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23 Novembre 2024

The conductor

di Giorgio Morino - gmorino@periodicoitalianomagazine.it
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The conductor

Una storia vera, il ricordo delle atrocità dell’assedio di Leningrado attraverso la musica di Dmitrij Šostakovič e il rapporto, burrascoso ma necessario, con il mediocre Eliasberg: uno spettacolo intenso, dove recitazione e musica si fondono perfettamente

“A cosa serve l’arte di fronte a tutto questo”? Per comprendere appieno ‘The Conductor’, lo spettacolo degli inglesi della ‘Companie des divina animaux’, occorre conoscere la vicenda intorno alla quale quest’eccellente spettacolo si basa. Nel 1941, il compositore russo Dmitrij Šostakovič iniziò a lavorare su quella che sarebbe diventata la sua opera più famosa e rappresentata: la Sinfonia n. 7 Op.60 in Do maggiore ‘Leningrado’. La composizione di questo capolavoro s’intreccia a doppio filo con la vita del compositore e con l’avanzata delle truppe naziste nella città sovietica. Al momento di presentare una parte del suo lavoro alla radio, nel settembre di quello stesso anno, Šostakovič disse: “Ieri mattina ho terminato il secondo movimento della mia nuova sinfonia. Perché ve ne parlo? Lo faccio perché tutti sappiate che, malgrado la minaccia dell'invasione, nella nostra città le cose vanno come sempre”. Romanzando gli eventi storici, lo spettacolo vede come protagonista Karl Eliasberg, direttore d’orchestra radiofonico, compagno di studi e vicino di casa di Šostakovič. Proprio le storie personali di Eliasberg e Šostakovič s’intrecciano e fanno da contraltare alle vicende belliche. La rappresentazione procede fluidamente, nonostante l’ostacolo linguistico. Anzi, è apprezzabile lo sforzo di questi attori britannici di recitare alcune parti nella nostra lingua, in modo da facilitare la comprensione al pubblico meno avvezzo all’idioma di sua maestà. Il rapporto burrascoso tra Eliasberg e Šostakovič è molto ben costruito: il primo è una figura che vive tempestosamente la propria condizione di ‘mediocrità’ rispetto al più famoso compositore, il quale è quasi sempre mostrato fermo al suo pianoforte intento a suonare e comporre. Perché comporre musica, in un momento così difficile e tragico? “Perché la musica è la lingua più sincera che conosco”. L’artista fa l’unica cosa che sa fare: comunica attraverso la sua arte, che è il solo linguaggio che conosce. Facendolo, egli diventa un testimone del suo tempo: diventa immortale. Karl Eliasberg, suo malgrado e spinto dagli eventi bellici, contribuirà al successo di quest’opera. Lo spettacolo della compagnia inglese merita un plauso particolare per aver raccontato una storia difficile e poco conosciuta, alternando sapientemente la recitazione alla musica. Le note composte da Šostakovič colpiscono e raccontano l’altra faccia della medaglia, guadagnandosi il titolo di: “Protagoniste aggiunte”. Un’ottima rappresentazione, che ha impreziosito il programma di questo Roma Fringe Festival 2017. Intenso.

Nel 1941, la città di Leningrado viene messa sotto assedio. Durante i bombardamenti, un compositore lavora al completamento della sua sinfonia per la gente. La vera storia della musica che sollevò l’intera città e di come l’arte ispirò le persone a rinnovare la fede nella loro dignità e nella propria forza.

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