Ci sono tutti gli ingredienti tipici della commedia dell'arte italiana, in questo ‘La legge dei denari’. Un canovaccio che si ‘snoda’ in un susseguirsi di dialetti e lingue differenti, tipi 'fissi' e maschere di cuoio, intrecciandosi con i testi classici della letteratura teatrale (Goldoni e Molière). Il lavoro della drammaturgia di Federico Moschetti e Irene Scialanca è tutto incentrato sul ritorno alla purezza degli stereotipi delle commedie classiche del teatro greco e romano, passando per la tragedia ‘shakespeariana’, della quale ne esemplifica le tematiche sociali, culturali ed etiche. ‘Il mercante di Venezia’ di William Shakespeare diventa una tragicommedia in cui i personaggi centrali sono l'usuraio ebreo Shylock nelle vesti di Pantalone e il mercante Antonio, o meglio Antonia. Le figure femminili sostengono e indirizzano il tono di tutta la narrazione, da un punto di vista ironico e 'frizzante': dalla principessa Porzia che gioca con simpatia e delicatezza sui difetti fisici dei suoi pretendenti, coinvolgendo anche il pubblico maschile, alla generosa donatrice Antonia, pronta a sacrificare la sua vita per aiutare il suo amico Bassanio. La narrazione si apre con la tipica scena in cui si presentano il ‘padrone’, lo ‘squattrinato’ Bassanio e il suo servo Graziano (una delle principali maschere, insieme a Pantalone, della commedia del passato) attraverso un dialogo che svela immediatamente il fine della storia: reperire il denaro per conquistare il cuore della bella Porzia. La ricerca di un prestito si trasforma in un ‘botta e risposta’ continuo di equivoci, al ritmo di battute e doppi sensi. Un gioco dialettico ben costruito, che ha il suo culmine nella scena successiva, quando Shylock, al centro del palco, interpreta perfettamente tutto quello che la società ‘benpensante’ stigmatizza e critica, rinchiudendosi in una sordida avidità, o meglio: ‘un reato contro-natura', alla maniera dantesca. La potenza e la ricchezza di Antonia sembrano, in un primo momento, vincere sul viscido ‘strozzino’, che concede a Bassanio un prestito di tremila ducati barattando una libra di carne umana. L'enfatizzazione delle ripetizioni aiuta il pubblico a concentrarsi sulle caratteristiche attoriali, in un gioco tra servi e innamorati, 'flashback' e richiami al presente, funzionale nell'esprimere le peculiarità dei ruoli impersonati. Il vasto repertorio dei canoni tipici della commedia dell'arte prende vita in tutto il suo vigore in occasione della festa organizzata nella casa della bella Porzia, la quale è chiamata a scegliere tra tre diversi pretendenti: il principe del Marocco; il principe d'Aragona; il furbo Bassanio da Montecompatri. Una performance da 'catechesi', in cui i dogmi della commedia dell'arte si susseguono attraverso il ricorso ai consueti ‘frizzi e lazzi', ovvero giochi che fanno apparire l'intreccio entusiasmante grazie a ‘scherzi’ mutuati dall'ambiente circense (il principe d'Aragona sui 'trampoli', per esempio, con uno spiccato accento francese) o all'improvvisazione da interazione. Quest'ultima è solo di facciata e pone in luce il buon fraseggio degli attori. Tra danze e canzoni si arriva all'epilogo finale, in cui l'abile travestimento di Porzia in ‘uomo di legge’ sventa la vendetta di Shylock e salva la vita ad Antonia, ormai caduta in disgrazia. Ed ecco il trionfo di una 'giustizia soggettiva': il rabbioso usuraio non può che piegarsi al volere dei ricchi, perdendo così tutti i suoi diritti sul contratto di prestito, perché come ripete lui stesso: "Le leggi le fanno i nobili". La punizione del vecchio Shylock racchiude una morale imposta dall'alto, in nome dell'economia del lieto fine. La giovanissima compagnia 'TradirEfare Teatro' ha presentato un progetto che mostra un'accurata conoscenza tecnica e storica sulle tradizioni della commedia dell'arte, in cui le specializzazioni dei singoli attori emergono armoniosamente. Una storia buffonesca e istrionica, come il buon manuale della commedia delle origini prescrive. Eccellente.