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23 Novembre 2024

Cece' e La Morsa - Dialogo con la servetta Fantasia

di Silvia Mattina
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Cece' e La Morsa - Dialogo con la servetta Fantasia

Al Teatro Hamlet di Roma è andato in scena uno spettacolo, per la regia del giovane Salvatore Iermano, che con garbo e raffinatezza è riuscito a mettere a confronto gli atti unici più celebri e diversi tra loro di Pirandello, senza perdere la forza della linearità o snaturare l'indagine psicologica dei personaggi dell'autore siciliano

Al Teatro Hamlet di Roma, la 'Compagnia dei Canovacci' si è recentemente cimentata nella difficile impresa di unire e condensare due testi 'pirandelliani' in 90 minuti: una 'partita a scacchi' in cui le battute scorrono veloci e gli attori in scena, Chiara Caroletti, Matteo Cecchi, Ilario Crudetti, Salvatore Iermano, Ilaria Mariotti ed Emiliano Pandolfi, hanno 'palleggiato' con bravura e ritmo con i turbamenti dei distinti personaggi, in un continuo movimento del senso e delle prospettive, sotto l'arbitrio del drammaturgo siciliano, posto nell'anticamera del proprio studio. Il ricorso al 'meta-teatro' per giustificare l'unione dei due testi è risultata convincente e ha fatto presa sul pubblico. Lo scrittoio si è trasformato nel 'confessionale' dei disillusi, che bussano alla porta all'autore per rivelare angosce, paure e sofferenze. Tutti anelano ad essere immortali, almeno sulla 'carta'. Il gioco 'voyeuristico' dello scrittore lo ha posto in connessione, attraverso il ricorso a un dialogo a intervalli, con le 'creature' sul palcoscenico e il pubblico in sala. Egli viene tirato per la giacca fino alla fine, nonché 'didatticamente indottrinato' a 'pillole' sui concetti fondamentali dell'identità e dell'esistenza.  
La messinscena minimale in bianco e nero è risultata originale. E si è trasfromata nella 'chiave' per comprendere la tragicità dei personaggi. Il senso dell'arte si è svelato solo nel finale: entro una scenografia a 'scacchiera' si è giuocata la partita dei dualismi semantici, la 'doppia-faccia' dei personaggi e la contrapposizione tra due realtà differenti: la città corrotta e il bigottismo di un paese di provincia.
Il classico e convenzionale interno borghese ha lasciato spazio a un luogo 'neutro', ma simbolico, in cui il vestiario dei personaggi, sui toni del 'bianco e nero', ha finito con lo stagliarsi in modo 'camaleontico' con lo sfondo, scandito da semplici cubi e da statue acefale dalla totemica fattura.
La scena d'apertura si è animata con un sensuale 'tango', ballato dal primo trio de 'La Morsa', tra la coppia di amanti vestita 'a lutto' e il bianco candido del marito tradito. Fin da subito, lo spettatore si è trovato di fronte alla scabra e  drammatica nudità di una catastrofe incipiente e improvvisa: l'amante Antonio rivela alla protagonista Giulia la percezione di un sospetto sulla loro 'tresca' da parte del marito Andrea. Le congetture dell'amante si fanno, di minuto in minuto, sempre più una desolante certezza che chiude i due personaggi in una morsa di timori e insicurezze, evocando un senso di insicurezza universale e di quella precarietà connaturata al genere umano. Logorato dalla paura, Antonio preferisce fuggire da una realtà ormai scomoda e pericolosa, mentre Giulia rimane sola nel silenzio innanzi al destino che sta per andarle incontro. Nella sua fiera e sincera dichiarazione d'amore, ella sottolinea tutta l'incapacità e l'inadeguatezza maschile, così contemporanea.
L'affannosa e accorata giustificazione al tradimento della brava Chiara Caroletti, alias Giulia, è suonata come l'ultima rivelazione d'amore al marito, che si erge fiero e subdolo a giudice 'torturatore', inducenodela all'ammissione del tradimento per poi negarle di vedere per l'ultima volta i propri figli. Il cerchio si è chiuso nell'epilogo, tragico, della morte fuori scena della donna, in quanto 'capro espiatorio' del modello borghese di famiglia. Ai due uomini non resta che congiungere i due catafalchi che, con la sfera e la croce alla sommità, sembravano riproporre allegoricamente la lotta ancestrale tra l'anima nera e quella bianca, la fragilità di ogni confessione di fede e la vanità di ogni tentativo di conformarsi e omologarsi al sistema.

