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23 Novembre 2024

Electric Campfire: la musica elettronica non è più ‘ice machine’

di Domenico Briguglio
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Electric Campfire: la musica elettronica non è più ‘ice machine’

La manifestazione, giunta alla settima edizione, ha inaugurato la nuova stagione dell’Accademia tedesca di villa Massimo. Una kermesse che, attraverso artisti di grande spessore, sta riuscendo a imporre anche in Italia il fascino di uno stile tecno-sperimentale ormai lontano da sonorità fredde e ripetitive  

Il 12 settembre scorso si è inaugurata la nuova stagione dell’Accademia tedesca di villa Massimo con ‘Electric Campfire’, il festival di musica elettronica organizzato in collaborazione con la ‘Raster-Noton’, una delle etichette leader in campo internazionale nella musica elettronica sperimentale. Anche in questa settima edizione, il direttore dell'Accademia, Joachim Bluher, ha presentato al pubblico romano, sempre numeroso ed entusiasta, artisti di grande spessore. Dopo la consueta ed eccellente ospitalità dedicata agli spettatori, la musica è divenuta protagonista assoluta. A invadere la piazzetta nella quale si svolgono gli eventi concertistici all'aperto sono state le note di Pomassl, cofondatore dell'etichetta austriaca sperimentale ‘tecno’ Laton e collaboratore di Carl Micael von Hausswolff, J.G. Thirlwell, pubblicazioni con ‘Raster-Noton’, Mille Plateaux, Ash International, Sex Tags Mania, Nexsound. Da un artista del suo calibro ci attendevamo un inizio frizzante: invece, ci siamo trovati di fronte, almeno nella prima parte, a una sequenza timbrica piuttosto ripetitiva, caratteristica dei movimenti centrali della musica elettronica, con poche variazioni e limitato cromatismo. Decisamente migliore il prosieguo della sua performance, con passaggi di un certo interesse stilistico.
Il secondo artista in rassegna è stato il poliedrico Grisha Licatenberger, che ha debuttato con il suo primo ep, ‘Treibgut’, sempre con ‘Raster-Noton’, nel 2009. Il suo lavoro prevede, al di là dell’espressione musicale, l'intento di creare arte con istallazioni, musiche e disegni. Ci ha sorpreso piacevolmente con un impasto di voci che ha creato un mix intrigante con la sezione percussiva. Poi la ‘voce-suono’ ha finito col trapassare interamente nel ‘suono-ritmo’ e, nella seconda parte, ha preso il sopravvento verso un finale in cui la ‘voce-suono’ è riapparsa in un urlo lacerante, senza tempo.
Piglio diverso ha dimostrato la musica di Kyoka, che ha pubblicato il suo primo album nel 2008 e, dal 2012, collabora con ‘Raster-Noton’ come prima solista femminile: nel suo sound, tamburi e percussioni assumono un effetto straniante, un gioco ambiguo con la melodia, una partita a ‘rimpiattino’: una sorta d'immenso cuore pulsante o forse un motore impazzito.
A seguire Ueno Masaaki: alle spalle progetti di moda, televisione e istallazioni sonore; a fine settembre uscirà ‘Vortices’, il suo primo ep, sempre con la ‘Raster-Noton’. Masaaki è un artista che conduce una ricerca sonora decisamente inusuale, con note che sembrano riprodurre il ronzio di uno sciame d'insetti o il loro battito d'ali, ali meccaniche, elettroniche, impalpabili. E siamo giunti a una vecchia (si fa per dire…) conoscenza: Anne-James Chaton, pubblicazioni con ‘Raster-Noton’ e ‘Unsounds’, collaborazioni con Andy Moor e Alva Noto. I movimenti musicali di Anne-James nascono da note gravi, che ogni tanto si elevano in impennate che richiamano alla mente drammatiche sirene d'emergenza. Altre immagini si affacciano impetuose: profondità marine da cui risalgono bolle d'aria, spazio galattico veicolo di suoni extramondo. Nel gran finale: ‘Ornaments & Verbrechen’ (progetto dei due fratelli Ronald e Robert Lippok degli anni ottanta in Ddr) e Diamond Version, prodotto dai due cofondatori della ‘Raster-Noton’, Alva Noto (Carsten Nicolai ) e Byetone (Olaf Bender). Due formazioni con aspiranti fuoriclasse il primo e di attuali fuoriclasse il secondo. In ‘Ornament & Verbrechen’ c'è traccia di una matrice antica (Germania anni ‘20?), odore di fumosi ambienti d'avanspettacolo e teatri di sperimentazione del primo dopoguerra che il mezzo elettronico tiene di sottofondo, una tenue linea guida che la robusta ritmica ha il compito di spezzare, soffermandosi ora su una battuta ora sull'altra. Infine, ‘Diamond Version’, ovvero un sound che scava un solco nell'animo e trascina verso note solo concettualmente definibili: note tenute a lungo accompagnano tenui reminiscenze, riportandole a galla in un pulsante indefinito caos in cui la ritmica diviene elemento d'ordine, incanalandolo in un puzzle di note-immagini a loro volta codificate dal ricordo sepolto nei meandri della coscienza sensoriale. 

 

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