Dallo scorso 15 ottobre 2021, inaugurata la mostra dedicata ai 700 anni dalla morte del sommo poeta visitabile fino al nove gennaio 2022: 200 capolavori provenienti dai musei più importanti d’Europa
La mostra ideata da Jean Clair e da quest’ultimo curata insieme a Laura Bossi, in esposizione dal 15 ottobre scorso presso le Scuderie del Quirinale e visitabile sino al 9 gennaio 2022, si avvale di capolavori concessi in prestito da oltre ottanta istituzioni nazionali e internazionali, che raccontano l’Inferno dal Medioevo a oggi, a cominciare da ‘Le porte dell’inferno’ di Rodin. In essa sono presenti capolavori provenienti dai musei più importanti d’Europa: dalle Gallerie degli Uffizi al Musée d’Orsay, dalla Royal Academy di Londra alla Bibliothèque Nationale de France. Tutto ciò, al fine di ricordare la morte, avvenuta 700 anni fa, del sommo poeta, Dante Alighieri. Lungo tutta l’esposizione vengono, infatti, riportate molte delle più famose ‘terzine’ della Divina Commedia, concettualmente legate alle 200 opere, provenienti da venti istituzioni pubbliche e private, tra cui gli archivi segreti del Vaticano. Questa iniziativa, così ben articolata, offre molti spunti di studio e di riflessione riguardo all’immagine che, nei secoli, l’uomo si è costruito riguardo all’Inferno, al Purgatorio e al Paradiso, soprattutto se si pensa all’epoca in cui è vissuto Dante. Il grande Jacques Le Goff, celebre medievista francese, attribuì la codificazione completa del Purgatorio proprio grazie a Dante, nel saggio: ‘La nascita del Purgatorio’. E la stessa Chiesa cattolica, che ha una storia di 2021 anni dalla nascita di Cristo, si lasciò ispirare dalla tripartizione dell’opera ‘dantesca’, introducendo, al contrario di altre religioni, il concetto di progresso e di cambiamento. La stessa concezione teologica di Inferno e Paradiso pare sia stata mutuata, nella seconda metà del XII secolo, proprio dalla struttura del poema. Sempre Jacques Le Goff, iconograficamente parlando, dichiara che persino il ‘Breviario’ di Re Filippo il Bello sia da considerarsi una tra le prime rappresentazioni del regno intermedio. Nella Divina Commedia, infatti, è presente una grande libertà di interpretazione nei confronti di un regno per sua natura provvisorio, a metà strada tra Inferno e Paradiso: la rappresentazione iniziale appare come uno spazio simile all'Inferno, in cui alcuni angeli partecipano a salvare dalle fiamme, tra i dannati, le anime dei giusti, riconoscibili dalle loro mani giunte in preghiera e gli occhi rivolti al cielo. Ma una vera e propria messa a sistema del Purgatorio è quella che avviene durante il XV canto del Purgatorio. Solo chi aveva letto Dante poteva farsi, in quell’epoca, un’idea chiara di come si conclude in maniera sublime la lenta genesi descritta nel Purgatorio. In sostanza, Dante, ponendo un terzo luogo al centro della più importante opera letteraria del Medioevo, in realtà fondò una nuova iconografia e un nuovo immaginario collettivo. Le Goff indica le più antiche illustrazioni del Purgatorio come luogo autonomo e geograficamente definito, per la prima volta, proprio nella Divina Commedia. E nel ‘Dizionario dell’Occidente medievale' (Einaudi, 2003), il grande agiografo scrisse: “Quella proposta da Dante è una costruzione complessa, la più ricca di tutta la storia del Purgatorio, il quale non è mai stato descritto con altrettanta dovizia di particolari e di significati”. Riteniamo interessante questo approfondimento, per comprendere quanto la ricerca di Le Goff abbia stravolto il pensiero collettivo e la stessa dottrina della Chiesa moderna: “La nascita del Purgatorio”, sottolinea lo storico francese, “modifica la giurisdizione esercitata sui morti, favorendo la pratica delle indulgenze. Secondo la dottrina tradizionale, gli uomini da vivi rispondevano al Tribunale della Chiesa, ma una volta morti erano giudicati solamente dal tribunale di Dio. Con il Purgatorio, si crea una sorta di ‘Tribunale comune’, in cui intervengono sia Dio, sia la Chiesa. Le anime che vi transitano, infatti, continuano