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23 Novembre 2024

Mario Pascale: “Non fidatevi di chi la ‘spara’ più grossa”

di Carla De Leo
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La politica ha bisogno di volti nuovi e persone oneste: è questo il caso di Mario Pascale, candidato per la lista civica ‘Una rosa per Roma’, che promette progetti innovativi e una vera e propria ‘svolta’ culturale per la capitale d’Italia

Mario_Pascale.jpgMario Pascale è un giovane candidato alla carica di consigliere comunale di Roma per la lista civica ‘Una rosa per Roma’, alleata con la coalizione che sostiene Roberto Giachetti a sindaco della capitale d’Italia. Lo abbiamo incontrato in questi giorni sulla piazza del Campidoglio, per ascoltare e valorizzare un candidato diverso dal solito, che ha voluto mantenersi lontano dai clamori e dalle polemiche di una campagna elettorale che ci è parsa, per molti aspetti, piuttosto ‘sui generis’.

Mario Pascale, lei è alla sua prima esperienza politica?

“No: non è la mia prima esperienza politica, poiché io vengo da Civitavecchia, dove sono già stato candidato alle elezioni comunali e sono anche stato amministratore locale, con un incarico affidatomi dall’assessorato alla Cultura e, in seguito, presso la biblioteca. Oggi, sono ‘sbarcato’ qui a Roma”.

Qual è il suo commento su quanto dichiarato nei giorni scorsi da Giorgia Meloni riguardo a un’ipotetica strada da intitolare a Giorgio Almirante?
“E’ un po’ di tempo che questa cosa si ripete: periodicamente, la destra italiana prova a proporre quest’idea. La trovo semplicemente un’idea malsana. E ciò per due motivi: 1) Roma è città di antifascismo e questo lo debbono capire bene; 2) è mai possibile che, in tutto questo tempo e in tutti questi anni di presunta ‘normalizzazione’, voi della destra non sapete far altro che far riferimento ad Almirante? Almirante, da tempo è deceduto: se avete nuovi contenuti, tirateli fuori. Posso dire una cosa direttamente a Giorgia? Giorgia: dovrai passare sul mio cadavere…”.

A questo punto, semmai questa cosa dovesse succedere, non sarebbe opportuno intitolare una strada anche a Bettino Craxi?

“Casomai la cosa dovesse succedere, in un clima di ‘pacificazione nazionale’, la ‘cosa’ ci potrebbe anche stare. Io, comunque, sottolineerei una certa differenza: Craxi, con i suoi difetti, con le sue luci e le sue ‘ombre’, era un uomo di sinistra ed è stato un grande statista; Almirante, ahimé, uno statista non lo è stato mai: era solo una persona che sapeva ‘urlare’ e che sapeva urlare bene. Craxi, invece, le cose le faceva…”.

Questa campagna elettorale si è rivelata ‘infuocata’, ma anche piuttosto ambigua: cosa ne pensa, per esempio, dell’intenzione espressa da Alfio Marchini di costituirsi come obiettore di coscienza pur di non celebrare le Unioni civili?
“L’obiezione di coscienza è una cosa che fa male a tutti i diritti. Io farei notare, semplicemente, il grosso dramma che viviamo ogni giorno con la legge sull’aborto, dove quasi tutti i medici si dichiarano obiettori e chi vuole applicare la legge viene discriminato, poiché gli vengono fatti fare solo aborti. Oggi, un ginecologo con la coscienza pulita, aperto e democratico, è bloccato dal punto di vista professionale. Ma cosa vuol dire fare obiezioni di coscienza? Beh, Marchini, se diventerà sindaco, dovrà fare, appunto, il sindaco: ovvero, dovrà obbedire a una legge dello Stato e non potrà fare obiezione di coscienza. In secondo luogo, pongo un altro problema: se Marchini, per avere i voti di 4 ‘perpetue’, è disposto a fare obiezione di coscienza su un tema così delicato per avvicinarsi alle strutture gerarchiche della Chiesa cattolica, quando dovrà parlare con i costruttori, i quali avanzeranno le loro ‘giuste pretese’, diciamo così, cosa farà? Prenderà un ‘pezzo’ di Villa Borghese e chiederà loro di costruire una dozzina di villette? Bisogna riflettere bene su questo paradosso, perché Marchini cede un po’ troppo alle influenze e alle richieste esterne. Un sindaco dev’essere ‘il sindaco di tutti’ e, soprattutto, deve avere una linea politica precisa. Non è che il primo che arriva da Giachetti con ‘due voti’ subito si cede: non si fa così, Alfio. Non si fa…”.

