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4 Dicembre 2024

La lucidità di Curzio Maltese

di Vittorio Lussana
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La lucidità di Curzio Maltese

In una lucida analisi politica pubblicata lo scorso 30 settembre sul ‘Venerdì’ di Repubblica, il supplemento settimanale del quotidiano diretto da Ezio Mauro, Curzio Maltese nota giustamente come il Partito democratico non sia una forza politica che non riesce ad andare oltre il 24% dei voti perché divisa, bensì che si tratta di una compagine divisa perché non riesce ad andare oltre al 24%. Ovvero, perché non riesce a ‘sfondare al centro’ dell’elettorato moderato italiano. Si tratta di un’evidenza politica inoppugnabile: il vecchio Pci utilizzava infatti la vecchia tattica ‘togliattiana’ del ‘doppio binario’, un moderatismo frammisto al radicalismo rivoluzionario: la formula del “Partito di lotta e di Governo”, come ebbe a descriverla lo stesso Berlinguer. Finita perciò l’esperienza del Pci, quel che è rimasto è solo un moderatismo incapace di aggredire i ‘nodi’ politici di una forza di opposizione che dovrebbe preparare un’alternativa al Governo delle destre italiane. Il fatto che qualcuno, come Curzio Maltese, finalmente si volti all’indietro per cercar di capire da quale parte il mondo della sinistra post comunista italiana abbia sbagliato rappresenta un primo dato confortante: quali scelte avrebbe dovuto compiere il più importante Partito comunista dell’occidente democratico, una forza che aveva segnato profondamente il nostro Paese? Per rispondere a tale questione appare necessario analizzare la storia della ‘guardia berlingueriana’ che da due decenni guida i postcomunisti, il loro continuo scambio di ruoli che segue puntualmente ogni sconfitta, le lotte intestine, le distinte mozioni congressuali. E cercare di approfondire le vicende di un gruppo dirigente che ha mostrato contro il socialismo italiano un’avversione ‘sorda’ e verso la socialdemocrazia un rifiuto radicale. Occorre insomma affrontare con franchezza e senza reticenze una questione che investe pienamente l’identità di un Partito che non è riuscito a fare i conti con la propria Storia, che non ha saputo ridefinire il suo profilo, che non ha voluto compiere scelte coraggiose nei congressi. Una serie di tremende convulsioni di grande ampiezza, un travaglio che si è svolto per crisi successive attraverso rotture, scissioni, abbandoni individuali e collettivi. Nulla è rimasto ‘in piedi’: gli operai, l’Emilia rossa e gli intellettuali cominciano a guardare da altre parti. Sono caduti, in pochi anni, il mito del lavoro, quello della solidarietà e quello del Partito. Il divorzio dalla classe operaia è stato brusco, ma largamente annunciato, dato che sin dal 1993 uno studio della Fiom aveva rivelato che molti operai del Nord votavano per la Lega. Ma ormai la sinistra aveva abbandonato le fabbriche alla ricerca di nuove basi sociali che, tuttavia, non ha mai trovato. Mentre ogni cosa cambiava, la sinistra postcomunista ha cercato la ‘scorciatoia’ delle metamorfosi. Caduto l’universo simbolico marxista e rifiutato quello socialdemocratico, essa è caduta in preda all’anarchia culturale. Il carattere drammatico di questa vicenda si sta consumando e rovesciando nel suo contrario: la Storia della sinistra italiana sembra essere giunta al termine, poiché si è persa la possibile opzione verso un grande Partito riformista di stampo socialdemocratico europeo. Una possibilità negata proprio con la nascita del Pd, un amalgama tra ex comunisti ed ex democristiani, laici ‘intiepiditi’ e cattolici intransigenti, che ha chiuso non solo una stagione politica, ma la Storia stessa della sinistra italiana in quanto soggetto sociale in grado di rappresentare in maniera autorevole l’altra ‘faccia’ della società italiana. Nella parabola dal Pci al Pd, ovvero dalla sinistra autonoma alla ‘brodaglia’ indistintamente democratica, è singolare e significativo il fatto che a guidare questo cammino sia stato sempre lo stesso ristretto gruppo dirigente, sopravvissuto a tutte le mutazioni. Ma è il rapporto ‘infelice’ degli ex comunisti con la socialdemocrazia la spia principale per comprendere il senso dell’iter da essi compiuto e la crisi che ha immediatamente seguito, dopo la sua fondazione, il Pd.


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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