Curata dalla storica della fotografia Ute Eskildsen, è in corso a Villa Massimo, in Roma, fino al prossimo 28 giugno 2019, la sesta serie espositiva dedicata alla fotografia tedesca, incentrata sul dialogo e il contrasto tra due artisti che hanno connotato un’intera epoca
La rassegna della grande fotografia tedesca del secolo scorso, frutto del lavoro della curatrice Ute Eskildsen, si conclude con le foto di Michael Schmidt e Andreas Gursky, che a partire dagli anni ’80 raffigurarono nelle loro opere una Germania decisamente fuori dai canoni sviluppati nei decenni precedenti. Gli scatti di Schmidt, caratterizzati da un bianco e nero con pochi contrasti di scala e frequenti sfocature, prediligono elementi architettonici che si ergono a simboli dal significato quasi esoterico, che va ricercato, investigato nel suo rapporto col paesaggio circostante. In alcune di esse, appaiono figure umane, che però assumono quasi il ruolo di partecipanti inconsapevoli a qualcosa che le trascende, destinati ad amplificare l'atmosfera vaga e irreale del contesto. Una ricerca espressiva di difficile interpretazione e, come tale, pervasa dal fascino della decifrazione, la quale attrae irresistibilmente lo spettatore, coinvolto e sollecitato suo malgrado nel gioco ad incastro di Schmidt.
Piuttosto differente l'arte fotografica di Gursky, impegnato a presentarci una Germania quotidiana, ordinaria, quadro fedele della vita contemporanea. Gli eventi e le persone sono percepite solo ‘dopo’ e a uno sguardo più attento diventano parte integrante del paesaggio, poiché l'attenzione primaria è rivolta all'evento in sé, che diventa testimonianza di un modo di vivere indissolubilmente legato al periodo storico e documento di esso.
Si tratta di foto che sembrano banali e che, invece, raccontano, facendoci vivere intensamente un attimo particolare, ‘quel momento’, rivolto, per usare le parole dello stesso Gursky, "esclusivamente alla specie umana e al suo ambiente" piuttosto che alla persona, al singolo individuo.
I due fotografi sono da considerare rivelatori del modo d'essere di un Paese che stava evolvendosi, trovando nuove direzioni e mete. Fin quando, dopo il 1989, riavuta la tanto sospirata unità, si avviò a vivere un ennesimo ‘Rinascimento’, scaturito dall'inclusione e dal confronto con i fratelli al di la' del muro, ansiosi di rifarsi del tempo perduto.
Indubbiamente, Schmidt e Gursky hanno avviato un certo modo di fare fotografia, duplice rielaborazione su piani diversi, ma congruenti, di un filone descrittivo che sarà la base per autori successivi che con esso, volenti o nolenti, dovranno confrontarsi.
QUI SOPRA: ANDREAS GURSKY, RUHRTAL (1989)
AL CENTRO: MICHAEL SCHMIDT, FOTO TRATTA DALLA SERIE WAFFENRUHE (1985-1987)
IN ALTO A DESTRA: ANDREAS GURSKY, RATINGEN-SCHWIMMBAD (1987)
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