Il mensile di informazione e approfondimento che
intende riunire culturalmente il nostro Paese nel pieno rispetto di tutte le sue tradizioni, vocazioni e ispirazioni ideologiche e politiche.
diretto da Vittorio Lussana
Area Riservata
27 Novembre 2024

Bobo Craxi: “Il ‘nuovo che avanza’ era più vecchio del vecchio”

di Francesca Buffo
Condividi
Bobo Craxi: “Il ‘nuovo che avanza’ era più vecchio del vecchio”

La bufera giudiziaria abbattutasi in questi giorni su Milano e gli appalti collegati all’Expo è la premessa per un nuovo capitolo oscuro dell’Italia delle tangenti. Vent’anni dopo le indagini del pool di ‘Mani pulite’ si scopre che, cambiati gli attori, la scena è rimasta la stessa e conferma, ancora una volta, la fragilità degli organi di supervisione e controllo. Ma come è potuto succedere? Ne parliamo in questa intervista con l’On. Bobo Craxi.

On. Craxi, dopo venti anni dagli scandali di ‘Tangentopoli’ nulla è cambiato?
“Sono cambiate molte cose, ma non tutte per il meglio. Si evoca con tono compiaciuto l'inchiesta di vent’anni fa, quando invece quel che è accaduto dopo appare assai più vasto e diffuso, entro un quadro di incertezza e instabilità politica congiunta a una situazione di crisi economica e sociale assai peggiore. E il ‘rimedio’ a questi mali non si è visto, né sul terreno delle riforma del finanziamento alla politica e alle sue attività, né nella lotta di contrasto alla endemica corruzione. Si stanno affannando a spiegare che “non è come Tangentopoli”. Infatti, se ci si pensa bene, è molto peggio, poiché questa classe dirigente si è riempita la bocca col ‘nuovo che avanza’ e poi ha dimostrato, invece, di essere ‘più vecchia del vecchio’: vedo molte ‘code di paglia’ da tagliare...”.

Nelle indagini della procura di Milano relative agli appalti per l’Expo risultano indagati Gianstefano Frigerio e Primo Greganti, un ex Dc e un ex Pci: ma come? Non eravate voi socialisti i padroni della “Milano da bere”?
“Sia la Dc dell’epoca che il Pci-Pds, a Milano erano perfettamente inseriti nell'ingranaggio del finanziamento illegale: è storia nota. Noi non eravamo i ‘padroni’, ma una forza politica centrale ed essenziale, in quella città, per più di cinquant’anni. In questi anni, mi pare che i ‘padroni’, come li chiama lei, siano stati altri…”.

In qualità di sottosegretario agli Affari Esteri, lei è stato uno dei principali protagonisti della vittoria di Milano su Smirne durante la campagna promozionale per l’assegnazione dell’Expo: non è che questi problemi recenti di supposte ruberie e malversazioni, o quanto meno di appalti addomesticati, rischiano di mandare all’aria tutto il buon lavoro svolto, a suo tempo, da Lei e dal Governo Prodi?
“Certamente mi spiace di aver percorso migliaia di chilometri affinché qualcuno tornasse a operare in modo disonesto. Il rischio di infiltrazioni e di ‘malagestione’ erano stati preventivati, ma non immaginavo la fragilità degli organi di supervisione e controllo: c’è stata una palese ‘negligentia in vigilando’. Ricordo che, al tempo della campagna promozionale, fatto salvo l’impegno del Governo e del sindaco Moratti, eravamo circondati da una coltre di scetticismo e di pessimismo circa l’esito della nostra battaglia. Poi, all'improvviso, sono saliti sul ‘carro del vincitore’ proprio coloro che ci avevano criticati e boicottato e che, oggi, vedo indicati come approfittatori. La vita, effettivamente, è una ruota che gira…”.

Vicende come quelle di Milano o quella di Scajola e Matacena rappresenteranno un vantaggio per i movimenti populisti, secondo lei, alle prossime elezioni europee del 25 maggio?
“Tutto ciò che dà un segnale di degrado della vita pubblica o che mette al centro delle cronache uomini delle istituzioni alimenta, com’è naturale, il distacco dei cittadini e contribuisce al rafforzamento di movimenti politici che hanno come obiettivo lo ‘squagliamento’ del sistema e la fine dell'Unione europea. In ciò, intravedo chiaramente forze e poteri che non sono solo nazionali. E la nuova classe dirigente, di fronte a questi accadimenti, rischia di fare la ‘fatica di Sisifo’, rendendo vano ogni proposito di riforme e cambiamenti. Da questo punto di vista dovrebbero essere incoraggiati a proseguire correggendo, tuttavia, errori e storture che non sono mancate”.

