I numeri di vendite e i passaggi radiofonici forse racconteranno una storia diversa, ma certamente il dato in questa fase è incontrovertibile: nell’edizione dei record di ascolti ha avuto la meglio la tradizione. Un risultato dovuto al fatto che i giovani non guardano Sanremo? Non solo
Alla fine, di Sanremo si deve parlare. Qualsiasi sia il parere che ognuno possa esprimere in merito, positivo o negativo, il Festival della canzone italiana rimane l’evento musicale del bel Paese. Certo, ci sono i reality, per ascolti X Factor su tutti, ma niente come la kermesse della bella città ligure riesce a coinvolgere, a suscitare discussioni attorno alla musica, sulle pagine dei giornali come nei salotti di casa. Il palco dell'Ariston regala agli artisti una visibilità altrimenti impensabile.
Si potrà discutere all’infinito sulle scelte compiute dalla direzione artistica nella selezione delle canzoni in gara, sopratutto per certi opinabili 'campioni', ma è doveroso ricordare che si tratta del festival della canzone italiana e, quindi, di come la selezione dei brani avvenga per forza di cose nel confortevole solco della tradizione. Sono tuttavia evidenti gli sforzi nell’aggiornarsi, nel tentativo di accogliere le nuove tendenze, per attirare il pubblico giovanile.
È l’evento televisivo nazionalpopolare per eccellenza e non gli si può, né gli si deve, chiedere di essere altro. Quello che manca davvero in questo Paese è, semmai, una reale alternativa, che porti alla ribalta altre tendenze e manifestazioni artistiche che, per stile e approccio, non rispondono ai canoni della canzone sanremese.
Il rischio, per chi scrive, è quello di cadere nel facile snobismo per cui tutto, in realtà, è negativamente criticabile.
Grazie allo stile rassicurante di Carlo Conti, si è trattato di un festival senza intoppi, ma al tempo stesso privo di reali picchi di interesse, sia dal punto di vista televisivo, sia musicale, poiché rivolto, sembra, a salvare il salvabile nel disastrato panorama musicale italiano.
Alla fine, hanno vinto gli Stadio col brano con 'Un giorno mi dirai' il cui testo, vero punto di forza, faceva parte di un brano con diverso arrangiamento scartato lo scorso hanno. La band emiliana si è aggiudicata anche il Premio della Sala Stampa, mentre il Premio della critica è andato a Patty Pravo, per il brano 'Cieli immensi'. Francesca Michielin, proveniente da X factor, con 'Nessun grado di separazione' è arrivata seconda (a seguito della rinuncia, da parte degli Stadio, sarà lei a rappresentare l'Italia al prossimo Eurovision Song Contest, il prossimo 14 maggio a Stoccolma), mentre il duo Giovanni Caccamo - Deborah Iurato, vincitrice di Amici 2014 lei e trionfatore a Sanremo giovani lo scorso annoi lui, ha ottenuto il gradino più basso del podio.
Ma le classifiche sanremesi nulla hanno che fare con il potere dei social network: 'Wake up' di Rocco Hunt, arrivato solo nono, ha superato di già il milione e mezzo di visualizzazione su youtube.
I numeri di vendite e i passaggi radiofonici forse racconteranno una storia diversa, ma certamente il dato in questa fase è incontrovertibile: la vecchia guardia convince di più. E qui non si tratta del disinteresse del pubblico dei giovani. Il problema sono proprio i brani: se canzone d’autore deve essere, che si cerchi di farla bene, con spessore autoriale. Invece, nel corso delle cinque serate si è assistito, soprattutto nei giovani interpreti, al trionfo della banalità più esasperante. C’è modo e modo di esprimere l’amore, che non sia 'Noi siamo infinito' cantata da Alessio Bernabei, solo per fare un esempio. Comprendiamo l’orecchiabilità, quella scrittura precisa per il format che punta alla facile emozione, ma si potrebbero evitare le atmosfere zuccherose del brano di Arisa, la pesantezza e il carattere scontato di 'Infinite volte' di Lorenzo Fragola, di 'Finalmente piove' cantata da Valerio Scanu o del brano 'Blu' presentato dalla figlia d’arte Irene Fornaciari (il tema è importante, la canzona parla della tragedia dei migranti, ma proprio per questo sono urticanti versi come “c’è una donna in mezzo al mare vestita di blu, la prende in braccio un pescatore bello come un Gesù”).
Per scrittura e interpretazione ci è apparso un gradino più su, seppur nella scia della più tipica tradizione sanremese, il brano di Annalisa: 'Il diluvio universale'; mentre a Dolcenera non riesce a pieno il passaggio alla black music, allo stile 'Alicia Keys', con la sua 'Ora o più (le cose cambiano)'.
E allora ben vengano i premi agli Stadio, il premio della critica a Patty Pravo, il gusto retrò e la fortissima personalità di 'Semplicemente' dei Bluvertigo, l’ironia di Elio e le storie Tese, come anche il grande livello interpretativo che Noemi ha mostrato nell’esecuzione del brano 'La borsa di una donna', scritta da un team di autori di cui fa parte Marco Masini.
Composizioni interessanti si sono udite nella sezione 'nuove proposte', in particolar modo nel caso di 'Odio le favole' di Ermal Meta (al suo terzo Sanremo, il primo da solista) buon mix tra gusto per la canzone d’autore e linguaggio musicale moderno. Più contemporanea nell’uso dell’elettronica, poi fusa dal vivo con l’orchestra e nel ritornello catchy è invece 'Amen' di Francesco Gabbani, vincitore della categoria e del Premio per il miglior testo, il cui cantato ricorda forse un po’ troppo da vicino i Negrita. Altrettanto in linea coi tempi (nell’uso massiccio di synth così come nei rimandi alla cultura R’n’b), ma più 'colta' e interessante è 'Dimentica' di Mahmood, probabilmente la gradita sorpresa di questo festival e che mostra in sé i tentativi di aggiornarsi rispetto a un linguaggio nuovo e vicino al pubblico giovanile.
Sulla scia di un programma di tale rilevanza, le canzoni gireranno e le acolteremo per tanto tempo, chi più, chi meno. Ma se è vero che questo non è un Paese per giovani, non si può fare a meno di sottolineare che la colpa è proprio di questi ultimi, con le dovute eccezioni s’intende.