Partenza da Roma e arrivo nella città di Siena: quanto segue è un  breve reportage incentrato su un ‘ciclo-viaggio’ durato sette giorni,  che tra sorprendenti scoperte e alcune disavventure ci ha restituito  l’ennesima conferma di come il nostro sia un Paese ricco di bellezza, da  assaporare lentamente

In adesione all’iniziativa ministeriale ideata nella precedente legislatura, in cui era stato deciso di nominare il 2019 come l’anno del turismo ‘slow’ (lento), al classico periodo di ferie da passare in totale relax al mare noi 'Periodici' abbiamo preferito sperimentare una nuova esperienza: un viaggio in bicicletta. Armati di spirito avventuroso, abbiamo dato avvio a una prima fase di  studio sulla meta e il percorso. Inizialmente, si era pensato di  affrontare il percorso della via Appia, con arrivo a Brindisi. Visto il caldo di agosto, l’inesperienza, una dotazione tecnica non  proprio professionale e un limitato numero di giorni a disposizione,  abbiamo invece optato per la più vicina Toscana. Dopo aver  ricevuto alcuni preziosi consigli da esperti viaggiatori e forti di una  discreta tenuta atletica, ci siamo messi fiduciosi in cammino. Partenza,  lo scorso 8 agosto 2019, alle ore 9.00 del mattino. 
PRIMA TAPPA: ROMA - ANGUILLARA SABAZIA (CASCATE DI MONTE GELATO)
La nostra prima meta era il lago di Bracciano. Ma è stato senza dubbio il tratto più arduo, pericoloso e difficoltoso  dell’intero viaggio, coinciso con l’uscita dalla capitale. In  particolare, il percorso urbano che, dal quartiere Aurelio, ci ha condotti tramite la via Trionfale sulla vi a Cassia. La mole di traffico, nonostante la data e il frastuono da esso  derivante, ha reso questo inizio di viaggio piuttosto fastidioso, al  punto da farci letteralmente agognare l’uscita dalla civiltà. Imboccata  la via Braccianese, abbiamo iniziato a rilassarci e a prendere un  buon ritmo nella pedalata. Verso l’ora di pranzo siamo arrivati al  termine della nostra prima tappa: il comune di Anguillara Sabazia. Dopo  una breve visita all’incantevole borghetto lacustre e un pranzo veloce  sulla riva, abbiamo deciso di riprendere il cammino. Qui, commettiamo il  primo grave errore, scegliendo di partire subito dopo pranzo anziché  attendere un’ora più fresca. Prendiamo una strada bianca, che conduce  alla valle del Treja, dove si trova la nostra prossima destinazione: le cascate di Monte Gelato. Il tragitto si rivela piuttosto arduo, costellato di pozze stagnanti e  costituito da un manto stradale sterrato. Dopo un primo momento di  panico, che ci ha fatto rimpiangere di aver intrapreso questa vacanza  alternativa, ci lasciamo trasportare dalla vista dei campi e del verde  che ci circonda. Giungiamo dunque al parco, area protetta dal 1982, nel tardo pomeriggio. E la vista mozzafiato che ci presenta di fronte  ci ha premiato della fatica affrontata. Giunti a una piccola radura, lasciamo le biciclette e ci immergiamo nella fitta vegetazione. Un breve percorso con  staccionate in legno ci ha condotti alla mola ottocentesca e alla  residenza medievale, di proprietà della famiglia Del Drago. Superata l’affascinante costruzione, ci si è aperta di fronte la meraviglia delle piccole cascate. L’atmosfera non era delle più rilassate, vista la grande concentrazione  di visitatori, ma non ci siamo lasciati scoraggiare e, subito dopo, ci  siamo immersi nell’acqua, piacevolmente fredda. Le cascate si insinuano  in una natura lussureggiante e antica: un luogo decisamente splendido.  