La perfezione. L’idea che per arrivare alla piena soddisfazione, nella vita e con se stessi, manchi sempre qualcosa. Un aiuto esterno, uno sconvolgimento totale e radicale di noi stessi che possa essere un punto di partenza per una nuova vita.
Una speranza puntualmente disattesa, che si infrange contro il muro della realtà e affoga nel rimpianto.
La gabbia di carne racconta la storia di una ragazza che aveva tutto, ma che desiderava un seno perfetto, come quello della sua migliore amica. Quel desiderio sarà l’inizio di un vero e proprio calvario, fatto di operazioni continue e dipendenza dall’eroina che la faranno scivolare in un limbo di insoddisfazione e rimpianti: la perfezione già esisteva, lei stessa era perfetta, innocente e pura; desiderare qualcosa di diverso l’ha trasformata in un vuoto simulacro della persona che avrebbe potuto essere. Poteva essere tutto, una farfalla innocente. Adesso di lei esiste solo un buco vuoto e pieno di veleno.
Un monologo che cerca di stimolare la riflessione sulla futilità delle apparenze e l’importanza di essere sempre se stessi; di non lasciarsi condizionare da uno standard che non ci appartiene.
Non è un caso che l’incipit della narrazione sia il soliloquio “Essere o non essere” dell’Amleto: la vita della protagonista, sconvolta e straziata dai continui abusi sul proprio corpo, non può essere più vita. È non essere.
Lacerante.
Regia e drammaturgia: Luca Gaeta
Con:Valentina Ghetti