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24 Novembre 2024

Red Light Road: la nostra svolta con Dancefloor

di Giorgio Morino
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Red Light Road: la nostra svolta con Dancefloor

Un nuovo progetto musicale romano che propone nel panorama italiano le sonorità del britpop d’oltremanica, cercando di darne una nuova interpretazione. Aggressivi, divertenti e ironici, cantano le loro canzoni in inglese per potersi un giorno muovere dall’Italia e portare la loro musica oltre i nostri confini. 

I ‘Red Light Road’ sono un gruppo composto da Marco Ricciardi (voce), Alessandro Rossi (chitarra e voce), Marco Usai (basso), Fabio della Seta (chitarra), e Sebastiano Sisto (batteria). Si tratta di una band romana che ha deciso di seguire le orme dei grandi nomi della musica britannica, proponendo una loro interpretazione personale del britpop, un genere musicale nato in Inghilterra e che ha regalato alla musica grandi gruppi, come gli Oasis e i The Verve.
Dopo vari cambi di formazione e di nome (prima si chiamavano Red Lights Century) adesso questi ragazzi sono pronti a presentare il loro nuovo singolo, Dancefloor, che sarà la colonna sonora della manifestazione "Welcome Back Party" di Thiene questo 5 settembre.Abbiamo avuto la possibilità di incontrare Marco Ricciardi e Alessandro Rossi proprio durante una sessione di registrazione di Dancefloor e di parlare non solo della loro musica, ma anche dei loro progetti e aspirazioni.

Quando avete cominciato a suonare insieme?
Alessandro: "Con il nucleo iniziale del gruppo, formato da me e Marco alla voce, abbiamo iniziato da qualche anno, componendo i primi pezzi e cambiando line-up spesso per trovare la giusta intesa tra musicisti, convinti come siamo sempre stati di quanto sia determinante il groove nell'arrangiamento dei brani."
Marco: “Si, effettivamente siamo un po’ esigenti e quindi abbiamo preferito raggiungere il punto che ritenevamo giusto per affrontare il progetto che avevamo in testa."

Qual era il genere di canzoni che facevate agli inizi?
Marco: “Inizialmente, come spesso accade, le influenze del gruppo erano molteplici ma in particolare quelle tipiche del rock/punk americano. Continuando poi a comporre e a provare  insieme, ci siamo indirizzati verso sonorità che andassero maggiormente incontro alle nostre al nostro gusto, decidendo per uno stile molto britpop, cercando di darne una nostra interpretazione originale.”
Alessandro: “In sintesi un percorso lungo e bellissimo.”

All’inizio il vostro nome era “Red Lights Century”, adesso siete diventati i “Red Light Road”: perché questo cambiamento? È stata una scelta che ha portato anche ad un cambio di sonorità?
Marco: “Senza dubbio il cambio di sonorità è stato determinante per dar vita finalmente al progetto vero e proprio e quindi, volevamo dare dare un'impronta molto più inglese già dal nome, che è il nostro biglietto da visita in un certo senso.
Alessandro: “Per noi è stata una vera e propria svolta da un punto di vista delle sonorità lavorando su suoni molto più raffinati".

Veniamo ora alla musica: il vostro nuovo singolo si chiama “Dancefloor”. La versione raw del pezzo è uscita a marzo accompagnata da un lyric-video in 3D. Quando verrà pubblicata la versione definitiva?
Marco: “Proprio in questi giorni stiamo ultimando le sessioni di registrazione di Dancefloor nella sua versione definitiva, con le voci e il missaggio finale. La versione "raw" è stata pubblicata per incuriosire il pubblico e creare l’attesa. Abbiamo organizzato uno showcase a Roma per i nostri fan, per testare anche altri pezzi su cui stiamo lavorando e che faranno parte del nostro primo album.”

I testi delle canzoni li scrivete insieme?
Alessandro: “Al 90% l’autore dei testi è Marco. Io ogni tanto provo a mandargli qualcosa…
Marco: E io lo correggo. (ridono) Scherzi a parte, diciamo che tra di noi cerchiamo di venirci incontro: la base dei pezzi deriva sempre da qualche idea che mi viene strimpellando con la chitarra per conto mio, ci confrontiamo e lui trasforma una bozza in una canzone.”
Alessandro: “Quindi se vogliamo essere precisi diciamo che lui scrive le canzoni al 90%, io scrivo la musica al 90%. Ci compensiamo bene. Gli altri ragazzi poi sono straordinari, perché è grazie a loro che riusciamo a trasformare in forma compiuta quelle che poi sarebbero solo idee. L’apporto di ognuno è fondamentale e ognuno fa la sua parte in sala.”

