Al Teatro Trastevere, dal 26 al 31 marzo scorso, è andato in scena un altro capolavoro di Rueda Teatro: la regista Laura Nardinocchi, già vincitrice del Roma Fringe Festival 2019 con ‘Pezzi’, ha preso spunto da ‘I Morti’ di James Joyce, tratto dal racconto ‘Gente di Dublino’, traslocandolo dall’Irlanda all’Italia per renderlo sospeso fuori dal tempo e minare alle basi l’inautenticità della nostra esistenza
Gli attori sono già sul palco, preparando l’atmosfera in cui lo spettatore verrà immerso nel buio in sala. Ilaria Giorgi, Claudia Guidi, Guido Targetti e Francesco Gentili sono la proiezione fisica di spiriti che si dedicano reciproca indifferenza. Ilaria e Guido disegnano linee concentriche e complementari, ma loro non se ne curano. Claudia e Francesco sono fermi in una verticalità imperturbabile, stendendo un tappeto sonoro sotto ai movimenti convulsi dei primi. Nei passi di Ilaria e Guido si riconosce una marcia marziale, più imparentata con quella dei plotoni di esecuzione che con quelle trionfali. Elegantissima la veste elettronica, che fa loro indossare il maestro, Francesco Gentili. Ogni attore ha il suo spazio, in cui reitera ossessivamente gesti preconfezionati. La scenografia – a cura di Ludovica Muraca e Margherita Nardinocchi – è costituita da pochi oggetti, estremamente funzionali. Il letto è una porta e anche una tavola da pranzo. Le parti in cui la giovane regista, Laura Nardinocchi, ha suddiviso la scena iniziale di ‘Cenere’ si ricompongono armonicamente. Tra parole sussurrate, intimate, soffiate e urlate, la compagnia Teatro Rueda garantisce un effetto estraniante, per uno stile narrativo davvero complicato da portare sul palcoscenico. Ma Laura Nardinocchi riesce a vincere là dove persino il Joyce di ‘Gente di Dublino’ spesso incontra le resistenze dei lettori. Se, da un lato, la drammaturgia non è interamente debitrice a ‘I Morti’ per la totalità dell’intreccio, dall’altro è impossibile non notare come attraverso la sovrapposizione di quadri esplicativi ai dialoghi che portano avanti la narrazione, si rimedia all’assenza degli intermezzi descrittivi di James Joyce, che spesso dicono più delle battute scambiate tra i personaggi. Sono gli attori stessi ad aiutare la costruzione dell’ambiente scenico, trasformando il palco del Teatro Trastevere in una sala da ballo, in cui i convitati per il veglione di capodanno diluiscono le proprie identità in una massa informe, a ritmo di musica alienante; in una sala da pranzo in cui la società post-moderna viene aggredita dai luoghi comuni del pensiero piccolo borghese o radical chic; in un androne in cui gli ospiti devono difendersi da domande così superficiali da riuscire a scoperchiare i malesseri più intimi; in una camera da letto in cui il limite che sancisce la fine della cura e l’inizio dell’oppressione sembra non vedersi mai. I quadri con cui Rueda Teatro ha suddiviso ‘Cenere’ hanno la forma di interrogativi posti nell’arco di uno spettacolo che risulta marcatamente e macroscopicamente diviso in due parti, il cui punto di cesura è il discorso di fine anno di Gabri. Il panegirico della notte di San Silvestro segna, anzi, il risveglio di Greta e Gabri, accompagnandoli agli intensissimi monologhi finali. Lungi dal frenare bruscamente la corsa indiavolata con cui si arriva al cuore dello spettacolo, è con eleganza che lo spettatore viene incastrato tra fili tessuti nella prima parte della messinscena. La festa assume la forma del rito volto a esorcizzare la paura di non godere a pieno dell’unica esistenza concessa. Il disvelamento dell’identità e delle condizioni esistenziali dei protagonisti riesce, quindi, a diffondersi nella platea grazie alla maturità attoriale con cui la simbologia è resa fruibile. La neve, che riesce persino a illuminare gli ombrelli di Greta e Gabri, è culturalmente un termine di paragone per la purezza ritrovata. La cenere ne è dunque il suo principio causale: spogliati della vecchia vita, alleggeriti dal peso di identità sovracostruite, la scena si chiude. Chissà come svolterà, per loro, il nuovo anno. Al pubblico non resta che abbandonarsi all’introiezione del messaggio di 'Cenere', amplificato e veicolato da intriganti suggestioni sonore.
NELLA FOTO IN ALTO A DESTRA: CLAUDIA GUIDI, GUIDO TARGETTI, ILARIA GIORGI E FRANCESCO GENTILI
AL CENTRO: LA LOCANDINA DI 'CENERE'
QUI SOPRA: ILARIA GIORGI E GUIDO TARGETTI IN SCENA
GLI SCATTI UTILIZZATI NEL PRESENTE SERVIZIO SONO DI SIMONE GALLI
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