Uno spettacolo che delinea un’ambientazione di provincia, rievocando gli anni spensierati in cui ci si divertiva con poco e i primi amori nascevano tra i banchi di scuola: infanzia, adolescenza e maturità sono l’evoluzione di una favola dal finale amaro
Aggiudicatosi l’ultima semifinale del Roma Fringe Festival VI edizione, ‘A sciuquè’, che in dialetto pugliese vuol dire “a giocare”, si dimostra uno spettacolo frizzante e colorato. Si troverà a competere con ‘Il circo capovolto’ e ‘Il piccolo guitto’ nell’ultimo appuntamento previsto per il 21 settembre a Villa Mercede in Roma. Presentato dalle compagnie ‘L’Malmand’ e ‘I nuovi scalzi’, lo spettacolo è diretto da Ivano Picciallo, il quale con maestrìa lascia muovere sulla scena i personaggi di Nicola, Giacinto, Ciccio, Peppe e Lucia all’interno di uno spazio vuoto, al fine di raccontare un mondo ormai passato, quello di provincia, fatto di cose semplici e giochi di strada. Si percorrono le fasi della vita con spensieratezza: infanzia, giovinezza e maturità sono rese attraverso una regìa dinamica, che contestualizza le situazioni senza sbavature, facendole immaginare in ogni dettaglio senza mai stancare il pubblico. Adelaide Di Bitonto, Giuseppe Innocente, Igor Petrotto, lo stesso Picciallo e Francesco Zaccaro impersonano i quattro amici e compagni che, sempre insieme, vivono i primi approcci con il sesso e i primi amori, per giungere infine al matrimonio di due di loro. Sul palco gli attori si dimostrano sicuri: i cambi di scena risultano ben congeniati come ‘quadri di vita’, frutto di una generazione che ha saputo godere di poco e lavorare di fantasìa, trascorrendo il tempo libero in modo semplice. I costumi, dai toni accesi, si uniscono alla vitalità delle espressioni e inquadrano i momenti ‘casual’ con quelli ‘eleganti’, sia nelle feste in casa, sia durante il matrimonio. In ogni caso, ‘A sciuquè’, oltre a celebrare la felicità, l’amore, l’amicizia e il valore del ‘buon gioco’, denuncia quello che fa ‘ammalare’. L’apparente tranquillità viene spezzata dal dramma della ‘ludopatìa’, che distrae l’uomo portandolo alla follìa del gioco d’azzardo. Subentrano così i prestiti di denaro, le pressioni dei ricatti e dei debiti che la mafia pugliese infligge al singolo, rubandogli beni materiali e affetti. Lo spettacolo fa il ‘verso’ anche allo stile dei ‘musical’, sia per gli effetti e le movenze studiati all’unisono, sia per i dialoghi serrati, che donano un ritmo particolare all’insieme. Gli attori sono tutti nelle loro parti: le loro interpretazioni, decisamente versatili, coinvolgono non solo per il timbro vocale, ma anche per l’utilizzo del corpo e nelle espressioni di balli e dolcezze. ‘A sciuquè’ è un lavoro sintonico e armonico, che si presta a essere rappresentato in ampi spazi affinché le gestualità vivano fluide, così come sono state concepite. Vitale e fotografico.
LE FOTO DEL PRESENTE SERVIZIO SONO STATE GENTILMENTE CONCESSE DAL FOTOGRAFO SERGIO BATTISTA
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