventano dei ‘classici’. La musica rende reale il sogno cinematografico”.
La musica che abbiamo apprezzato in occasione dell’evento teatrale ‘Neve’ è una vera e propria colonna sonora ‘cinematografica’ originale, che valorizza e arricchisce lo spettacolo: come si adegua il suo talento musicale alle esigenze cinematografiche e a quelle teatrali?
“Con ‘Neve’ ho provato per la prima volta a scrivere per il teatro e, debbo ammettere, che si tratta di una questione ben distinta: ci sono ritmi diversi, ci sono gli attori, si sentono i movimenti. Il teatro è un qualcosa di ‘vivo’. Scrivere per il teatro e dirigere la musica durante la rappresentazione vuol dire diventare parte integrante della scena: ogni dettaglio dev’essere studiato, dal movimento dell’attore allo stato d’animo di un personaggio. Nel cinema, utilizzando musica registrata, si ottiene una perfezione ‘formale’ che a volte è persino ‘esagerata’: le immagini sono coordinate con la musica al millesimo di secondo e non c’è modo di entrare nel vivo della scena, poiché il film viene girato quasi sempre in assenza di musica”.
Sottolineiamo, tuttavia, che in ‘Neve’ lei ha diretto in scena un’orchestra formata da 12 elementi (pianoforte, quartetto, chitarra classica, chitarra acustica, percussioni, oboe, corno e flauto) ottenendo un ‘effetto’ e un risultato magnifico: quali difficoltà ha riscontrato, con un testo poetico così ricco di suggestioni orientali, nella strumentazione musicale?
”Sicuramente, questa è stata la parte più difficile: ho dovuto iniziare lo spettacolo proiettando lo spettatore in una dimensione ‘orientale’ e poi, piano piano, ho cercato di invertire la ‘rotta’, considerando la trasposizione dello spettacolo in occidente. Il pianoforte ha sottolineato questo passaggio con i primi 2 brani: ‘Snowfall’, scritta quasi interamente sui tasti ‘neri’ del pianoforte, per accentuare la sonorità orientale e ‘Close on Sofie’...”.
Registi e produttori nel sistema economico americano e in quello italiano: in quale modo un maestro di musica deve approcciare tali ambienti ed esigenze pratiche?
“Bisogna cercare di adeguarsi al tipo di lavoro da svolgere. In Europa, è importante la qualità, ma in America ci dev’essere qualcosa in più: la musica deve arrivare a tutti non solo agli intenditori. Ed è questo che a me piace: la mia musica è tecnicamente semplice e si basa sull’emozione. Regalare una emozione a un pubblico ‘non tecnico’, per me è la soddisfazione più grande”.
‘Neve’ rappresentato un solo giorno: qual è la sua riflessione su questo spreco di energie tutte valide?
”Non lo considero uno ‘spreco di energie’: assolutamente no. ‘Neve’ verrà riproposto e, proprio in America, potrebbe avere fortuna. È stato solo un primo esperimento che si ripeterà, sicuramente”.