Vagamente ispirato alle vicende dell’attore austro-ebreo Kurt Gerron, deportato a Terenzin dai nazisti e costretto a produrre un lungometraggio propagandistico teso a dimostrare la serenità della vita quotidiana nei campi di concentramento tedeschi. La ‘traccia’ viene tuttavia ‘italianizzata’ dalla compagnia stabile beneventana ‘Solot’ e, in questo caso, i tre artisti in scena - Rosario Giglio, Antonio Intorcia e Massimo Pagano - vengono costretti a produrre uno spettacolo di Natale al fine di far divertire gli ufficiali tedeschi che gestiscono, con piglio criminale, un campo di concentramento. Il risultato è un viaggio sul filo sottile dell’ironia, un percorso non semplicissimo da mettere in scena in un contesto così delicato. Lo spettacolo sembra avere successo e i tre italiani, deportati in quanto ‘traditori della Patria’ per l’aiuto da essi fornito, in Italia, a partigiani ed ebrei, sembrano riuscire nell’intento di soddisfare il perverso ‘palato’ dei nazisti. Ma proprio all’ultima ‘gag’ due dei tre italiani si tradiscono, lasciando emergere l’esigenza culturale del teatro di prendere posizione rispetto alla realtà che lo circonda, al fine di analizzarla con spirito critico. Alla fine della guerra, solamente uno di loro si sarà salvato dal delirio dei campi di concentramento. E non potrà mai più dimenticare, nel resto della sua vita, quel lugubre e surreale Natale del 1944 e i suoi eroici compagni di internamento, che proprio non ce l’hanno fatta a non immolarsi in nome della vita e della vera arte. Bello, a tratti toccante.
Una produzione Solot Compagnia Stabile di Benevento. Testo e regia di Michelangelo Fetto. Con Rosario Giglio, Antonio Intorcia e Massimo Pagano