Ritorna, dunque, il 'focus' di Pirandello, sempre presente in scena, al fine di rompere il forte nucleo emotivo e dirottare la riflessione sul mistero delle 'creazione artistica' quale metafora di quella naturale. L'autore, interrogando la servetta Fantasia, vera 'dea ex machina' nel creare e fissare la vita dei personaggi nell'immobilità, si accorge come qeust'aultima "si diverta a portarmi in casa, perché io ne tragga novelle e romanzi e commedie, la gente più scontenta del mondo, uomini, donne, ragazzi, avvolti in casi strani da cui non trovan più modo a uscire".  Così accade anche per Cece', il primo dei suoi testi scritto unicamente per il teatro, in apparente contrasto, per contenuto e forma, con i racconti coevi, che riflettevano un approccio meditativo sulla morte. Nel giovane 'viveur' vi è tutta la leggerezza e la sarcastica ironia di un mondo afflitto dalla corruzione e privo di scrupoli. Cesare Vivoli, interpretato dal talentuoso ma più giovane Matteo Cecchi, ha 35 anni e una vita dissoluta alle spalle che non riesce a 'scalfire' la sua scanzonata spudoratezza nel 'tramare alle spalle' degli altri due protagonisti: il commendator Squatriglia e l'ingenua Nada.
Il primo è giunto in casa del giovane per ringraziarlo del favore ricevuto, ma viene immediatamente coinvolto nei loschi giochi del Vivoli; la  seconda è una ragazza elegante ma un po’ superficiale, nelle cui mani, come pegno d'amore, Cece' ha depositato delle cambiali che, attraverso uno stratagemma, riuscirà a farsi ridare. In quest'unico atto si racchiude tutto l'universo 'pirandelliano', le mille facce dell'individuo sono qui interpretate dalle due ignare figure, che giocano letteralmente due parti in commedia: Squatriglia si finge amico del padre e, nonostante la sua goffaggine da 'sempliciotto', riesce a ottenere i 3 'pagherò', consegnando i soldi alla fanciulla. Quest'ultima ha dunque impersonato il ruolo della 'gran dama' che, senza accorgersene, consegna ingenuamente la somma al seducente amante.
La giovane età dei membri della compagnia teatrale non ha compromesso il ritmo veloce e fluido delle vicende, alternando le caratteristiche del teatro impegnato al brio e alla leggerezza delle commedie più giocose.  La carta vincente della 'poetica pirandelliana' si è evinta in un sistema ricco di allusioni e riferimenti, più o meno espliciti, delle emozioni e dei sentimenti, attraverso una continuità interpretativa e un fluire narrativo nel rispetto dell'indagine psicologica dell'autore.
La cura nella gestualità e nell'uso dei corpi in una cornice così scarna è apparsa come una sorta di 'azzardo' o, meglio, una sfida da perfezionare per alcune piccole 'incertezze' interpretative ancora da superare. Ma nel complesso, il lavoro è risultato composto, misurato, adatto anche a un pubblico 'scolastico'.
La 'chiusa', data dallo stesso Pirandello, ha manifestato una 'sintesi tematica' ed 'estetica' della dicotomia filosofica tra 'Vita' e 'Forma' delle ultime opere, precedenti al 'teatro dei miti', poiché "la tragedia è che i personaggi sono eternamente fissi come le pedine di una scacchiera con le mosse già prestabilite".


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Teatro Hamlet

Via Alberto da Giussano 13 – Roma
dal 20 ottobre al 23 ottobre 2016

Cece' e La Morsa di Luigi Pirandello
di Pierre Chesnot
Regia: Salvatore Iermano
Adattamento: Ilario Crudetti, Salvatore Iermano
Assistente alla regia: Giulia Bartolini
Coreografia: Roberto Ricciuti
Musiche originali: Roberta Iannitelli
Foto di copertina: Fabrizio Stefan
Con: Chiara Caroletti, Matteo Cecchi, Ilario Crudetti, Salvatore Iermano, Ilaria Mariotti, Emiliano Pandolfi


Periodico Italiano Magazine - Direttore responsabile Vittorio Lussana.
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