Perché avete scelto di scrivere le vostre canzoni tutte in inglese e non avete invece mai provato a scrivere qualcosa in italiano?
Marco: “Beh perché avendo scelto di rivisitare un genere come il britpop, la lingua inglese è sicuramente la più appropriata e si accorda meglio con la musica che scriviamo.”
Alessandro: “Io cercherò di essere molto meno prosaico di Marco (ridono). Per me è importante seguire le proprie aspirazioni e i propri sogni fino in fondo e scrivere canzoni in inglese ti apre un mercato diverso da quello soltanto italiano. In fin dei conti le più belle canzoni di questo genere sono state scritte in inglese. Se dobbiamo pensare in grande facciamolo fino in fondo e proviamoci.”

Una scelta quindi, oltre che creativa, tendenzialmente commerciale?
Marco: “Adesso è sicuramente difficile, però noi speriamo che nel lungo periodo il progetto funzioni.”
Alessandro: “Il fatto è che suonando in italiano difficilmente si riesce a varcare i confini nazionali. Noi vogliamo andare in tour anche all'estero ed essere conosciuti fuori dall’Italia. Vedremo come risponderà il pubblico, noi ce la mettiamo tutta.”

Per quanto riguarda il gruppo, avete avuto problemi di gestione con altri membri?
Alessandro: "Ci sono stati dei cambi che, come accennavamo prima, mi verrebbe da definire fisiologici. Speriamo che questa attuale possa essere la line-up definitiva del gruppo.” 

Quali sono i vostri programmi futuri?
Marco: “C’è un altro motivo per cui stiamo registrando proprio in questo momento Dancefloor, è stata scelta come colonna sonora del "Welcome Back Party" di Thiene, in provincia di Vicenza, una manifestazione molto importante che vede la partecipazione, ogni anno, in media di oltre 15.000 persone e che nella prossima edizione del 5 settembre, sarà interamente dedicata alla dance; quest’anno infatti ricorrono due importanti anniversari: i 40 anni della nascita di questo genere e i cinque anni dalla scomparsa di Michael Jackson. Il nostro pezzo sarà la soundtrack di tutti gli eventi in programma.”
Alessandro: “Il progetto ha potuto avere inizio anche perché abbiamo incontrato  un manager che si occupa seriamente di noi ma e ci lascia finalmente la possibilità di pensare solo alla musica, a tirare fuori il meglio che possiamo dagli strumenti, senza occuparci di tutti gli altri aspetti produttivi e di marketing che in qualche modo ci potrebbero ostacolare.”

Quando avete intenzione di pubblicare il primo album?
Alessandro: “Aspettiamo di vedere come Dancefloor verrà accolto. Abbiamo già parecchi pezzi su cui stiamo lavorando. Possiamo dire che è nei piani a breve termine, se tutto va bene.”

Quanti altri gruppi ci sono in Italia che suonano il genere di musica che affrontate voi?
Marco: “Ho realizzato tante performance con vari gruppi italiani, ma se dovessi esprimere semplicemente il mio gusto personale direi che nel nostro paese c’è tantissimo talento, tanti gruppi che sanno indubbiamente suonare. Però secondo me manca un vero e proprio “movimento” musicale. A questo bisogna aggiungere anche la mancanza, molto spesso, della sana abitudine a lavorare sempre con serietà e di una buona dose di autocritica.”

Cosa intendi?
Marco: “Intendo dire che essere autocritici in questo campo aiuterebbe tantissimo. Quando abbiamo cominciato io ho imparato, con il tempo, a scendere dal piedistallo e poggiare i piedi per terra; solo così ho iniziato a migliorare veramente.”
Alessandro: “C’è molta presunzione, soprattutto tra i nuovi gruppi: pensare di essere arrivati quando, essenzialmente, non si è neanche iniziato. La gavetta è importantissima, ma a volte ti porta a sentirti già qualcuno quando non te lo puoi permettere. 
Marco: “È necessario collaborare con persone di esperienza e capacità che ti supportino.
Alessandro: “In questo senso, come dicevamo prima, noi siamo arrivati al punto in cui speriamo dipoter fare questo salto. Abbiamo un produttore e direttore artistico, Claudio Sisto, che lavora al nostro progetto e stiamo già vedendo i risultati concreti, imparando quale sia l'impegno e l'atteggiamento giusto. Direi che, oltre ad essere una fortuna  è anche una bella soddisfazione. Adesso ci aspetta la prova di Thiene, 15.000 persone che verranno a sentirci.”

Spaventati?
Alessandro: “No, perché? In fin dei conti è come se fossimo un piccolo esercito!” (ridono)
Marco: “Più che far paura, la cosa ci carica e ci emoziona. Speriamo di riuscire a trasmettere al nostro pubblico tutte le emozioni della nostra musica. 

Per concludere, vorrei toccare un argomento che in questi anni è diventato molto di moda: il talent show. Avete mai pensato di partecipare ad uno di questi programmi?
Alessandro: “Oggi sembra che per riuscire a sfondare sia necessario passarci obbligatoriamente, Ma noi ovviamente non la pensiamo così”.
Marco: “Perché non siamo abbastanza bravi?” (ridono)
Alessandro: "Forse soltanto perché vogliamo andare avanti con le nostre gambe.”
Marco: “Noi ce la mettiamo tutta, ma adesso siamo nelle mani del pubblico.”


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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