I recenti appelli per un unico soggetto laico, liberale e riformista che in questi giorni stanno animando il dibattito politico interno appaiono - e forse sono, purtroppo - alquanto tardivi. Il progetto politico del ‘Pololaico’, discusso per intere notti durante la caldissima estate del 2000 dal sottoscritto, da Vittorio Sgarbi, da Marco Taradash e da Giovanni Negri proprio in casa della signora Stefania Craxi, se fosse approdato allora verso quei naturali obiettivi di influenza e di condizionamento liberaldemocratico e riformista del centrodestra avrebbe rappresentato, oggi, una realtà perfettamente esistente, in grado di svincolare l’intera area moderata italiana dall’obbligo di un accordo a tutti i costi con la Lega Nord. Quel progetto naufragò, sappiamo tutti bene perché e a causa di chi: non si volevano dei ‘rompiballe’ in quella ‘Casa delle Libertà’ che, a dispetto del nome, rappresentava un vero e proprio agglomerato di ‘yesman’ e di personaggi politici inqualificabili. La questione venne risolta in pochi mesi: Giovanni Negri risultava troppo marcatamente radicale; Marco Taradash era politicamente insidioso, poiché nelle sue operazioni del passato aveva già cercato di attuare un superamento della leadership ‘berlusconiana’ del centrodestra puntando su Gianfranco Fini; Sgarbi era poco gestibile in quanto vittima delle proprie ‘umoralità’, pur avendo spesso dimostrato qualità intellettuali decisamente al di sopra della media dei vari esponenti dell’allora Cdl; De Michelis e Martelli, infine, erano impresentabili. In campo rimanevano solamente i fratelli Craxi, Chiara Moroni e il sottoscritto, tutti orfani di padre che, infatti, si adoperarono a far nascere quel Nuovo Psi immediatamente definito, con cinico ‘pietismo’: “Il Partito degli orfanelli”. La pattuglia di deputati che riuscì ad approdare in parlamento nel 2001 cercò subito di rappresentare un nuovo embrione di area laica all’interno del centrodestra, puntando al recupero di un rapporto con l’allora Sdi di Boselli, al fine di portare a risoluzione la questione della diaspora socialista, nonché cercando di gestire i vari narcisismi parlamentari, spesso puramente ‘scenografici’, di Giorgio La Malfa e di altri. Quella legislatura fu decisiva per la morte definitiva del progetto di unità laica: secondo Berlusconi e Tremonti, il rapporto con la Lega Nord rimaneva strategicamente prioritario, anche se proprio il Nuovo Psi, assieme all’Udc, riuscisse talvolta a fornire un prezioso apporto nel riequilibrare i rapporti di forza interni al centrodestra. Ma esso rimaneva una piccola formazione strumentalizzabile, assolutamente ancorata ai tatticismi e alle contingenze politiche più immediate, senza alcuna vera spinta propulsiva verso il contemperamento delle reali esigenze politiche e civili della società. In particolare, su temi come il divorzio breve o la procreazione medicalmente assistita (Legge n. 40 del 2004), in cui il Nuovo Psi era spesso costretto a strappare a sinistra quella comprensione che, a destra, proprio non riusciva a ottenere. Fu tentato di tutto: emendamenti migliorativi, discussioni interne, dibattiti pubblici, numerosi ‘vaffa’ in ‘cirillico’. Niente da fare: la linea rimaneva ‘immobilista’. Persino qualche esponente del Nuovo Psi, come l’allora sottosegretario al Miur, Stefano Caldoro, finiva per confessare una propria personale ‘contaminazione’ cattolica, andando a rafforzare quell’area post democristiana di Forza Italia la quale, assieme alle spire più accidiose di Alleanza Nazionale e al conservatorismo populista della Lega Nord, finì col relegare il Nuovo Psi in una posizione di assoluto isolamento. Sappiamo tutti com’è andata: con il referendum sulla procreazione assistita del 2005, l’ignavia cattolica controriformista riuscì a mettere la ‘sordina’ a una campagna che numerose sentenze della Corte di Cassazione degli anni successivi dimostrarono assolutamente fondata, nonché legislativamente sensata. Forse è sicuro che, allo stato, la situazione non è poi cambiata di molto (anzi, è addirittura peggiorata…). E forse è vero che nulla impedirebbe, oggi, nuovi tentativi nella direzione di una riproposta laico-riformista libera e autonoma, equidistante da ogni schieramento. Rimane, tuttavia, la responsabilità politica di molti amici - che il sottoscritto si ostina, ancora oggi, a ritenere tali, almeno sotto il profilo dei rapporti personali - per non aver fatto allora quel che qualcuno vorrebbe realizzare oggi. Ostracismi di vario genere e tipo, attacchi personali e, talvolta, insulti poco giustificati hanno costellato la vita di quel ‘sottobosco laico’ devastato da una sorta di colonizzazione ‘berlusconiana’ utilitarista e piccolo borghese, moralmente responsabile, più di ogni altro schieramento politico, del fallimento della seconda Repubblica. Certamente, oggi appare quanto mai necessario fondarne una ‘terza’ di Repubblica, una vecchia ‘buona idea’ proprio dell’onorevole Stefania Craxi. Ma ciò avviene solo perché in molti, ormai, hanno finalmente compreso il precipizio verso il quale il sistema ha finito col dirigersi. Denunciare tale ritardo appare, dunque, quanto mai corretto. Soprattutto