‘ANImATAMeNTE’: a Palazzo Velli, nel quartiere Trastevere di Roma, la personale di un’artista che vive l'arte visiva non solo in quanto percezione, ma viva sensazione
Al via a Roma, presso Palazzo Velli in Trastevere, fino al 17 novembre 2024, 'ANImATAMeNTE', la personale dell'artista Caterina Giglio: un’artista il cui approccio al disegno e alla pittura è permeato da un'esplorazione emotiva profonda. Attraverso un percorso di opere intrise di significati profondi, la Giglio ci conduce in un viaggio intimo e simbolico, dove il corpo femminile e l'albero diventano archetipi di rinascita e trasformazione. L’artista, attraverso le nostre domande, si è raccontata condividendo la genesi delle sue opere, il legame con l’atto creativo e le sfide incontrate nella realizzazione di una mostra che è un mosaico della propria esistenza. La rassegna, che vede la speciale curatela di Gianluca Marziani, non sono state pensate per uno spazio specifico, bensì come tasselli di un mosaico interiore, frutto di un processo di sedimentazione di esperienze e sentimenti. La Giglio ci racconta come la nascita di 'ANImATAMeNTE' sia legata a un lungo processo quotidiano, in cui la creatività emerge come una necessità vitale: “Tutto il mio fare creativo è una continua sedimentazione dell'esperienza. Vivo le emozioni. E questa incessante spinta mi conduce all'espressione, al disegnare e dipingere come fosse per me una componente vitale, ossigeno in un certo senso”. L’artista sottolinea, infatti, come non crei mai in funzione di una mostra futura, ma sempre spinta da un’urgenza interiore: quasi una forma di catarsi, che le permette di affrontare e sublimare paure, dolori e sofferenze. Non c’è una pianificazione rigida dietro le opere esposte, né un tempo definito di realizzazione. Le opere, come afferma la stessa Giglio, non sono concepite per un luogo specifico come Palazzo Velli, ma sono il risultato di una “riflessione sull’interno dell’opera”, sui legami tra i lavori e sul loro rapporto con la superficie pittorica: “Non penso le opere per uno spazio in particolare, ma ragiono sullo spazio interno dell'opera, sui legami parentali tra le opere, sulla superficie del quadro che diventa il campo del mio esercizio interiore”.
Un simbolo ricorrente nella produzione artistica della Giglio è l’albero, che diventa un archetipo di vita e rinascita, con le sue radici che rappresentano la connessione tra corpo e anima. “L'albero è un oggetto simbolico che ha una centralità evidente nel Pianeta. Rappresenta la fermezza vigile di chi ha trovato la giusta geometria tra se stesso e il mondo circostante", ci spiega teneramente. Per la Giglio, l’albero incarna anche la capacità di osservare le verticalità smisurate, quelle dimensioni che riflettono l’ampiezza del pensiero e dell’amore, spingendola a seguire il flusso della coscienza mentre dà vita alle sue creazioni.
Le protagoniste di molte delle opere di 'ANImATAMeNTE' sono figure femminili. Ma per la Giglio questo non è un limite o una scelta ideologica ristretta. Le sue figure, pur connotate dal linguaggio del femminile, riflettono una pluralità di esperienze umane: “Parlo di corpi umani, parlo di esseri viventi, parlo di creature che incontrano il lessico familiare del femminile ma senza limitarmi ad un orientamento univoco e dogmatico”. L’artista concepisce, infatti, la donna come un archetipo universale, che rappresenta la fertilità, la vita e la rinascita, ma che è anche il veicolo per esprimere un processo identitario più ampio, legato alla continua rigenerazione e scoperta di sé.
Possiamo dire, dunque, che le opere di Caterina Giglio esposte a Palazzo Velli sono un viaggio complesso e stratificato, che invita lo spettatore a confrontarsi con i temi della vita, della crescita e della trasformazione, per creare un momento di riflessione sul potere rigenerativo dell’arte, che consente all’artista di esplorare le sue geografie interiori e di portare alla luce aspetti nascosti del proprio vissuto. Ecco cosa ci ha detto l’artista in questa intervista.
Caterina Giglio, come nasce il progetto di ANImATAMeNTE? Il processo di genesi è stato veloce, istintivo e repentino, oppure più lento e ragionato?
“Il progetto è il frutto faticoso di un processo quotidiano che è la mia vita, nella sua ragionevole complessità. Tutto il mio fare creativo è una continua sedimentazione dell'esperienza: vivo le emozioni. E questa incessante spinta mi conduce all'espressione, al disegnare e dipingere come fosse, per me, una componente vitale, ossigeno in un certo senso. Non dipingo mai per una mostra futura ma sempre per una fortissima spinta del momento”.
In quanto tempo ha realizzato tutte le opere in mostra a Palazzo Velli?
“La mostra che vedrete non è stata concepita per Palazzo Velli, ma è il risultato di tutto il tempo che precede la mostra. Non penso le opere per uno spazio in particolare, ma ragiono sullo spazio interno dell'opera, sui legami parentali tra le opere, sulla superficie del quadro, che diventa il campo del mio esercizio interiore. Sfido le paure, i dolori, le sofferenze con la catarsi ripetibile del disegno, con una gestualità che contiene l'essenza del vissuto. Penso che ogni quadro sia una tessera del mosaico gigante che è la mia esistenza. Quando realizzo un'opera, vedo geografie interiori che si rivelano, scopro qualcosa di me che conoscevo meno, vedo con lucidità alcune cose che solo l'arte visiva rende non solo percezione, ma anche sensazione”.
L’albero come simbolo di vita e rinascita è un’immagine intensa: da cosa deriva questa suggestione sulle radici e la struttura che sostengono il corpo e l’anima?
“L'albero è un oggetto simbolico che ha una centralità evidente nel pianeta. Rappresenta la fermezza vigile di chi ha trovato la giusta geometria tra sé e il mondo circostante. Rappresenta anche lo sguardo nelle verticalità smisurate, evocando le ampiezze che trovo nel mio pensare e amare, quelle stesse ampiezze che mi permettono di seguire l'onda della coscienza per entrare nella forma a cui sto dando una propria vita”.
Le protagoniste delle sue opere sono donne, in diversi ruoli, ma sempre potenti, e lei è una artista donna: quali sono state, se ce ne sono state, le sfide incontrate nel corso della realizzazione della mostra a Palazzo Velli?
“Parlo di corpi umani, parlo di esseri viventi, parlo di creature che incontrano il lessico familiare del femminile, ma senza limitarmi a un orientamento univoco e dogmatico. La Donna, come archetipo ovviamente, rappresenta il mio paesaggio mentale e sentimentale, riguarda la mia esperienza di femmina e madre, ma in realtà riguarda soprattutto il processo identitario di un essere fertile e riproduttivo, generatore di vita e rivelatore di nuove rinascite”.
LE FOTO UTILIZZATE NEL PRESENTE SERVIZIO SONO DI SIMON D'EXEA, CHE RINGRAZIAMO