Dopo aver lasciato le cascate alle nostre spalle, abbiamo effetuato un  giro di perlustrazione seguendo il corso del fiume Treja, che  prosegue nel folto della vegetazione. Qui ci siamo persi nella  contemplazione della natura e degli infiniti scorsi romantici e  pittoreschi che si palesavano a ogni angolo. Il tutto, a poche decine di  chilometri dalla capitale.
a Cassia. La mole di traffico, nonostante la data e il frastuono da esso  derivante, ha reso questo inizio di viaggio piuttosto fastidioso, al  punto da farci letteralmente agognare l’uscita dalla civiltà. Imboccata  la via Braccianese, abbiamo iniziato a rilassarci e a prendere un  buon ritmo nella pedalata. Verso l’ora di pranzo siamo arrivati al  termine della nostra prima tappa: il comune di Anguillara Sabazia. Dopo  una breve visita all’incantevole borghetto lacustre e un pranzo veloce  sulla riva, abbiamo deciso di riprendere il cammino. Qui, commettiamo il  primo grave errore, scegliendo di partire subito dopo pranzo anziché  attendere un’ora più fresca. Prendiamo una strada bianca, che conduce  alla valle del Treja, dove si trova la nostra prossima destinazione: le cascate di Monte Gelato. Il tragitto si rivela piuttosto arduo, costellato di pozze stagnanti e  costituito da un manto stradale sterrato. Dopo un primo momento di  panico, che ci ha fatto rimpiangere di aver intrapreso questa vacanza  alternativa, ci lasciamo trasportare dalla vista dei campi e del verde  che ci circonda. Giungiamo dunque al parco, area protetta dal 1982, nel tardo pomeriggio. E la vista mozzafiato che ci presenta di fronte  ci ha premiato della fatica affrontata. Giunti a una piccola radura, lasciamo le biciclette e ci immergiamo nella fitta vegetazione. Un breve percorso con  staccionate in legno ci ha condotti alla mola ottocentesca e alla  residenza medievale, di proprietà della famiglia Del Drago. Superata l’affascinante costruzione, ci si è aperta di fronte la meraviglia delle piccole cascate. L’atmosfera non era delle più rilassate, vista la grande concentrazione  di visitatori, ma non ci siamo lasciati scoraggiare e, subito dopo, ci  siamo immersi nell’acqua, piacevolmente fredda. Le cascate si insinuano  in una natura lussureggiante e antica: un luogo decisamente splendido.  Dopo aver lasciato le cascate alle nostre spalle, abbiamo effetuato un  giro di perlustrazione seguendo il corso del fiume Treja, che  prosegue nel folto della vegetazione. Qui ci siamo persi nella  contemplazione della natura e degli infiniti scorsi romantici e  pittoreschi che si palesavano a ogni angolo. Il tutto, a poche decine di  chilometri dalla capitale. 