perché occorrerebbe evidenziare, a questo punto, le effettive responsabilità politiche di chi non ha saputo cogliere quelle giuste tempistiche e quelle tematiche liberali già da tempo assolutamente necessarie per un’effettiva modernizzazione civile, sociale e persino intellettuale del nostro Paese. Fu una grande occasione, quella degli anni 2000 – 2005, un’opportunità che venne persino confermata dal dignitoso risultato elettorale del Nuovo Psi alle elezioni europee del 2004. Ma tutto venne ridotto a un livello di rivalità personali, a mera ‘politique d’abord’, in cui quella personalizzazione politica indotta dall’impostazione ‘berlusconiana’ finì col prevalere e distruggere ogni opzione dotata di un minimo di lungimiranza, eticamente disinteressata rispetto alle convenienze immediate dei singoli esponenti. L’apporto del sottoscritto, per esempio, fu sempre quello di adoperare le proprie capacità ‘tecniche’ e le proprie qualità umane più diplomatiche nel tentativo di far intendere, sin da allora, quanto un interesse collettivo ‘laico’ fosse più ‘alto’ rispetto alle diverse esigenze o competizioni personali: mai ho avanzato pretese maggiori che non fossero quelle di una disponibilità personale a lavorare giorno e notte senza defezione alcuna - nemmeno per motivi di salute - alla costruzione di un’area laica indipendente e autonoma. Forse è vero che, in politica, qualità umane come la simpatia, la generosità e la bontà d’animo non bastano a far stare assieme tutti quanti. Il fatto stesso che quasi ogni singolo personaggio di ogni formazione politica, nel corso dell’intera legislatura 2001 – 2006 sentisse il bisogno, quasi tutte le sere, di passare a salutarmi per scambiare quattro chiacchiere non bastò a sconfiggere il cinismo e l’opportunismo dominanti. Ci voleva ben altro, lo ammetto. Ma la lezione impartitami in quegli anni proprio da coloro che dicevano di professare una ‘cristallina coscienza laica’ fu esattamente quella di un individualismo portato all’eccesso, che non ammetteva mediazioni di sorta, di un liberalismo anarcoide attratto più dai ‘ghiribizzi’ che dal sano sudore dell’intelletto, di un vero e proprio fastidio nei confronti di ogni qualsivoglia genere e tipo di analisi sociale o di categorizzazione culturale. A parte le eccezioni di Bobo Craxi, Emma Bonino e Saverio Zavettieri, nessuno fu mai interessato più di tanto a tamponare quella deriva personalistica della politica che ci stava portando verso la disistima più profonda da parte dei cittadini. Ognuno ha portato avanti solo ed esclusivamente se stesso. Ed è tardi, oggi, per cercare di invertire questa tendenza. Bisogna fare uno sforzo ‘alto’: questo è quanto ha scritto qualcuno, in questi giorni, sul ‘Corriere della Sera’. È vero: le cose stanno esattamente così. Eppure, quello sforzo fu tentato, in passato, anche se da poche persone rimaste inascoltate, quando non seppellite dalla disapprovazione di una maggioranza di ‘cortigiani’. Chi lo ha pagato il ‘conto’ di tutto questo? Ve lo dico io: i cittadini, che oggi si ritrovano a dover constatare una macchina pubblica in mano a burocrati incapaci o a professionisti che non sanno nemmeno far giù la lettera ‘O’ senza l’aiuto di un bicchiere. Tutta gente portata avanti da altra gente, senza reali meriti o effettive capacità. Persino quella libera circolazione delle idee, che sembrava essere la formula giusta per permettere un dialogo aperto e costruttivo tra le diverse forze politiche, risulta ormai interrotta o quanto meno ‘consunta’, in attesa che si possa per lo meno cambiare il ‘mazzo’ delle ‘carte’ con cui giuocare la nuova ‘mano’. Mentre la Politica - quella con la ‘P’ maiuscola - appare totalmente screditata agli occhi dell’opinione pubblica per colpa di “un’accozzaglia di lacché”, tanto per citare quel Garibaldi tanto amato da Bettino Craxi (e dal sottoscritto...). L’essenziale, a questo punto, rimane che una parte del mondo moderato italiano comprenda come vi siano una serie di tematiche, di natura etica e civile, intorno alle quali il Paese deve obbligatoriamente allinearsi alle altre nazioni europee ed occidentali. È proprio l’Italia intera a dover fare un passo in avanti, nella fase che ci accingiamo a predisporre. Che Vendola o altri non possiedano un accertato ‘pedigree’ riformista conta assai poco, a questo punto. Soprattutto se essi si dimostreranno utili, in futuro, ad affrontare la nuova stagione politica mediante una critica maggiormente costruttiva, in grado di chiarire alcune realtà sociali che, attualmente, languono ai confini della disperazione civile. Perché proprio questo è quanto mi avete insegnato voialtri sedicenti ‘liberali’: che i Giuliano Ferrara fulminati sulla via per Damasco erano comunque d’aiuto per sconfiggere l’estremismo ‘laicista’ delle sinistre. Bene: allora anche i Vendola, i Pisapia e persino i Marco Travaglio potranno risultare utili, un domani, ad aprire un nuovo dibattito ‘laico’ intorno ai diritti e alle libertà pubbliche del singolo individuo. Magari distinguendo tali argomentazioni da quel cinismo personalistico e da quei ‘deliri di onnipotenza’ che ci hanno condotti sull’orlo del baratro.