Un monologo di Barbara Grilli che ripercorre la vita di Lea Garofalo, testimone di giustizia assassinata dalla ‘ndrangheta calabrese: la mafia più potente del mondo
In ‘Denuncio tutti’, monologo scritto da Giovanni Gentile e portato in scena al Roma Fringe Festival 2019 da Barbara Grilli, dedicato alla figura e alle vicende di Lea Garofalo, non c’è solamente la descrizione, dettagliata e spaventosa, della rete ‘ndranghetista nel mondo. C’è anche una forte critica verso lo Stato, che nel tentativo di mettere in piedi un sistema di protezione dei cosiddetti ‘testimoni di giustizia’ ha palesato inefficienze e disorganizzazione, finendo con l’isolare la protagonista di questa vicenda tanto orribile, quanto sconfortante. E, alla fine, Lea Garofalo ha pagato con la vita il suo tentativo di combattere la potentissima mafia calabrese. Ma c’è anche, in questo spettacolo, un delicato affetto nel raccontare la storia di Lea sin dall’inizio, a partire dagli anni della sua giovinezza, in cui viene descritto con simpatia il suo bisogno naturale di libertà nella Calabria degli anni ’80 del secolo scorso. Il Paese era uscito, in qualche modo, dal periodo della contestazione e degli ‘anni di piombo’. E una nuova fase di congiuntura economica positiva finì col favorire quel processo di ‘riflusso’, in cui molti di noi iniziarono a cercare qualche piccola soddisfazione materiale. Come, per esempio, l’acquisto di un motorino per ‘gironzolare’ tra quelle stradine provinciali che si inerpicano sui nostri Appennini, sino a raggiungere le località più sperdute e caratteristiche della nostra bella Italia. Un’Italia bella ‘fuori’, ma orribile ‘dentro’. Per una ragazza calabrese come Lea, sembrava naturale provare a vivere la propria giovinezza, o riuscire a prendersi qualche soddisfazione. Ma le consuetudini più ataviche e tradizionaliste della Calabria più infima sono difficilmente contrastabili, a dimostrazione di un tessuto sociale sempre più debole e diviso al proprio interno. Negli anni ’80, ognuno di noi ha cercato di far convivere tutto e il contrario di tutto, nel tentativo di far apparire come ‘normale’ ogni contraddizione. Si tratta, insomma, della denuncia di un ritardo culturale del nostro Paese, di fronte al suo non voler affrontare alcuni territori socialmente impervi, come quello di Petilia Policastro. ‘Denuncio tutti’ è un monologo di ‘teatro civile’ meritevole di attenzione, che tuttavia giunge – non ce ne voglia la pur brava Barbara Grilli – in un momento di sconforto, di decantazione, di delusione dei molti, se non dei più. L’impegno della Grilli, come quello, a suo tempo, della Garofalo, in questa fase rischia di non fare notizia: gli italiani sanno bene, ormai, che le mafie esistono e che esse agiscono anche e soprattutto al nord. E, infatti, fu proprio a Milano che la Garofalo incontrò la fine della propria vita. Resta pur vero che la Grilli fa bene a cercare di mantenere viva l’attenzione su questo genere di problemi, nel tentativo di ridurre il più possibile proprio queste fasi cicliche di sconforto, che ci impediscono di fare qualcosa in più: sono periodi come quello attuale che danno modo alle mafie di riprendere ‘fiato’, di ricompattare silenziosamente la propria rete di controllo sul territorio. Ma ognuno di noi ha anche la propria vita da vivere. E la sensazione che vi sia una parte del popolo italiano ripiegato unicamente sul privato, che se ne infischia di certi problemi poiché considerati cronici, genera un abbassamento spirituale e morale in cui si finisce col non credere più in nulla; dove si pensa che tutto è inutile; in cui tocchi con mano una realtà per cui risulta impossibile combattere certe ‘battaglie campali’, soprattutto se lo Stato non riesce a evitare determinati ‘passaggi a vuoto’. Il teatro civile di Barbara Grilli è meritevole sia sotto il profilo artistico, sia in quello dell’impegno intellettuale e civile. Quel che le consigliamo di valutare, tuttavia, è di calcolare meglio il fattore temporale in cui proporre determinati testi. In questo momento, l’Italia è entrata in una fase di ‘neoriflusso’, in cui una parte del cittadini continua a far finta di non vedere certi problemi, in cui ci si ostina a voltare il proprio sguardo da un’altra parte. Il consiglio che ci permettiamo di fornire a questa coraggiosa amica pugliese è perciò quello di ‘attendere l’onda’, di calcolare meglio il momento in cui, anche per inerzia ciclica o per semplice energia cinetica, l’opinione pubblica sembra voler riprovare a eliminare le proprie ‘tare’ di fondo, i nostri mali più profondi. In questo momento, non ci sembra che gli italiani siano molto attenti, purtroppo: ci duole dirlo, ma il Paese ha imboccato un’ulteriore fase d’involuzione, nell’assurda convinzione che certi ‘tarli’, come per incanto, possano scomparire da soli, o che possa bastare un ministro dell’Interno con indosso l’uniforme della Polizia. C’è un Paese pulito dentro a un Paese sporco; un Paese colto in un Paese ignorante; un Paese intelligente, all’interno di un Paese stupido. Ma queste due distinte facce dell'Italia possono solamente trattare alcune periodiche fasi di compromesso, quasi come fossero due nazioni all’interno della stessa nazione. Purtroppo, siamo messi male in ogni ambiente e, persino, nelle istituzioni. E non crediamo che bastino altre vicende come quella di Lea Garofalo a condurci verso una vittoria finale e definitiva.
NELLA FOTO: BARBARA GRILLI