Dopo un discutibile Consiglio nazionale, vivace come una visita al museo delle cere o un documentario sulle mummie egizie, gli amici del Partito liberale italiano hanno comunicato la nascita della rivista online www.rivoluzione-liberale.it. Al momento sull'home page appare solo il logo della testata, ma si spera che entro la fine del terzo millennio il progetto editoriale si concretizzi. Già il ‘trattino’ inserito nell'indirizzo del dominio dichiara, con piena evidenza, un ritardo di registrazione da ‘era glaciale’, dimostrando all’intero universo politico con quale grande ‘piglio’ tempistico questi poveri sopravvissuti alle loro stesse ragnatele si cimenteranno nel moderno mondo della comunicazione interattiva. In ogni caso, credo ormai giunto il momento di riportare questi stravaganti personaggi alla realtà, ovvero quella di rappresentare, ormai da tempo, un’impostazione culturale che non è più riferibile a Benedetto Croce o a Luigi Einaudi, bensì a Giovannino Guareschi, cantore di un’arcadia minimalista e provinciale, a Guglielmo Giannini, inventore di un qualunquismo vociferante e plebeo, a Leo Longanesi, un liberale mai dimentico di aver vissuto i propri anni ‘ruggenti’ proprio durante il fascismo. ‘L’individuo-folla’ a cui da sempre questi simpatici ‘vecchietti’ fanno riferimento è poco più di un vecchio ‘detrito culturale’ del cosiddetto ‘soggetto atomico privato’ degli Horkheimer e dei Rosenberg, mentre la libertà reclamata a gran voce è soprattutto quella delle mere comodità corporali, dell’avversione verso il fisco e le leggi in generale, dell’insofferenza verso ogni forma di assistenza sociale, in breve dell’autogiustificazione della propria latitanza politica e delle loro continue ‘mimetizzazioni’. A furia di criticare tutto e tutti in nome di un liberalismo anarcoide, inclemente e demolitore ma che, in realtà, è soltanto ‘crapulone’ e ‘casareccio’, il mondo liberale italiano ha ormai smarrito ogni contatto con la realtà in quanto composto da un ‘magma’ umano in cui continua ad attecchire pericolosamente la diffidenza verso tutto ciò che è spontaneo e disinteressato, dedito a un sano principio di impegno civile o di volontariato sociale. Senza mai rinunciare al vezzo, tutto autoreferenziale e narcisista, di deridere le idee sgradite, ciò che riesce veramente difficile a questo bizzarro ambiente di ‘reazionari in doppio petto’ o, se va bene, di ‘libertini inviperiti’, è quello di riuscire a smettere di spacciare come ‘nuovo conformismo’ la propria presuntuosa ritrosìa ad accettare il passare degli anni e un mondo che cambia a velocità supersonica. La rivalutazione di un sapere politico di matrice prevalentemente ‘soreliana’ ne legittima, inoltre, ogni forma di vagabondaggio politico, mentre una vera e propria organicità di vedute finisce con l’essere ricavabile solo ‘a segmenti’, ovvero tramite continue, se non infinite, selezioni tra ciò che è volgarmente retrivo o gerarchicamente ‘immobilista’ e quel poco che potrebbe rappresentare un vago senso di ‘azionismo concreto’. Eccezion fatta per qualche autorevole esponente come Alfredo Biondi, si tratta ormai di gente che dovrebbe cominciare a guardarsi dal proprio stesso liberalismo, un gerontocomio che non solo non tollera le idee altrui, ma non sopporta più neanche le proprie, poiché totalmente proteso a giustificare ogni genere di duplicità per poter fornire continuamente un alibi al proprio gusto, tutto demenziale, per i ‘ghiribizzi’ rispetto al ‘sudore dell’intelletto’, nel pretendere una libertà di pensiero disancorata da ogni genere di categorizzazione culturale, nel praticare una forma di indisciplina sociale ‘screanzata’ che assimila le ‘fandonie’ del passato con le ‘frottole’ del presente, nell'applicare una corrività alle volte addirittura scurrile spacciandola, con autentica ‘faccia di tolla’, come forma di ‘ironia british’. Tanti auguri di buon lavoro agli amici liberali, dunque: ne hanno proprio bisogno.