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22 Novembre 2024

Bobo Craxi: "I Governi e i politici si misurano dai risultati"

di Raffaella Ugolini
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Bobo Craxi: "I Governi e i politici si misurano dai risultati"

L'ex sottosegretario agli Affari Esteri ha tracciato insieme a noi un primo bilancio della situazione politica venutasi a creare dopo il clamoroso risultato referendario dello scorso 4 dicembre, che ha respinto la deriva 'giovanilistica' di Matteo Renzi

Il recente referendum che ha respinto la riforma costituzionale proposta dal Governo Renzi ha visto, tra i tanti, anche un altro vincitore: Bobo Craxi, che ha costituito e animato un proprio Comitato di socialisti per il ‘No’, distaccandosi dalla linea del segretario nazionale del Psi, Riccardo Nencini. Lo abbiamo dunque voluto incontrare per cercare di capire da dove derivasse la sicurezza dei sostenitori del ‘Sì’, quando il fronte contrario alla riforma, definita spregiativamente “accozaglia”, risultava assai numeroso e variegato. Ecco, dunque, il parere dell’ex sottosegretario agli Affari Esteri del Governo Prodi di fronte all’insidiosa crisi di Governo che abbiamo appena superato, in seguito alle dimissioni di Matteo Renzi e del suo esecutivo.

Onorevole Craxi, cominciamo con una domanda molto sintetica: perché non si è potuto andare a votare il prima possibile?
“Finché non c’è una legge elettorale equilibrata e legittima, questo non è possibile. Le emergenze di carattere economico e lo scenario internazionale, globale ed europeo, impongono all’Italia una motivata responsabilità e stabilità, non una ennesima, lunga ed estenuante campagna elettorale. Di questo ne sono consapevoli tutte le forze politiche e le personalità più avvertite, che hanno a cuore la stabilità e l’autorevolezza del nostro Paese. A cominciare dal Capo dello Stato, che si è mosso con grande equilibrio”.

L’esito del referendum è stato, per molti, stranamente inaspettato: come mai?
“Può darsi che sia risultato strano a molti, ma non per me: ho girato l’Italia in lungo ed in largo e si percepiva un umore, un’atmosfera e una volontà partecipativa che, da sé sola, avrebbe messo in difficoltà il ‘Sì’. La lunga campagna mediatica, l’eccessiva politicizzazione e la personalizzazione hanno fatto il resto. Evidentemente, sono da modificare i parametri mediatici: non è detto che un messaggio ripetitivo e ossessivo provochi, per sua natura, consenso. Un responso così largo ha dimostrato come vi sia stata un’overdose e un conseguente ‘rigetto’. Poi sussistono, naturalmente, tutte le letture politiche del voto: è vero, per esempio, che il fronte del ‘No’ non era politicamente ‘omogeneo’. Così come è altrettanto vero che il 40% del ‘Sì’ è il risultato di un insieme di fattori altrettanto disomogenei. Si può dire che il voto vada maggiormente ‘sezionato’, nelle sue motivazioni. Ma quello che mi ha sorpreso, in realtà, è stata la sua ‘omogeneità territoriale’ e la suddivisione del consenso per fasce di età. Francamente, avevo compreso, sbagliandomi, che l’energia e il dinamismo ‘renziano’ avesse prodotto consenso presso i giovani. Evidentemente, non è stato così: i Governi e i politici si misurano dai risultati, non dall’età. E questo è un altro dato di cui dovremo tener conto, in futuro”.

Molti, in questi anni, si sono ‘sperticati’ in parallelismi tra Matteo Renzi e suo padre, Bettino Craxi, dimenticando, invece, il temperamento del leader socialista, che utilizzava lunghe pause riflessive per giungere a sintesi politiche molto efficaci: non è un po’ troppo ‘parolaio’, Matteo Renzi, secondo lei?
“Ho osservato anch’io come il nome e la figura di mio padre Bettino sia ‘riecheggiato’ anche in questa campagna referendaria. D’altronde, se penso che una delle sfide più significative e più vittoriose per il ‘No’ sia stata condotta, in tv, dal suo ex rivale, Ciriaco De Mita, significa che i riferimenti della prima Repubblica sono ancora ben saldi, poiché essa continua a rappresentare, nonostante ci si affanni da vent’anni a dimostrare il contrario, un costante punto di riferimento della cultura politica di questo Paese. Basti pensare anche alle prime battute di questa crisi, che ha visto il riemergere del profumo antico delle ‘correnti democristiane’, con i loro ‘antichi riti’ e avvolgenti procedure. Ho già sovente risposto sull’impossibile analogia fra le due figure: il temperamento di entrambi, naturalmente, è proprio delle personalità che intendono imprimere una capacità dinamica - e non statica - al ruolo governativo. Ma sul piano della cultura politica, interna e internazionale, è evidente che le differenze sono notevoli e, alla lunga, ciò è emerso con chiarezza. Detto questo, lasciatemi anche dire che non intendo partecipare alle sgradevoli ‘prese di distanza’ nei confronti di Matteo Renzi che leggo in queste ore. Così come non ho mai partecipato, in questi ultimi due anni, al ‘servile encomio’ di chi non possiede la cultura politica dell’autonomia, propria, invece, di una parte della tradizione della sinistra italiana, innanzitutto di quella socialista”.