Non crede che proprio il progetto di un’Unione europea più forte, politicamente unita e compatta, rischi di svolgere una funzione di ‘parafulmine’ di tante vicende che con l’Europa, in realtà, hanno poco a che vedere?
“Nel voto del 25 maggio, al centro della decisione dei cittadini c’é l'Europa e una sua evoluzione positiva. Un’evoluzione che potrà esserci se verranno introdotte nuove e più convincenti forme di controllo democratico e di ‘sburocratizzazione’. Se si cede, come è avvenuto, sovranità nazionale e in cambio si riceve austerità e recessione diventa assai facile cercare un ‘capro espiatorio’ di tutti i problemi, anche quelli che non derivano dall’Europa. Habermas ha scritto di recente che “rinunciare all’Unione europea per noi sarebbe come prendere congedo dalla Storia mondiale”: ha perfettamente ragione. Però questa Europa, così com’è non funziona: va cambiata e va fatto prima che venga travolta dai suoi stessi errori. E io credo che questa volta sia possibile farlo politicamente, poiché per la prima volta i Partiti europei indicheranno, ciascuno, una figura di riferimento politica che prescinderà dall’appartenenza nazionale: questo è già un primo ‘passo’ fondamentale”.

Il problema di queste elezioni europee è quello di chiedere, in futuro, “un’Europa più light” come dice il premier, Matteo Renzi, oppure quello di ottenere un cambiamento radicale delle politiche economiche, mandando cioè in minoranza i Partiti conservatori e le loro politiche di austerità?
“Non tutte le dottrine circolanti in Europa sviluppano una teoria conservatrice e sorda alle esigenze di ‘cambio di passo’ sul piano economico. È evidente che, se vogliamo mantenere in Europa il nostro stato sociale sarà necessario fare uno sforzo comune per superare tutti assieme l’ingente volume debitorio complessivo: qui sta il carattere della ‘svolta’, politica ed economica, che si va cercando. Diversamente, assisteremo a un galleggiamento propedeutico al progressivo abbandono della moneta unica e, quindi, del presupposto stesso della nostra unità continentale”.

Il riformismo di Renzi appare molto spesso estemporaneo, alle volte persino un po’ ingenuo, lontano dalla realtà sociale italiana ed europea: è così?

“La campagna elettorale europea viene vissuta un po’ da tutti quasi come un ‘accidente’. Eppure, il cuore delle nostre difficoltà nazionali nasce proprio da questo rapporto ‘squilibrato’ con l’Unione europea: la destra sta denunciando la cosa con toni più accesi, spinti sino al confine della secessione; la sinistra, attraverso ‘sfumature euroscettiche’, le quali finiscono col far pendere la bilancia a favore di chi contrasta ‘in nuce’ l’idea di Europa (lo ripeto, di ‘questa’ Europa…). Eppure, c'è anche un sentimento ‘particolare’ nelle nuove generazioni, le quali coltivano il sogno degli Stati Uniti d’Europa come possibile da realizzare, o una realtà già presente. La sinistra italiana, non dimentichiamolo, fu dapprima ostile all’Unione europea. E solo negli anni ‘80 determinò una svolta decisiva attraverso l’Atto unico, Maastricht e l’adozione della moneta unica. Nessuno di quei protagonisti è rimasto in campo sulla scena nazionale, fatto salvo il capo dello Stato. Ma da qui è derivato un evidente deficit di leadership nella gestione di questo passaggio storico, molto difficile e gravido di incognite”.

L’Italia, rispetto agli altri Paesi europei, mostra di avere un Partito dei moderati che appare tutt’altro che moderato e un Partito dei riformisti che sembra tutt’altro che riformista: è mai possibile che tutte queste stranezze e ‘anomalie’ dovevano capitare proprio a noi? Perché? Cosa abbiamo fatto di male? 
“Sì, l'Italia possiede una condizione politica ‘anomala’, ma sussistono delle ragioni e delle ‘spinte’ che possono tendere verso una ‘normalizzazione’, nel senso positivo di questo termine. In questa fase, sono nell’arena tre leader essenzialmente ‘videocratici’, che acquisiscono o hanno acquisito la loro forza dalla propria capacità, formidabile, di rivolgersi direttamente al popolo, senza la mediazione dei corpi intermedi, rappresentati un tempo da forze politiche tradizionalmente organizzate. Questo li rende, ad un tempo, più forti, determinando tuttavia una fragilità del sistema politico nel suo complesso. Ricostruire un ‘tessuto politico’ tradizionale non sarà affatto semplice. Pretendere, tuttavia, che nelle forze politiche, nei gruppi dirigenti del Paese e nelle assemblee elettive si reintroduca un principio di delega democratica potrebbe offrire al Paese la possibilità di cambiare veramente, riformando le istituzioni senza stravolgere quello spirito democratico sulle cui fondamenta poggiano i nostri principi costituzionali. I quali, non dimentichiamolo, privilegiavano la democrazia dei Partiti, non quella dei talk show…”.