SECONDA TAPPA: ANGUILLARA-CAPRAROLA
Passata la notte, abbiamo ripreso il nostro cammino verso la meta successiva: Caprarola e il Palazzo Farnese. Nel tragitto, ci siamo fermati nella località di Sutri: qui abbiamo visitato la necropoli etrusca, passando per l’anfiteatro romano. Il tratto di strada che ci aspettava era uno dei più duri: venti chilometri circa, passando per le provinciali SP82 ed SP69, fino a raggiungere un altitudine di circa 520 metri sul livello del mare. In particolare, l’arrivo al paese si è rivelato difficile, trattandosi  di una strada molto ripida, da noi percorsa col sole a picco. L’arrivo  nella piazzetta antistante il noto palazzo Farnese ci ha tuttavia  ripagati, ancora una volta, dello sforzo compiuto. Dopo un breve  ristoro, abbiamo fatto visita al palazzo, dove ci siamo letteralmente  persi nel sogno manierista di una delle famiglie più importanti della  Storia moderna italiana. Restiamo abbagliati dalle ‘grottesche’, dal racconto autocelebrativo delle imprese familiari, dipanato negli  affreschi che si susseguono nei diversi ambienti, dalla splendida scala elicoidale (Scala Regia), fino a giungere, seguendo il parco, alla Casina del Piacere: un luogo evocativo che facilmente ci restituisce la sontuosa vita che doveva qui condurre la corte della famiglia di Paolo III. 
TERZA TAPPA: CAPRAROLA-FABRICA DI ROMA
Dopo la visita al palazzo, abbiamo preso la strada verso Fabrica di Roma, ove ci attende il treno per Viterbo. Qui veniamo ospitati in casa da alcuni amici. Abbiamo avuto così  l’occasione di ristorarci e di passare la notte in un vero letto. La  mattina seguente è stata interamente dedicata alla visita della  cittadina medievale e, in particolare, alla cappella Mazzatosta nella chiesa di Santa Maria della Verità (ove  è stato compiuto uno dei più audaci e ben riusciti interventi di  restauro compiuti dall’Istituto centrale del restauro di Roma nel  secondo dopoguerra) e il Duomo, con la sua splendida piazza antistante. 
QUARTA TAPPA: FABRICA DI ROMA-TUSCANIA
Adeguatamente riposati, ci siamo rimessi in strada. La tappa successiva era la cittadina di Tuscania: una  delle mete più sorprendenti, di cui ignoravamo la bellezza, a cui siamo  giunti nel tardo pomeriggio. Sin dalla strada, abbiamo scorto,  abbagliati, le torri che costeggiano la basilica di San Pietro. Le attrazioni artistiche maggiori, le due chiese di San Pietro e Santa Maria Maggiore, sono chiuse. Una guida ci informa che i due siti vengono tenuti aperti  da un gruppo di volontari. Non potevamo far altro che fermarci per la  notte e l’indomani siamo stati premiati per l’attesa. I due edifici di  culto sono splendidi: costruiti tra il IX e XI secolo d.C. ci raccontano un medioevo a tratti oscuro e impenetrabile, lontano dal tipico immaginario  collettivo. Ovunque, sia esternamente, sia all’interno, la basilica di San Pietro reca tracce dell’antica cultura del popolo etrusco (sull’area doveva  trovarsi l’acropoli da loro edificata). Quest’ultima chiesa è stata  protagonista di molte opere cinematografiche come ‘L’armata Brancaleone’ di Mario Monicelli. Entrambe le chiese conservano buone porzioni della decorazione ad  affresco e sono luoghi che meriterebbero una ben maggiore affluenza da  parte dei visitatori. La cittadina di Tuscania si adagia placida su una successiva collina e reca tracce degli insediamenti medievali e rinascimentali. 
QUINTA TAPPA: TUSC ANIA-ACQUAPENDENTE
ANIA-ACQUAPENDENTE
Saltati nuovamente in bici, ci siamo diretti verso Acquapendente, una piacevole antica cittadina dell’alto Lazio ove passare la notte che abbiamo raggiunto dopo aver fatto una sosta rinfrescante presso il lago di Bolsena, in località Marta, passando successivamente dal paesino in altura: Grotte di Castro. Partendo di buon mattino, abbiamo incontrato all’indomani il confine con la Toscana e siamo entrati nella Val d’Orcia. Qui, abbiamo fatto i primi incontri con i pellegrini, in viaggio verso Roma sulla via Francigena. In particolare, abbiamo fatto la conoscenza con una coppia di arzilli  anziani veneti, che a piedi erano partiti oltre un mese prima da Aosta. Subito il paesaggio si modifica innanzi ai nostri occhi: i boschi, i campi di oliveti e le nocciole dell’alto Lazio hanno lasciato il posto a immense distese di grano, su cui svettano i  tipici casolari circondati da cipressi che hanno reso celebre  quest’area. 
