In scena le vicende semiserie di uomini e donne rinchiusi nel loro senso di vuoto e smarrimento
Dieci personaggi, dieci storie di solitudine. In una società in cui, apparentemente, non si è mai soli, tra folle in continuo movimento, in un mondo sempre più connesso sui social, l’individuo è in realtà alle prese con se stesso e si ritrova a fare i conti con uno stato di isolamento che provoca inadeguatezza alle emozioni a all’esistenza. Lo spettacolo ‘Chiuso per solitudine’, scritto da Orlando Placato e diretto da Anna Maria Loliva, con Cristina Aubry e Oreste D’Ippolito, è il ritratto grottesco del nostro tempo. Si susseguono profili di uomini e donne bizzarri, tutti uniti da una profonda solitudine. Dalla ‘brutta’ insicura e ‘spiona’, alla donna in carriera proiettata ad accrescere il proprio ego e fatturato; dall’estremista dell’Opus Dei che scopre il piacere dell’hashish, alla ex showgirl di ‘Non è la Rai’ pentita di non essersi concessa a dovere; dall’inviato speciale poco dotato che cerca una rivincita sessuale, alla dottoressa dominatrice; dal figlio dell’amore, alla madre che ha perso un figlio alla nascita, fino ad arrivare all’uomo più solo di tutti: un pedofilo che sceglie di mettere fine alla propria esistenza ‘animalesca’ gettandosi dalla finestra. La Aubry, diplomata all’Accademia nazionale d’arte drammatica ‘Silvio D’Amico’, vanta un percorso notevole tra teatro, cinema, radio e televisione. Nel 2014 ha ricevuto il Nastro d’Argento per la voce di Dadina ne ‘La grande bellezza’ di Paolo Sorrentino. In questo spettacolo è lei la colonna portante: riesce a entrare con abilità nelle diverse identità femminili, risollevando le carenze testuali. Ironica ed espressiva, l’attrice fa parlare il corpo con una gestualità efficace. D’Ippolito è 'bravino' a reggere il confronto: è una buona 'spalla' e mantiene il giusto equilibrio. La chiusura con una proiezione sulla vicenda del pedofilo ci proietta in una dimensione di teatro sperimentale, in cui l’arte visiva lascia spazio alla riflessione. La linea registica non è del tutto originale, ma nel complesso ci troviamo di fronte a un lavoro che sviluppa tematiche delicate e attuali. C’è tempo per sorridere, ma anche per pensare. Riflessivo.
NELLA FOTO: CRISTINA AUBRY