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21 Novembre 2024

Tina Loiodice: "L'arte è comunicazione di valori"

di Stefania Catallo
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Tina Loiodice: "L'arte è comunicazione di valori"

Parla un’artista di livello assoluto della ‘street art’, che a Roma ha già realizzato opere di prim’ordine: un genere che, se ben indirizzato, può cambiare il volto di un quartiere o riqualificare le zone più degradate delle nostre città

Lo 'sguardo della tigre' e il volto della bellissima donna dai tratti botticelliani che accolgono i viaggiatori alla fermata di San Giovanni della metro ‘A’ di Roma, sono opera sua. Lo è anche il murale ospitato nella stanza dei colloqui del centro antiviolenza ‘Marie Anne Erize’ a Lunghezza, dove una donna dai capelli azzurri accoglie le utenti. Si chiama ‘street art’ e Tina Loiodice è l'autrice di queste opere. Tina ha studiato con grandi maestri, come Saro Mirabella, Franco Cannilla, Fraschetti e Natili. E nonostante i premi ricevuti, è rimasta una donna coi piedi per terra, quasi schiva. Nel 2012 ha aperto ‘Spazio 40 Galleria’: un atelier nel cuore di Trastevere, dove oltre agli eventi d'arte si occupa di appuntamenti culturali. Nel 2015 approda alla ‘street art’, una forma artistica urbana, creando diverse opere. E lo ha fatto alla sua maniera: esplodendo come una vera e propria ‘bomba’, per il tocco estetico e la capacità di comunicare emozioni. L’abbiamo incontrata in questi primi giorni del 2020, per sapere qualcosa di più sul suo indubbio talento artistico.

Tina Loiodice, la ‘street art’ sta prendendo piede sempre di più e, solamente a Roma, sono numerosi gli edifici e i manufatti decorati con questa tecnica, dalla periferia al centro della città: si tratta di una moda passeggera, oppure è veramente una nuova forma d'arte?
“Vorrei fare, anzitutto, un'osservazione sul termine decorazione, che mi sembra inappropriato e svilente per una forma d’arte complessa e articolata come l’arte di strada. La street-art, il graffitismo, lo stencil, la stiker-art, le installazioni e il lettering sono tutte le possibili coniugazioni e tecniche che la rappresentano. La Street-art negli anni ‘80 e, ancor prima, il graffitismo nascono e sono movimenti liberi e illegali. Il movimento più recente dell’arte urbana è il risultato, a seconda dei punti di vista, di una evoluzione o involuzione dei primi due importanti movimenti. Tornando alla domanda, mi sento di affermare che siamo di fronte a un grande movimento artistico mondiale, difficile da concepire come modaiolo e passeggero”.

Come si è avvicinata alla ‘street art’?
“Tutto è iniziato come una sfida con me stessa. Volevo mettermi alla prova e intraprendere un nuovo percorso artistico. Per questo, venuta a conoscenza del progetto ‘Caleidoscopio’, a cura di ‘Muracci Nostri’, che aveva come oggetto i muri del parco di Santa Maria della Pietà, l'ex manicomio di Roma, ho chiesto di partecipare e sono entrata nel progetto. Così è iniziata la mia nuova vita artistica. E, daMurales_Alice.jpg allora, non ho più smesso e non riesco a smettere: è amore”.

Quali sono i suoi soggetti preferiti?
“Spesso non sono libera di decidere quale soggetto o storia rappresentare, soprattutto per i lavori commissionati, perché a volte bisogna scendere a compromessi. Quando ho la fortuna di incrociare un committente illuminato e rispettoso, che mi lascia piena e totale libertà - due cose che sono come l’ossigeno per un artista - amo parlare delle donne, dei bambini e dei loro diritti violati, cercando di dare loro voce e visibilità. Affronto, talvolta, tematiche ‘scomode’, come l’integrazione sociale, l’accettazione del ‘diverso’, come ho fatto al Tiburtino Terzo, con il murale ‘Be love’. Mi sono occupata anche delle tematiche relative alla mancata o mancante comunicazione fra le persone, come per lo ‘Sguardo’ murale che campeggia fascinoso e provocatorio all’interno della stazione della metropolitana di San Giovanni a Roma. In un ‘non luogo’, come vengono definiti dall’antropologo Marc Augè gli spazi comuni con grande concentrazione di persone, è lo sguardo magnetico e inevitabile da incrociare di una tigre a sollecitare l’incontro e la comunicazione tra esseri viventi: io esisto, perché tu esisti”.