Qualcosa sul Psi, che si è anch’esso ‘infranto’ sugli 'scogli' di una sconfitta evidente: quella di Nencini nei confronti del Pd è una sorta di ‘sindrome di Stoccolma’? Oppure, il suo 'appiattimento' è motivato dalle comuni origini fiorentine con Matteo Renzi?

“Nencini ha portato via via il nostro Partito a diventare una ‘frazione di complemento’ della ‘tolda’ di comando che stava a Palazzo Chigi. Penso che abbia coltivato anche l’ipotesi di aderire alla prospettiva di dar vita al ‘Partito della Nazione’, unendo aree diverse, così come ha già mostrato interesse all’auto-candidatura dell’ex sindaco, Giuliano Pisapia, alla guida di una sinistra ‘esterna’ al Pd, non so bene in nome di che cosa. Credo che il Partito abbia patito questa sua condizione: non abbiamo avuto la forza di presentarci alle elezioni europee e anche le amministrative hanno segnato un punto d’arresto. Inoltre, la logica della subalternità ha prodotto la ‘fuga’ di un pezzo del gruppo parlamentare direttamente nel Pd. Questa stagione politica è ormai alle nostra spalle: bisognerà analizzare con calma le ragioni della loro sconfitta, ma è chiaro che, una volta fatto, si dovrà voltare pagina”.

Cosa dovrebbe fare, adesso, il Psi?
“Cercare di rilanciarsi in una prospettiva di nuova unità nella discontinuità, cercando di stabilire comuni obiettivi - primo fra tutti una lista elettorale socialista - che tengano conto della fase politica che sta mutando. Mi auguro vi sia anche il tempo, necessario e sufficiente, per stabilire un appuntamento congressuale, che possa riaccogliere tutti coloro che sono parzialmente usciti dal Partito. Non mi riferisco a noi dell’Area socialista, che abbiamo svolto un’iniziativa politica consistente anche durante la recente campagna per il ‘No’, ma a quegli elettori in cerca di un nuovo approdo nella grande Storia del socialismo italiano. Ciò può avvenire solamente attraverso un’assemblea politica che assegni nuovi compiti a una forza, seppur minoritaria, che rappresenta una tradizione importante per la sinistra italiana ed europea. Mi pare che i nuovi soggetti del socialismo del nuovo secolo siano tutti coloro che sono rimasti senza rappresentanza nel mondo del lavoro, siano essi i giovani o i lavoratori esclusi, dimenticati dalla crisi. E i professionisti e gli imprenditori piccoli o medi, in particolare nel Mezzogiorno, che rimpiangono, stavolta è il caso di dirlo, una forza politica di solida esperienza, che torni nuovamente a rappresentare i loro bisogni. Mi auguro, insomma, che vi sia il tempo necessario per stabilire un appuntamento congressuale che sia, però, innovativo nella sostanza, ma anche nella forma. Ci dev’essere una base aggregativa certa, ma anche non escludere affatto un'apertura a chi socialista si dichiara tutti i giorni e sono anni che non prende una tessera di Partito. Bisogna inoltre saper coinvolgere maggiormente i giovani, attraverso i moderni strumenti che sono, oggi, a nostra disposizione”.

E lei? Cosa farà? La attende nuovamente un ruolo di Governo, oppure preferisce tornare in parlamento?

“Nonostante io possa essere percepito come un uomo della cosiddetta ‘casta’ sono più di otto anni che mi tengo lontano dalle cariche elettive: mi sono ripreso la mia vita, immergendomi in nuove attività, come mi capitò di fare già alla fine della prima Repubblica, allora più ragazzo. Questo non mi ha impedito di continuare a parlare, scrivere, incontrare gli amici e i compagni, italiani e anche del resto del mondo, battendomi per le idee in cui credo, come avvenuto nella recente consultazione referendaria in cui ho animato, assieme ad altri compagni e amici, il Comitato dei socialisti per il ‘No’. Farò politica come ho sempre cercato di fare: cercando di mettere a frutto la mia esperienza e quelle due o tre cose che ho imparato in ‘casa’: in quella socialista e in quella paterna”.

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