Una mostra inusuale, che apre una finestra in un settore strettamente connesso con l'arte: la moda
Cinzia Cotellessa nella sua galleria di via Gallese 8 in Roma, dal 28 novembre 2021, in una bipersonale con Miriam Brancia, diventa protagonista a tutto tondo esponendo se stessa e il suo passato. Per comprendere appieno la valenza e la tematica della mostra bisogna, infatti, fare un salto indietro, tra il 1982 e il 1991, quando un’allora giovanissima Cotellessa esordiva nel variegato mondo della moda, collaborando come stilista con nomi altisonanti quali, Capucci, Valentino e Lancetti. Basterebbero questi nomi, tra una miriade di altri, a dare una dimensione alla qualità del lavoro svolto in quegli anni. Giunta oggi alla piena maturità artistica, la Cotellessa ha rivolto uno sguardo nostalgico al suo passato quando, piena d'entusiasmo creativo, aveva passato le sue giornate - e anche molte nottate - a inventare gli abiti che avrebbero fatto la gioia di molte donne e suscitato l'invidia di altre. Un'arte ‘in movimento’, che svela e nasconde, risalta e sottolinea, accompagna e attrae: una sorta di ‘insostenibile leggerezza dell'essere’ destinata a restare testimonianza fattiva, rivedibile attraverso il cinema, i giornali e le riviste del tempo in quanto muta, ma eclatante complice di tante celebrità. I disegni da cui quelle creazioni presero vita sono, dunque, svelate al pubblico e, come prevedibile, a più di qualcuno ha suscitato la classica frase: "Ma io questo l'ho già visto! Era l'abito di...". Accanto ai ‘figurini’, deliziosi disegni della Cotellessa, quasi a fare da contraltare 20 oggetti di designer contemporaneo di Miriam Brancia: manichini che diventano quadri e, in parte, rafforzano il legame tra l'esposizione e la moda: opere inedite di design, che alcune volte diventano lampade, rielaborate e realizzate tra il 2020 e il 2021, di grande impatto visivo, poiché ispirate a Pablo Picasso, René Magritte, Niki di Saint Phalle, Tamara de Lempicka. Il lavoro di Miriam Brancia è un ‘up-cycling’: non un comune riciclo, ma la scoperta di un’inedita funzione, che assegna al manichino il ruolo di oggetto d'arredamento indipendente e contemporaneo, esplorando potenzialità finora inespresse. Provenienti da percorsi molto diversi, le due artiste hanno in comune una cosa: l'amore per la bellezza, che esse affrontano, ciascuna per la sua parte e in ambiti distinti, ma che entrambe tramutano in ‘arte viva’, pulsante, sorprendente nel delineare nuovi confini e attrarre l'attenzione con l'inusitato: chi se l'aspetterebbe di trovare tanta bellezza in figurini e manichini? Due artiste consapevoli che la moda è un linguaggio istantaneo, capace di trasformare i sogni in materia. E tale peculiare, ma non accessoria, visione dell'arte risulta felicemente trasferita in questa mostra, trasformando la galleria di via Gallese in una sfilata ideale. La presentazione è stata affidata, come di consueto, alla nota critica d'arte, Mara Ferloni.