E voi socialisti? Questo accordo del Segretario Nencini col Pd a cosa è servito? Non vi ha letteralmente cancellati dalla scena politica? Oppure si è trattato solamente di una mossa ‘attendista’, finalizzata a evitare al Psi una campagna elettorale difficile e molto dispendiosa?
“Mentre invio a tutti i compagni, in questo momento impegnati nelle campagne elettorali, prevalentemente amministrative, il mio più pieno e convinto sostegno - impegno che sto affrontando e che ho affrontato anche direttamente in occasioni pubbliche - non posso non sottolineare come l’assenza di una lista socialista alle elezioni europee sia stato non un errore grave, ma gravissimo. Valuteremo l’esito di questo ‘Patto federativo’ in termini di voti e di eletti, ma a me pare sin d’ora che non sia stata affatto un'idea brillante. I socialisti impegnati in molte elezioni amministrative si sono visti venir meno un supporto essenziale a corredo della loro campagna: il Psi e i suoi dirigenti sono letteralmente scomparsi dalla campagna elettorale e molti si domandano se l’assenza della nostra lista sia stato il prezzo pagato per una nostra partecipazione al Governo. Lo stesso Pd, con l’assenza di un partner che avrebbe potuto catturare consensi in ‘libera uscita’, o parcheggiati nell’astensionismo, affronta una campagna tutta in solitario. Il socialismo europeo lo si può continuare a sostenere, a maggior ragione da socialisti italiani. Comunque, vedremo e ragioneremo più avanti. Purtroppo, la sensazione di disagio è forte e diffusa: difficile negarlo. Detto questo, avendo il Partito assunto un impegno, è giusto che lo rispetti fino in fondo, sostenendo i compagni candidati ovunque, compreso nel Partito democratico”.

Infine, un suo parere sul teatro di crisi apertosi tra Russia e Ucraina: cosa c’è dietro a questa contesa internazionale? Si tratta solamente di popolazioni che si sentono più vicine a Mosca anziché a Kiev, oppure ci sono di mezzo interessi economici e risorse energetiche di importanza capitale?

“Si è aperta una crisi che rischia di protrarsi per lungo tempo e le cui conseguenze saranno negative sia per l'Europa, sia per l’Italia. I processi di disgregazione dell'Unione sovietica non si perdono nella notte dei secoli: se si fanno i conti, sono passati poco più di due decenni. Ma l’Europa oggi è più fragile e gli Stati Uniti appaiono in evidente affanno politico ed economico, mentre nuovi attori si sono affacciati nel mondo, in particolar modo a est, con un enorme potenziale attrattivo. Tuttavia, la crisi e l’instabilità dell’area mediterranea non rende meno precario il terreno su cui si giocano vecchi e nuovi disegni egemonici sullo sfondo d’interessi economici e di sopravvivenza enormi. Il sentimento che deve prevalere è perciò quello di una soluzione bene ordinata anche dello sfaldamento della Repubblica Ucraina, magari attraverso un suo avvicinamento all’Europa con l’assenso russo e non contro di loro, facendo in modo che ciò possa avvenire su un piano negoziale risparmiando vittime civili e militari. Non sempre, però, le soluzioni che appaiono di maggior buon senso riescono a prevalere senza che il conflitto faccia il suo corso. Oggi, le parti sono lontane e prive di questa volontà. Per tali motivi, ritengo che la crisi perdurerà e un’Europa più debole non potrà che accelerare un simile esito negativo. In un certo senso, il 25 maggio si vota anche per scongiurare nuovi conflitti e affrontare un nuovo periodo di ‘guerra congelata’, nella quale la politica deve e può esercitare un suo ruolo essenziale. Mi auguro lo sappia fare anche l’Italia”.


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
Registrata presso il Registro Stampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010.
EDITORE: Compact edizioni divisione di Phoenix associazione culturale