a dipendere da Dio, ma beneficiano anche dell'azione della Chiesa, che distribuisce le indulgenze. Il Purgatorio”, prosegue Le Goffe, “ha dunque rinforzato il potere della struttura ecclesiastica, che così, oltre che dei vivi, è responsabile, in parte, anche dei morti. Una situazione che la Riforma protestante ha in seguito fermamente condannato. Per gli uomini del Medioevo, però, l'esistenza del Purgatorio accresceva le speranze di salvezza, dato che non tutto era definitivamente stabilito al momento della morte. Perfino per gli usurai”, aggiunge, “che fino ad allora erano irrimediabilmente condannati all'Inferno, inizia a profilarsi un ‘aldilà’ meno cupo. Naturalmente, vivere con tale speranza modifica radicalmente la prospettiva della vita quotidiana. Il passaggio da un aldilà caratterizzato da due luoghi antagonisti, Inferno e Paradiso, a un aldilà articolato in tre regni va messo in parallelo con l'arretramento del manicheismo, avvenuto nella società medievale tra la metà del XII e la metà del XIII secolo. Il mondo medievale diventa più sfumato”, nota ancora lo storico francese, “poiché l'antica opposizione tra ricchi e poveri, potenti e deboli, inizia a modificarsi con l'emergere di una fascia intermedia. Nella gerarchia sociale, tra signori e sudditi, si profila la categoria dei borghesi. Sul piano culturale, altri elementi che giocano a favore della nascita del Purgatorio sono il crescente interesse per le rappresentazioni geografiche, come pure le nuove traduzione di Euclide, da cui si ricava la nozione di ‘intermediario’. Più in generale”, conclude, “la nascita del Purgatorio s'inscrive in quel lento processo che, di solito, viene definito come la discesa dei valori dal cielo alla Terra. Da questa complessa evoluzione della società è nata la credenza del Purgatorio. Una credenza che si è poi diffusa grazie alle predicazioni di francescani e domenicani. In realtà, vi furono molte resistenze alla credenza del Purgatorio. E l'arte, da questo punto di vista, fu abbastanza conservatrice”. Rivoluzionario l’espediente ‘dantesco’ della montagna che si erge in mezzo al mare, fatta di circoli concentrici che le anime percorrono dal basso verso l'alto. Per accedere al Paradiso, esse devono risalirne completamente le pendici, con un percorso ascensionale inverso a quello dell'Inferno. Pertanto, ricordare nel Palazzo dei Papi al Quirinale il nostro sommo Dante significa ridare vita alla nuova lettura delle immagini avvenuta con il Purgatorio, al fine di voler salvare e riconoscere la dimensione della speranza. La rassegna inaugurata alle Scuderie, con le ‘Porte dell’Inferno’ di Rodin ci ricorda che la Chiesa immaginava le anime del Purgatorio in quanto dotate di una specie di corpo che le rende sensibili alle sofferenze, sia quelle spirituali, sia quelle corporali. Un percorso fatto di pene e fuoco, luogo di dominio dell’Inferno. Tuttavia, grazie alla visione di Dante e alla sua idea del Purgatorio, si sottrae forza all’Inferno e si ottiene una speranza attraverso la creazione di un ‘terzo luogo’. Nella sua Commedia, Dante ha inoltre attribuito al Purgatorio uno statuto autonomo, uguale a quello degli altri due luoghi, mentre la Chiesa aveva la tendenza a farne una regione condizionata, se non proprio dipendente, dall'Inferno. Quello che dunque emerge, è un Dante laico e quasi ghibellino, con un’idea molto chiara dell’oltretomba. Egli ha imposto il Purgatorio come elemento essenziale dell'aldilà. La Chiesa cattolica non prese molto in considerazione la ‘Divina Commedia’ come opera spirituale. Invece, si trattava di un capolavoro di così alto valore morale da arrivare a stravolgere tutte le opere d’arte composte fino a quel momento. Dopo Dante, compaiono nelle realizzazioni artistiche sempre più riferimenti al Vecchio Testamento, ai Vangeli, all’immagine salvifica della Resurrezione e del perdono dei peccati. Una lettura divina e, al contempo, umana, dell’arte legata a doppio filo con la visione letteraria, mistica e, infine, anche politica del sommo poeta.