Lo spettacolo scritto e diretto da Andrea Lanciotti mette in scena gli abitanti di un villaggio alle prese con l’organizzazione di una “festa in centro” in occasione della quale il Poeta intende scrivere de “La storia poetica del paese”. Il suo tentativo è però vanificato da un contesto sociale in cui tutti mentono e spettegolano. Paesani che convivono nell’ipocrisia, con pochi interessi in comune: la falsità e il 'rum del Moro'. Attraverso il tentativo di riunire in un'unica rappresentazione, teatro classico e d’avanguardia, 'No' tenta di descrivere l’incomunicabilità tra esseri che si fraintendono continuamente, a parole, ma che esprimono ‘altre’ verità, attraverso il linguaggio del corpo. Lo spettacolo, infatti, gioca su due livelli di comunicazione: quello verbale, con i dialoghi tra i personaggi; quello del corpo, che continuamente mima movimenti precisi, intesi come espressione sia dell’agire quotidiano (infilarsi una giacca, per esempio) sia di un nudo pensiero che invece le parole hanno sottaciuto. L’effetto, nel complesso, rende i personaggi catatonici, pieni di anomalie motorie e comportamentali. Perché parliamo male degli altri? E perché ci fraintendiamo di continuo mentre il corpo, seguendo l’istinto, non mente, verrebbe da chiedersi? Il “No!” gridato dal coreuta (personaggio in tunica bianca che ogni tanto appare sul palco) potrebbe sembrare la risposta al quesito: un respingimento alla catatonia dell’esistenza. L’intenzione, tuttavia, sembra soltanto urlata, più che essere applicata. Drammaturgia difficile. Incomprensibile al pubblico al pari dell’incomprensione tra gli abitanti del paese. Metafisico.