Non si può fare a meno di scandagliare le radici della tradizione della 'favola sociale' napoletana partendo da Giambattista Basile con 'Lo Cunto de li Cunti', ricordando la traduzione di Benedetto Croce, per approdare alla famigerata 'Gatta Cenerentola' di Roberto De Simone con la Compagnia di Canto Popolare. La nuova drammaturgia napoletana di Enzo Moscato ha fatto sì che l’innovazione della scena napoletana e nazionale venisse carpita da Francesco Petti per la realizzazione di 'Indubitabili celesti segnali'. È anche vero che l’opera di Moscato 'Festa al celeste e nubile santuario' è stata l’ispirazione per questa drammaturgia che affonda le mani per impastare un linguaggio teatrale rivoluzionario, arcano e moderno insieme, che si amalgama nella cultura sociale, letteraria, filosofica, del quotidiano vivere in un vascio napoletano.
Alla base di quest'opera c'è il lavoro di ricerca operato da Francesco Petti e dalla sua Compagnia PolisPapin con le attrici Cinzia Antifona, Valentina Greco, Francesca Pica. Tre figure enigmatiche, tre sorelle, tre donne, tre solitudini, tre emblemi della femminilità carnale e virginale al tempo stesso: Elisabetta, Anna, Maria, così le hanno chiamate i loro genitori, gente devota. Vergini per destino, partorienti per infusione, miracolate per forza.
Fede, superstizione e disperazione, un dramma esistenziale nuovo e antico nello stesso tempo come nuove e antiche sono le favole nel momento in cui si raccontano.
Un dramma come favola dove si canta per parlare e si parla per cantare o come favola di un dramma dove tutti capiscono anche ciò che non si capisce solo a parole.
Lo spettatore di 'Indubitabili celesti segnali' percepisce subito che si tratta di un modo di parlare diverso dove tutte le lingue sono una e le parole e le frasi sono le esperienze di una storia relegata al timore reverenziale della religiosità, di amore e di odio, di violenze fatte e subite allo stesso modo da tutti. Quelle di un altro modo di parlare, non con la grammatica e il vocabolario, ma con gli oggetti del lavoro di tutti i giorni, con i gesti ripetuti dalle stesse persone per mille anni così come fare l’uncinetto, il nascere, fare l'amore, morire, nel senso di una gioia, di una paura, di una maledizione, di una fatica o di un gioco fatto di ombre e luci come è la vita stessa. Molto brave le attrici in scena, che raccontano nei gesti, i toni e i laboriosi ragionamenti il surreale destino che accomuna tre sorelle condannate, nello zitellaggio, a convivere. La fede, la devozione alla Madonna, i pettegolezzi, i sentito dire in giro, il prendersi cura le une delle altre per senso di dovere: tutto riflette l'omologazione della tradizione meridionale. Lo spettatore non può evitare di ridere ed empatizzare con l'amara verità di fondo di una realtà che implode in un colpo di scena finale. Bello, ottima la regia.
Indubitabili celesti segnali
Palco B - 14 giugno h. 23,30 - 17 giugno h. 22,00 - 19 giugno h. 20,30
In un tempo e in uno spazio ics che ha del vascio napoletano non la forma ma la condizione esistenziale, prigioniere tra oggetti imprigionati si muovono tre enigmatiche donne, emblemi di una femminilità a un tempo carnale e virginale. Un’indagine su un’assurda solitudine, sui rapporti asfittici fra tre sorelle che vivono una condizione ‘isterica’ della quale assumono su di sé le forme tipiche: mutismo, cecità e falsa gravidanza. Questa piccola tragedia quotidiana porta con sé aspetti grotteschi, ma anche un’antropologia, legata alla condizione della donna nella cultura magico-religiosa del popolo meridionale.
Regia: Francesco Petti
Interpreti: Cinzia Antifona, Valentina Greco, Francesca Pica - Compagnia PolisPapin - Associazione Culturale Melisma
GENERE: prosa