Una rassegna delle tele a olio di un’artista particolarmente espressiva per i suoi colori, che richiamano lo stile americano di Paul Jackson Pollock: una ‘personale’ tenutasi nelle ultime ‘ottobrate romane’, nel pieno centro della capitale
Camminando per il centro storico di Roma, che offre minimarket e grandi firme, una luce da una vetrina ci anima. Non ci sono più i negozi di doratori, antiquari, artigiani. E non siamo più nell’epoca dei finissage e dei vernissage: il Covid 19 ha cambiato le nostre abitudini e la crisi economica ha fatto il resto. Tuttavia, la bellezza di avvicinarsi all’artista Daniela Carpentieri e al suo maestro d’arte, Roberto Cumbo, ci ha subito resi partecipi alle opere esposte, dal gusto statunitense, impostate sullo stile, astratto e moderno, di Paul Jackson Pollock. Le tele erano intense, quasi tridimensionali nelle loro pennellate colorate. Opere che hanno raccontato, nella mostra romana tenutasi a fine ottobre in vicolo della Vaccarella, un punto di vista interno, il ‘paesaggio interiore’ dell’artista, il riflesso dello sguardo sul mondo di un individuo. Il vissuto risulta, infatti, modellato dalla presenza costante di quel paesaggio interiore che lascia affiorare persone e cose: immaginari sempre vivi nel dispiegarsi dell'esperienza, a tal punto da rendere empatici anche gli osservatori. E’ stata la pittrice stessa a spiegarcelo: “È un vero viaggio d'incontro con se stessi, attraverso i fili delle relazioni che tessiamo fuori e dentro di noi. Un processo creativo di trasformazione e di conferimento di senso. Un continuo ricombinare e risignificare le nostre relazioni con il mondo e le impronte che queste relazioni hanno lasciato nel nostro ‘paesaggio interiore’. Ciò che emerge”, ha proseguito l’artista, “non sono le forme, ma i meccanismi che concorrono alla creazione delle cose: non una rappresentazione del visibile, ma ciò che è nascosto, che si cela all'occhio. Quando si è vicini al limite, la presenza del mistero dell'esistere diventa evidente. Ma una presenza ignota e misteriosa, direi quasi spirituale, è dappertutto e in tutte le cose: è solo difficile saperla vedere. Pertanto, dipingere diventa”, ha aggiunto, “un costruire mondi, un tentativo di cogliere ogni singola essenza che compone la realtà, la quale diventa materia sulla tela e racconta l'inesauribile imperfezione del mondo e degli uomini, delle loro vite e, soprattutto, del loro spaesamento, della loro inadeguatezza a questa esistenza, i loro tormenti e le loro paure. Il non poter scampare al rifiuto di noi stessi emerge, al pari di come la stessa solitudine traspare: ingombrante nella nostra fragilità poiché incapaci di contenerla, quindi sempre sul punto di rottura, sul precipizio del non ritorno, in quello spazio non contaminabile tra ragione e sentimento, tra natura e rappresentazione dell'anima. Non avviene mai quel che dovrebbe avvenire. E tutto ciò che non avviene”, ha concluso, “diviene un momento emotivo che colora un sentimento, che conferisce tonalità”. Ciò è particolarmente vero nel suo quadro ‘Luglio di primavera, 2017’, che rappresenta una vera e propria rinascita espressiva, che sprigiona l’emozione di chi, partendo dal grigiore dell’inverno in Piemonte, giunge alla riviera di Ponente carica di luce, di mare e di gioia per i sensi liberati. Un assoluto che sfugge, ma che rende pienamente una sensazione di ricerca di espressività originale, nel tentativo di rintracciare il meccanismo sostanziale dei sentimenti, non la loro semplice decantazione formale, spesso puramente contemplativa. Sentimenti veri, dunque, che è quanto servirebbe per tornare ai valori di un tempo e sfuggire alla ‘piattezza eretica’ dell’oggi.
QUI SOPRA: LUGLIO DI PRIMAVERA, 2017 DI DANIELA CARPENTIERI
AL CENTRO: L'ENTRATA ALLA MOSTRA
IN APERTURA: LA LOCANDINA UFFICIALE DELL'EVENTO