Walter Veltroni è stato ieri ospite della trasmissione ‘In mezz’ora’, in onda su Rai 3 e condotta da Lucia Annunziata. La quale, a un certo punto, ha giustamente sollevato la questione del necessario rinnovamento generazionale a sinistra, argomento assai fondato ma burocraticamente ‘dribblato’ dall’ex segretario del Partito democratico. Al di là degli schieramenti o delle scelte di campo imposte da una situazione generale fortemente radicalizzata, una serie di sfide oggettive si presentano, oggi, all’orizzonte del Paese. Una di queste riguarda proprio la cronica difficoltà della nostra classe politica di dotarsi di meccanismi di ricambio e di effettiva qualificazione di nuove leve. In pratica, non ci sono più le ‘scuole’ di Partito, quelle che un tempo formavano i nuovi amministratori o, addirittura, i leader. Il cambiamento avvenuto nell’ultimo decennio del secolo scorso, per motivi buoni o cattivi che fossero è stato fortemente condizionato dallo sviluppo delle molteplici inchieste giudiziarie che hanno riguardato la classe politica italiana degli anni ‘80 e dei primi anni ‘90. In sostanza, se un cambiamento generazionale vi fu, ciò è avvenuto in seguito a processi ‘esterni’ al mondo politico stesso, dunque ‘forzati’ in quanto ‘fatti’ - e non ‘atti’ - instaurativi all’interno di un ambiente che, ancora nel 1991, vedeva alla carica di presidente del Consiglio dei Ministri la pur rispettabile quanto ‘eterna’ figura di Giulio Andreotti. Su questo punto, l’obiezione della Annunziata era dunque più che fondata: la politica dei ‘volti per tutte le stagioni’ deve finire, caro Veltroni. I giovani devono avere la possibilità di riappropriarsi della loro vita, delle loro speranze, delle loro idealità e imparare a rappresentarle, a manifestarle, in buona sostanza a ‘produrre discorso’. Spesso, essi vengono accusati di passivismo, di qualunquismo culturale, di menefreghismo familistico in quanto ‘viziati’ da una società opulenta che permette loro di ottenere tutto ciò che vogliono senza sforzi, senza fantasia, senza sacrifici. Ebbene, io ritengo che ciò non sia affatto vero: molti giovani hanno ‘fame’ di politica e vengono invece ‘ammorbati’ da una situazione generale di immobilismo, psicologicamente indotti al disimpegno, al pensare ad altro, commercialmente distratti dal consumismo generale e da modelli di comportamento mediaticamente imposti. Anche per sensibilità, per un quieto vivere interno alle loro stesse famiglie, molti ragazzi sono sostanzialmente diseducati alla dialettica democratica, culturale e politica. Bisogna dunque far qualcosa, su questo versante. Magari rilanciando le antiche scuole di Partito. Altrimenti, ha ragione Grillo: l’unico ‘canovaccio’, la sola sceneggiatura riconosciuta e interpretata come valida, nel mondo della politica italiana, è quello del film horror: ‘Il ritorno dei morti viventi’.