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È l'artista rivelazione dell’anno, divenuta famosa con il brano ‘Alfonso’ che ha attirato l’attenzione di Fiorello e Max Gazzé. In quest'intervista, Claudia Lagona ci parla del suo primo ma già attesissimo album, ‘Manuale Distruzione’, dei suoi sogni e tanto altro di sé
L’album d’esordio di Levante, ‘Manuale Distruzione’, è un disco originale, dal sound ‘indie-torinese’, uscito l’11 marzo 2014, prodotto da un'etichetta indipendente, la Inri. E’ un lavoro che sorprende, perché non appare come un disco emergente, ma un album già maturo, da un punto di vista stilistico, consapevole, ironico, disarmante, esplosivo. Levante, 26 anni, cantautrice siciliana, ha le idee molto chiare, ma i piedi ben piantati per terra. E’ nata a Palagonia, vicino Caltagirone. Il suo vero nome è Claudia Lagona. Si è trasferita a Torino, città che ama e in cui canta e suona la chitarra da quando aveva 12 anni. Levante si racconta con spontaneità e semplicità: non ha nessuna remora nel dire che la sua ambizione è sempre stata quella di salire sul palco dell’Ariston, perché “il Festival della canzone italiana di Sanremo” secondo lei rappresenta davvero la musica italiana di qualità. E anche se quest’anno è stata ‘scartata’, il singolo che aveva proposto, ‘Sbadiglio’, ha cavalcato le classifiche. Il suo colpo di genio? ‘Alfonso’, un brano lanciato da ‘Radio Deejay’ nell’estate 2013, in classifica su Itunes per quasi 5 mesi, che ha venduto migliaia di copie in Italia e in venti Paesi del mondo. Inoltre, Levante è idolatrata dalla rete: ha ricevuto più di un milione di visite su Youtube per ‘Alfonso’, facendosi notare sia da Fiorello, sia da Max Gazzè. Affianca quest’ultimo in un tour estivo intitolato: ‘Le Feste di Alfonso’. ‘Sbadiglio’ è il suo terzo singolo, dopo ‘Alfonso’ e ‘Memo’. Di recente ha ricevuto la speciale menzione da iTunes: ‘Nuovi artisti 2014’. Nelle sue canzoni scritte si respira tanta freschezza, leggerezza, malinconia, energia, una sensibilità tipicamente femminile non ostentata o esibita, mai smielata, che emerge quasi inconsapevolmente tra le righe di amori finiti o in agonia e feste noiosissime. Di questo suo primo album, ‘Manuale Distruzione’, ha dichiarato: “E’ tutto mio: dodici brani di cui sono orgogliosissima, tranne un testo che è del produttore artistico e arrangiatore, Alberto Bianco. Il resto è stato tutto scritto e composto da me. È il racconto della mia crescita da qualche anno a questa parte”. Levante lo sta già promuovendo nelle librerie dall’11 marzo scorso. Il 20 marzo è partito da Milano anche il suo ‘tour’. Abbiamo dunque incontrato quest’artista fuori dagli schemi, che non ha tardato ad attirare l’attenzione su di sé.
Levante, ci spieghi, innanzitutto, perché hai scelto questo nome d’arte? “Levante è un soprannome, in realtà. Avevo poco più di dodici anni quando un'amichetta, scherzando, mi chiamò così. Lasciando la Sicilia ho portato con me le cose più importanti. Tra quelle, c'era anche questo nome”.
Le tue canzoni hanno testi malinconici, ma sono allo stesso tempo sono un’esplosione di energia: anche nella tua vita coltivi questi due lati? “Sì, sempre. Ho imparato da subito a prendere tutto con ‘filosofia’, dunque mi avvicino ai sentimenti in maniera molto forte, li vivo profondamente, ma trovo comunque un punto di distacco, una sorta di terra di mezzo in cui riesco a ironizzare e a sollevarmi dalla ‘pesantezza’ che portano determinate situazioni”.
Nell’estate 2013, ‘Alfonso’ è diventato un tormentone apprezzato sia da Fiorello, sia da Max Gazzé, che hai poi affiancato nel suo tour estivo. Che effetto ti ha fatto questa popolarità improvvisa? “La cosa splendida è che a me non ha fatto proprio nessun effetto. Mi spiego meglio: quando succedono queste cose a persone come me c'è sicuramente la gioia della soddisfazione e della realizzazione di un qualcosa che si è sempre desiderato, ma per il resto vivi tutto come sempre, come prima. Ho i piedi ben piantati a terra. Chiaramente, gli altri ti vedono volare. La domanda giusta sarebbe: ‘Che effetto fa agli altri?’. Perché io sto sempre dove sono stata…”.
