Lo spettacolo di Giorgia Mazzucato ha aperto la prima serata del Roma Fringe Festival 2016. Un viaggio onirico in cui giochi di parole e suoni onomatopeici si confondono con l’universo delle circostanze della vita. Definito dal premio Nobel, Dario Fo, una pièce “dalla recitazione con tempi puliti e chiari, tipici di una professionista, con un testo paradossale e metafisico, una scrittura puntuale ed efficace”, Viviamoci ha già vinto il premio come miglior spettacolo all’interno della rassegna dello storico teatro veneziano ‘L’Avogaria’, diretto dalla famiglia Poli. Classificatosi al secondo posto al concorso nazionale sul teatro comico ‘Gran Premio dello Spirito’, ha ricevuto una segnalazione e un invito al Festival di Alcatraz dalla famiglia Fo, insieme ad altri attori. Quest’anno, l’attrice si è presentata al pubblico in modo semplice, stupendoci con giochi sintattici all’interno di un ottimo testo, ben articolato. Il caso e le cose si confondono nell’istante in cui ci si sofferma a pensare che esistono infinite e assurde combinazioni per dire: “Ci sono”. La nostra presenza nel mondo, dunque, questo è il vero tema di fondo: dal momento della nascita, a quello degli incontri, delle esperienze, dell’amore, degli sguardi e della perdita. Un insieme descritto mediante un sapiente gioco di parole, che intreccia vari campi: la geometria, l’arte (con alcuni nomi di pittori), la musica e la medicina (per la conoscenza del corpo umano). Tre personaggi prendono vita sul palco: una mamma, Francesca; la figlia, Aurora; un meccanico, Maicol. Le loro vicende si intrecciano facendoci vivere, grazie a un ritmo di voce versatile, i diversi personaggi: gioia, ricordi, paure e dolore sono le emozioni sempre accompagnate e sostenute da un orsacchiotto di peluche, Capitan Vento, silente, ma sempre presente. Le poche gestualità dell’attrice non inducono, con chiarezza, a spronare il pubblico a riflettere sul testo e il suo significato, almeno in profondità. Tuttavia, si comprendono assai bene gli stati d’animo e ciò che la vita riserva attraverso le scelte che si fanno, o quando ci si chiede sempre se il ‘momento giusto’ possa esistere. Dai giochi di parole si passa, con ironia, alla realtà, per sdrammatizzare quello che impariamo dalla vita, mentre il sottofondo musicale di Roberto Vallicelli accompagna la recitazione con suoni giocosi, ‘tecno’ e ‘metallici’, concentrandosi sullo stupore della nascita, al percorso che ci capita di compiere nella vita. Lo spettacolo è onesto e coraggioso nel chiedere scusa per gli errori che si commettono, aiutandoci a ritrovare la nostra reale identità rispetto a quei sogni ‘piccolo borghesi’ che ci illudono come ‘allocchi’ di fronte a un’insegna luminosa. E lo ‘spaccato sociale’ che emerge è quello di un nord d’Italia che rischia di perdere l’anima nella sua ricerca provinciale di un benessere basato sul mero possesso delle ‘cose’.