Roma è una città con molti problemi. Tra i tanti, abbiamo quello delle Sovrintendenze: cosa si potrebbe fare perché la nostra cultura non rimanga un qualcosa di statico, dato che, ovunque si scavi, si trova sempre qualcosa e tutto si blocca, i servizi non funzionano e le ‘bellezze’ scoperte non vengono nemmeno ‘vissute’? Qual è la sua opinione al riguardo?
“Noi abbiamo questa ‘benedizione’ di vivere a Roma e di poter godere questi bellissimi panorami. Le antichità sono una cosa seria: noi le dobbiamo tutelare e valorizzare. Però, giustamente, esse non possono bloccare soprattutto la vita culturale e turistica della città. Noi, oggi, abbiamo un’attenzione grande e spasmodica di uomini, di mezzi e di finanziamenti destinati alla tutala del patrimonio artistico. Tutela, però, significa che il patrimonio artistico sta lì, in una bella ‘teca’ di vetro, per essere ammirato, mentre noi abbiamo una serie di giovani ed emergenti, anche di 35–40 anni, che per poter svolgere la loro professione artistica sono costretti ad andare all’estero. Stanno a Parigi, stanno a Berlino e lì ricevono sussidi, finanziamenti, possibilità di fare. Qui, invece, no. Allora, io dico: se è giusto conservare il nostro patrimonio storico, culturale e archeologico, allora dobbiamo anche farci carico di quello che è lo sviluppo della cultura. Possiamo ammirare una città come Roma, ma dobbiamo anche essere propulsivi, per togliere la ‘palma’ del turismo a Londra, a Parigi, a Berlino e anche a Madrid, diventando noi stessi protagonisti di una nuova cultura. Cosa serve a Roma? Servono residenze e premi per artisti, serve un nuovo modo di sostenere le librerie indipendenti, che qui a Roma è un circuito importante. Insomma, c’è un grosso lavoro da fare e il Consiglio comunale e Roma Capitale lo possono fare. Altra cosa che serve alla cultura, secondo me, è quella di avere un’attenzione maggiore per le periferie. Noi, oggi, siamo qui in Campidoglio e tutta la cultura di Roma si svolge nel centro storico: perché non rivalutare le periferie e, aggiungo, anche l’area metropolitana? Anche l’area metropolitana dev’essere considerata parte integrante della ‘città eterna’…”.

Roma, come sappiamo, non ha molte aziende ed è una città prettamente di ministeri: come togliere questo ‘carico’ dal centro storico? In che modo si potrebbe ‘snellire’ il peso che grava solo ed esclusivamente sulla città ‘vecchia’?
“Io sono un sostenitore della delocalizzazione: tutti gli uffici che stanno in centro possono essere spostati in periferia. Non solo: le periferie hanno spazi architettonici molto vasti e inutilizzati, che possono diventare ‘incubatori’ di servizi e, perché no, di nuove aziende, magari quelle del terzo settore, specializzate nel terziario avanzato o nello sviluppo di nuove tecnologie. Sono tutte cose che possiamo fare, a partire da un dialogo ‘serrato’ con i municipi. Il Consiglio comunale di Roma deve assumere un ruolo enorme: deve diventare il luogo in cui si disegnano le nuove strategie per Roma. Ma la parte attuativa dev’essere demandata ai municipi. Devono essere loro, sul territorio, a realizzare la propria ‘visione’, perché ciò farà bene alla qualità della vita di Roma, ma farà bene anche alla burocrazia: più servizi ci sono in periferia, più si andrà a elevare la qualità della vita dei cittadini. Anche perché, dal lato economico, noi passiamo dalla cura dei parchi, alla difesa degli spazi verdi, alle attività sociali, al sostegno degli anziani: è un problema di prospettive”.

Bene, per chiudere, la esorterei a spiegarci: perché i romani dovrebbero votarla?
“Anziutto: votate Pascale e non ve ne pentirete, per alcuni semplici motivi. Pescale è una persona onesta, ma questo non lo dice Pascale: se voi andate a leggere la mia pagina Facebook, troverete molti amici del Movimento 5 stelle che con me litigano ferocemente, fino alla morte, ma poi alla fine mi dicono: ‘Sai che c’è, Pascale? Tu, in fondo, sei una persona onesta’. Il fatto che loro dicano che Pascale è una persona onesta è come se il presidente della Repubblica mi appuntasse una medaglia al valor civile. Questo, per me, è un grandissimo attestato: sono una persona onesta. E non sono io a dirlo: lo dicono ‘loro’. Seconda cosa: Pascale vive del proprio lavoro e non vuole andare nell’aula Giulio Cesare perché deve sistemare le sue ‘cose’. Terzo motivo: Pascale non si è mai occupato di edilizia in vita sua, né ha mai avuto rapporti di lavoro con il clero. Quindi, non vi preoccupate: da questo punto di vista, noi siamo totalmente ‘coperti’: Pascale non è assolutamente una ‘minaccia’. Infine, un ulteriore motivo per cui bisognerebbe votare Pascale è perché è simpatico e ha tanti capelli…”.

 

 

 


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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