Fermo restando che tutti gli altri Partiti del panorama politico italiano continuano a dimostrare un’incredibile arroganza, una pressoché totale mancanza di competenza ed evidenti tendenze alla gestione parassitaria dei propri apparati burocratici interni, non si può non essere d’accordo con il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, il quale in questi giorni ha provato ad avvertire gli italiani circa i rischi di un’eventuale nuova vittoria del centrodestra guidato da Silvio Berlusconi alle elezioni di domenica e lunedì prossimi venturi. Molti elettori italiani, infatti, hanno il torto di ostinarsi a voler guardare unicamente il proprio ‘ombelico’, senza voler comprendere sino a che punto sia a rischio la nostra credibilità in molti ambienti internazionali, quanto siano certi, verificabili, sicuri, determinati scenari catastrofici circa la tenuta dei nostri conti pubblici o la scarsa stima verso alcuni nostri ‘operatori’. Oltre a esser messa in forte discussione la serietà personale di Berlusconi, risultano ‘sotto i riflettori’ gruppi di interesse e categorie sociali che il centrodestra italiano intende continuare a difendere, o che da sempre rappresenta, tutta una serie di personaggi scomodi, dalla scarsissima affidabilità imprenditoriale, finanziaria e in qualche caso persino morale. Sbaglia Bersani a pensare che il problema sia principalmente il conflitto di interessi o la posizione monopolistica di Silvio Berlusconi sul mercato editoriale e pubblicitario italiano: nel centrodestra si aggirano una serie di amministratori locali e molteplici personaggi legati ad ambienti impresentabili, a forme di imprenditoria ricattatoria, a metodi di gestione del denaro, pubblico o privato che sia, i quali, per mera avidità personale, non garantiscono l’efficacia o l’effettiva fruizione di alcun servizio o impresa di cui il Paese avrebbe bisogno. Proverò a porre un esempio ‘di scuola’, al fine di spiegare in linea generale come avvengono certi ‘loschi’ affari in varie parti d’Italia: alcune società hanno un’idea e si associano aiutandosi vicendevolmente nell’organizzazione di un’impresa; una terza azienda si affianca alle prime due, al fine di garantire una serie di servizi in grado di facilitare la diffusione e la pubblicità commerciale dell’offerta che si intende fornire alla collettività. Per riuscire a finanziare l’operazione teorizzata, a un certo punto entrano in campo una serie di personaggi che creano, a loro volta, una quarta società, a cui le prime tre sono costrette ad associarsi per poter ottenere il finanziamento istituzionale o bancario, perdendo così ogni diritto alla benché minima trasparenza di gestione dei fondi che vengono raccolti. E senza una reale ricaduta occupazionale, poiché i giovani laureati che generalmente vengono coinvolti, lo sono attraverso contratti a tempo determinato o, addirittura, in ‘nero’, con compensi ‘forfettari’ paragonabili a delle vere e proprie elemosine. Questa è l’idea di capitalismo che generalmente praticano questi qui. E’ tutto chiaro, adesso? Lo capite perché l’Italia necessita di una legge anticorruzione e per quale motivo su questo fronte siamo agli ultimi posti d’Europa? Si comprende perché tutti ci osservano col ‘fucile puntato’? L’Unione europea ha già avuto, in passato, le sue belle delusioni nei confronti dell’Italia, poiché svariate volte, in passato, determinati fondi destinati a una serie di iniziative sono scomparsi nel giro di 20 minuti, oppure ancora hanno dovuto trovare altre destinazioni a causa di progettazioni predisposte con scarsa capacità professionale - altro enorme problema della maggior parte degli entourages professionali del centrodestra, in numerose zone del nostro Paese e non soltanto al sud - ovvero non rispondenti ai requisiti richiesti. Insomma, la questione è quella di un ceto piccolo borghese arruffone e incapace, pasticcione e, talvolta, imbroglione, capace di far scendere la credibilità internazionale del nostro Paese al di sotto di quella dei Paesi dell’est europeo o dell’ex Jugoslavia. Il problema del centrodestra non è legato solamente all’ormai discutibile immagine di Silvio Berlusconi, ma agli ambienti sociali che esso si ostina a voler garantire in cambio del voto: veri e propri circuiti di ‘squali’ avidi di danaro, privi di ogni forma di etica morale e imprenditoriale, abituati a gestire ogni forma di impresa sulla base di un potere aziendalistico che non è affatto moderno o all’avanguardia, bensì ama reiterare tutti i vecchi vizi del nostro tessuto socioeconomico, dal parassitismo al ricatto nei confronti di chi intende svolgere una professione, totalmente antimeritocratico nelle scelte di gestione interna delle singole imprese, arrogante e sprecone sotto il profilo della misurazione e rendicontazione delle spese. Volete continuare a consegnare il Paese a gente del genere? Non è forse il caso, questa volta, di ‘stoppare’ un certo modo di fare azienda, tutta una serie di metodologie di falsificazione dei bilanci, di fondi doppi e tripli, di fatturazioni ‘gonfiate’? Addirittura - lo scrivo per far finalmente comprendere quali tipi di paradossi si vengono a creare in questo pazzesco Paese - in alcune situazioni sussistono metodi assolutamente legali e previsti dalla legge per fatturare una collaborazione professionale esterna senza alcuna ricaduta fiscale, ma si preferisce ignorarli per pura pigrizia mentale o per l’insana abitudine a evadere l’Iva. E voi volete ancora credere alle promesse di questi qui? Va bene, carissimi elettori italiani: vediamo quale altro bel capolavoro siete capaci di creare, questa volta, con Grillo e Berlusconi in campo. Siamo tutti qui in trepidante attesa del nuovo colpo di genio di un popolo che nulla sa, su niente si informa veramente e che nulla legge o impara, come recentemente confermato dall’Istat, poiché da sempre abituato a vivere al di sopra dei propri mezzi, nell’attesa provvidenzialista delle consuete oligarchie imprenditoriali, politiche o religiose.