Uno spettacolo audace, complesso, pregno di profondi significati, quello presentato al Roma Fringe Festival da Patrizia Schiavo e la sua compagnia di donne che animano, da un paio d’anni a questa parte, il nuovo spazio teatrale romano ‘Teatrocittà’. Scritto e diretto da Patrizia Schiavo con un estratto (intenso come 'un pugno allo stomaco') di Marco Palladini, la rappresentazione inaugura inoltre la rassegna ‘Parla con Lei’, incentrata sull’universo femminile indagato in tutti i suoi più svariati aspetti. Confluiscono nell’opera, la cui regia è curata in maniera sapiente e dettagliata, diverse forme di teatro, che spaziano dal dramma alla commedia, passando per la denuncia sociale e il teatro civile. Il testo rivela una visione del palco in quanto strumento didattico che, senza pedanteria, informa e ‘sdogana’ i tabù storici. Una pièce, insomma, che finisce per assolvere una funzione liberatoria, terapeutica. E, infatti, il tema viene affrontato in forma di terapia di gruppo: la vagina, emblema di femminilità, forza e maternità, ma anche motivo d’incomprensione, sottomissione, emarginazione, violenza. Al centro del palco campeggia un idolo femminile primitivo. Ai lati, sette sedie ospitano altrettante attrici/pazienti, ognuna tratteggiata con credibilità secondo la propria personalità e storia. A tessere le fila dell’incontro troviamo la ‘dottoressa Schiavo’, che accompagna le donne in un percorso rivolto alla liberazione dai tabù, dai luoghi comuni, dall’ignoranza, dalle inibizioni, dalle paure, dal senso di vergogna. Il sesso visto dalla parte delle donne in un viaggio collettivo in cui si alternano, con studiato e vorticoso ritmo, momenti di accesa comicità e attimi di dramma intenso. Le pazienti e, di riflesso, gli spettatori imparano a raccontarsi, a conoscere il proprio corpo e loro stesse, a vivere appieno la propria sessualità. Attraverso diversi racconti ed esperienze, se ne indagano i diversi aspetti: da quelli più piccanti, a quelli più negativi e dolorosi, in un’escalation che conduce fino all’orrore degli stupri di massa perpetrati nel 1992 nella Bosnia orientale: una pulizia etnica condotta tramite pratiche sessuali violente e traumatiche. Da sottolineare, in questo crudo momento della rappresentazione, la vigorosa interpretazione di Patrizia Schiavo: una professionista proveniente dal teatro ‘vero’, quello con la ‘T’ maiuscola, che ha colpito duramente il pubblico con una serie di ‘pugni allo stomaco’ alla Kyra Sedgwick, l’attrice ‘newyorkese’ protagonista della serie televisiva ‘The closer’. Lo spettacolo presenta, inoltre, un fine ‘sottotesto’: parlare e chiamare le cose col proprio nome significa affrontare con coscienza le problematiche dell’esistenza; vuol dire dotarsi di un prezioso strumento intellettuale col quale vincere la violenza e l’indifferenza. Si percepisce chiaramente come ‘Il laboratorio della vagina’ sia un lavoro frutto tanto di un’approfondita analisi sulla difficile tematica, della quale vengono fornite numerose informazioni sulla condizione delle donne in tutto il mondo, quanto di una riflessione arguta attorno alle formule espressive del teatro. Pregevole.
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