Pensa che la ‘street art’ abbia anche un aspetto sociale?
“Sì, credo fortemente nell'aspetto sociale della ‘street art’. E lo confermano fenomeni e circostanze che accadono dopo un intervento artistico, che non lascia quasi mai indifferenti i suoi fruitori. Un esempio ne è la ‘gentrificazione’, che muta le condizioni e le abitudini di vita di chi abita in quei quartieri o quei paesi oggetto di interventi di ‘street art’. Come artisti, siamo investiti di una grande responsabilità. E, nel momento in cui ne prendiamo coscienza, insieme agli organizzatori e a tutti i soggetti attivi che concorrono a questi mutamenti, dovremmo sempre coinvolgere i cittadini e operare con il dovuto rispetto delle persone e dei luoghi da loro vissuti”.

Quali sono i lavori ai quali si sente più legata?
“Sicuramente, al primo posto c’è ‘La bambina pensante’, che si trova a Santa Maria della Pietà a Roma e che, ancora oggi, scruta pensierosa l’infinito, cercando di immaginare il suo futuro di donna, lasciandosi dietro lo stereotipo della ‘donna-oggetto’ che ho rappresentato sul fondo della parete con una citazione della ‘Donna distesa’ di Picasso. Poi, ‘La classe operaia va in Paradiso’, che si trova a Primavalle, sulla parete del mercato di via Sant’Igino Papa. Si tratta di un’opera dalla storia travagliata, che ho dovuto difendere poiché nasceva da azioni censorie e che, ancora oggi, vive violata e deturpata da un inutile quanto assurdo cassonetto collocato da un’amministrazione insensibile e incompetente. Grazie a quest’opera, ho conosciuto e sono diventata amica di  Giovanna, figlia di Gian Maria Volontè, che mi ha voluta ospite a La Maddalena per il festival ‘La valigia dell’attore’: una rassegna cinematografica che si tiene ogni anno in memoria del grande attore sull’isola che amava e dove riposa, davanti al suo mare. Durante la manifestazione, ho realizzato due grandi tele: una dedicata a Gian Maria: ‘Io sono vento’. E una per i grandi registi che lo hanno diretto. Nel mio cuore ci sono, comunque, tutti i ‘murales’ realizzati nel corso degli anni. Pur avendo la consapevolezza che, una volta terminati, non sono più miei, ma della comunità e della strada su cui vivono, ognuno di loro è legato a me da una storia: l’insieme di tutte le loro storie sono il mio bagaglio di esperienze, di sentimenti, di ricordi più o meno belli, di incontri, di perdite, di crescita umana e professionale”.

Cosa vorrebbe dire ai giovani che si accostano a questa forma d'arte, sia attivamente, sia come spettatori?
“L’arte è linguaggio. E ai giovani che vi si avvicinano vorrei dire che è molto importante avere qualcosa da comunicare. Arte nel suo etimo sanscrita significa: ‘andare’, mettersi in moto, ‘muoversi verso’. L’artista ha il compito, più o meno conscio, di entrare in comunicazione con ‘l’Altro’ attraverso le sue opere. E quando questo avviene, vuol dire che stiamo svolgendo la nostra missione. Dai fruitori dell'arte, cioè da coloro che vi si accostano quali spettatori, vorrei conoscere le opinioni, perché mi interessa molto sapere se e quali emozioni hanno provato davanti ai miei lavori. Fare arte espone noi artisti al commento del pubblico. E quello critico, ancor più di quello compiacente, aiuta a riflettere, a crescere, a migliorare e a capire”.


Tina_Loiodice_murale_centro_antiviolenza.jpg

NELLA FOTO QUI SOPRA: IL MURALE DEDICATO A MARIE ANNE ERIZE

AL CENTRO: I BAMBINI SCOPRONO ALICE

IN ALTO A DESTRA: L'ARTISTA TINA LOIODICE


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
Registrata presso il Registro Stampa del Tribunale di Milano, n. 345, il 9.06.2010.
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