Hai dichiarato che ti piacerebbe partecipare al Festival di Sanremo, ma che non hai accettato di partecipare ai talent show. Ti sei affidata, invece, al mondo della rete: perché questa scelta? “Ho semplicemente scelto la strada che pensavo migliore per me, sicuramente la più difficile. Sentirmi dire da qualcuno che ho un ‘non so che’ rispetto a un altro artista mi trasmette una tristezza che non trova alcun senso. Credo sia la cosa più lontana dall'arte. Comprendo la smania di vivere di musica e chi utilizza la tv per farsi conoscere: io ho scelto il pub sotto casa; ho scelto di scrivere ‘merda’ in una canzone; ho scelto la mia copertina; ho scelto il modo in cui cantare; ho scelto la mia libertà. Sanremo è un palco che ho amato e amerò sempre. È forse l'unica fetta di musica dal vivo in Tv, con un'orchestra favolosa e un palco calpestato dalla storia della musica Italiana. Bisogna andarne fieri e portare se stessi in mezzo a quei fiori”.
I tuoi testi sono poetici, ma allo stesso tempo non retorici, non disdegni le ‘parolacce’ e descrivi un mondo originale, che non emula nessun cantautore attuale: quali stili e contenuti esprimi con la tua musica? “Forse, sono semplicemente contemporanea. La mia scrittura è semplice, sì, perché non amo girare attorno ai problemi, ai sentimenti, alle questioni. Mi piace l'onestà delle parole: le poesie create ad hoc sono tristi…”.
Hai scelto il vestito da sposa di tua madre per la copertina, come mai? “Credo che la copertina di ‘Manuale Distruzione’ sia un'immagine di me totalmente e instancabilmente aggrappata al passato. Ho un rapporto molto stretto con la nostalgia: ho indossato l'abito da sposa di mia madre, tra quelle mura di casa, ormai distrutte, che mi hanno vista crescere troppo in fretta. In quel modo, mi è parso di ‘chiudere il cerchio’. Era l'immagine dell'inizio e della fine allo stesso tempo: è stato un viaggio unico”.
Hai dichiarato che tra i tuoi riferimenti ci sono Carmen Consoli, Meg dei 99 Posse, Cristina Donà, Verdena, Afterhours: pensi che la musica italiana sia spesso sottovalutata rispetto a quella straniera? “No, non lo penso affatto. Sicuramente, in Italia questi nomi non sono così tanto popolari come altri, ma di solito le cose preziose sono quelle più nascoste. Va bene così…”.
Con quale artista ti piacerebbe collaborare in particolare? “Sono tantissimi gli artisti con i quali mi piacerebbe collaborare”.
Come cantautrice, credi sia importante portare un impegno e trasmettere messaggi, oppure cantare semplicemente anche solo l’amore soggettivo? “Il messaggio è fondamentale, ma attenzione a non dimenticare la leggerezza. Preferisco raccontare fiabe con finali tristi, piuttosto che l’horror di certe storie d'amore…”.
Che rapporto hai con il pubblico? Il tuo tour, ‘Le feste di Alfonso’, che riscontro ha ottenuto? “Il mio pubblico è speciale: tramite ‘Le Feste di Alfonso’, mini tour andato benissimo (considerate che ho deciso di realizzarlo con due soli singoli ‘fuori’ e senza ancora aver pubblicato il disco), ho scoperto che è un pubblico molto vario, che va dai piccolissimi agli adulti. È sicuramente un pubblico molto emotivo”.
Hai dichiarato che “si cresce su grandi macerie, quando tutto quello che si impara e che ci istruisce, in qualche modo, riesce a distruggerci”: cosa ti distrugge e cosa ti fa rinascere? “Quando dico quella cosa penso a mio padre. Avevo nove anni quando è scomparso e, da lì in poi, per me è stato tutto una distruzione: era crollato tutto il mio mondo e ho cercato tra le macerie qualcosa di buono per cui valesse davvero vivere la vita. La musica mi ha salvata: ecco cosa mi ha fatto rinascere”.
Tra le 12 tracce di ‘Manuale Distruzione’ esiste una canzone alla quale sei più legata? “No, le amo tutte, dalla prima all’ultima: lo giuro!”.