SESTA TAPPA: ACQUAPENDENTE-CASTIGLIONE D’ORCIA
La prima tappa in terra toscana sono stati i bagni di San Filippo, frazione di Castiglione d’Orcia. Ci siamo arrivati dopo una lunga e impervia salita. Meno noti delle terme di Saturnia, sono un luogo unico e di grande fascino. Qui, le acque termali, ricche di zolfo, hanno creato, nel corso dei secoli, delle pareti bianchissime (la più nota e scenografica è stata denominata: balena bianca),  sulle quali si riflette la luna e da cui scorre l’acqua calda, che  confluisce in pozze e piccole cascatelle. L’area è ad accesso libero e  molto visitata. E’ particolarmente affascinante calarsi nell’acqua calda  subito dopo l’alba, quando l’unico rumore è dato dallo scrosciare  dell’acqua. Alcuni assidui visitatori del luogo ci hanno detto che,  rispetto al passato, il luogo ha perso parte del suo fascino a causa di  alcune frane, che hanno, in alcuni punti, bloccato il corso naturale dell’acqua termale. Resta, tuttavia, un luogo magico e unico. 
SETTIMA TAPPA: CASTIGLIONE D’ORCIA-BAGNO VIGNONI-BUONCONVENTO
Ripresa la via Cassia per dirigerci verso Bagno Vignoni, un piccolissimo borghetto dominato dalla piazza della Sorgente: un quadrilatero costeggiato da un portico sul lato corto, che racchiude  una sorgente d’acqua calda (il luogo è stato immortalato dal film del 1992 intitolato ‘Al lupo al lupo’, diretto da Carlo Verdone) in cui però è vietata la balneazione. Lasciato il paesino ci siamo diretti verso Buonconvento, parte del circuito dei borghi più belli d’Italia. Qui, il tempo sembra  essersi arrestato, se non fosse per le moderne attività di ristorazione.  Ci siamo giunti verso l’ora di pranzo e il silenzio sulla via  principale (via Soccini), su cui spicca il palazzo Pretorio con la sua torre civica, ci suscita un forte senza di straniamento. Nella cittadella, il Boccaccio aveva inscenato uno degli episodi narrati nel Decameron. 
OTTAVA E ULTIMA TAPPA: BUONCONVENTO-SIENA
Usciti dal borgo attraverso la porta senese, ci  siamo diretti verso la nostra ultima tappa. E’ stata una giornata  faticosa, che ci ha portato a percorrere oltre sessanta chilometri fino  al capoluogo di provincia. Varcata la porta romana di Siena, siamo stati subito sommersi dal frastuono della civiltà. La città stava fremendo in vista dell’imminente Palio. Abbiamo così avuto occasione di vedere piazza del Campo già allestita per il celebre evento. L’indomani, giorno di Ferragosto, abbiamo ripreso il treno che ci ha riportati, esausti, ma soddisfatti,  nella capitale. Nonostante la nostra inesperienza, questo primo ciclo di  viaggio è stata una vera avventura. La limitata velocità di  spostamento ci ha permesso di poter vivere appieno il paesaggio,  sentendone tutti gli odori e cogliendone le minime sfaccettature e  particolarità. Con una buona preparazione, può diventare un viaggio  fattibile un po’ per tutti: abbiamo infatti incrociato intere famiglie  con figli, che si inerpicavano sulle colline toscane. Si tratta di un’esperienza d’altri tempi, che permette di rivivere lo spirito del viaggio come è stato concepito dai nostri antenati che, loro si, vivevano in maniera ‘ecosostenibile’.

 
NELLA FOTO QUI SOPRA: I NOSTRI INVIATI IN VACANZA 'SLOW', MICHELE DI MURO E CLAUDIA WEBER
 
IN ALTO: I RAGAZZI DI 'PERIODICO ITALIANO MAGAZINE' VARCANO IL CONFINE TRA LAZIO E TOSCANA
 
AL CENTRO: LE CASCATE DI MONTE GELATO
 
PIU' IN BASSO: LE 'GROTTESCHE', LA FONTANA ELICOIDALE DI CAPRAROLA
 
IMMEDIATAMENTE SOTTO: LE BICI PARCHEGGIATE SUL LUNGOLAGO DI MARTA