Il teatro 'Stanze Segrete' in Roma ospita, dal 28 febbraio al 12 marzo, ‘Che fine ha fatto Baby Jane?’, thriller caratterizzato da un ‘taglio’ cinematografico che narra la vicenda di due ex dive del cinema: inquietante e tragico tiene il pubblico sospeso sul filo della tensione narrativa
Il romanzo di Henry Farrell è stato d’ispirazione per il regista Robert Aldrich, il quale nel 1962 lo portò sul grande schermo con l’omonimo titolo insieme alle grandissime Bette Davis e Joan Crawford, che interpretarono le due sorelle Hudson. Un thriller psicologico, in scena in questi giorni al teatro ‘Stanze Segrete’ di Roma, riproduce la vicenda grazie all’adattamento e alla regia di Susanna Lauletta e Alessandra Silipo, rispettivamente Blanche e Baby Jane. Le due giovani attrici recitano accanto a Fabrizia Scopinaro, Ilaria Orlando e Michele Prosperi. Questi ultimi, a proprio agio nei loro ruoli, interpretano Edna la governante, Mrs. Bates, la vicina di casa, e Edwin Flagg, un musicista insieme al quale Baby Jane intende proporre un nuovo ‘numero’ rispetto a quelli degli albori. All’interno del particolare e versatile teatro, lo spazio è ben sfruttato e le azioni si svolgono con precisione. La meticolosa lettura delle due attrici rispetto al romanzo e alla versione cinematografica rispecchia con dovizia la vicenda delle sorelle, ‘star’ del cinema ultracinquantenni ormai superate dal tempo: l’una è pazza e alcolizzata; l’altra, è costretta su una sedia a rotelle a causa di un incidente. Le due sorelle si ritrovano a convivere nella stessa casa: Susanna Lauletta (Blanche) soggiorna quasi perennemente nella sua camera e, nel poco margine di movimento che le viene concesso, riesce a comunicare al pubblico un senso di chiusura e di terrore. I movimenti quasi incondizionati con la sedia a rotelle rispecchiano quanto non riesca a fuggire dalla situazione in cui la sorella Jane la costringe. Quest’ultima, invece, si muove in casa cercando di controllare tutto: prendendo le redini e il comando della situazione, ostacola chiunque abbia a che fare con Blanche. In un clima di continua tensione e di ‘suspance’, l’esperimento ardito delle due giovani attrici vive di stacchi registici netti: le lunghe pause e i silenzi si frappongono a un ritmo cadenzato e fluido. Il senso di claustrofobia che si avverte è dovuto all’angoscia mantenuta fino alla fine, momento in cui viene a galla la verità e ci si libera da un profondo senso di colpa. Il livello di recitazione del cast è decisamente buono: la svariata gamma espressiva, per esempio, ben descrive gli stati d’animo che ogni personaggio evoca. Ciò che emerge nel corso della narrazione è il rapporto contrastato tra Baby Jane e Blanche, che sin da bambine sono rivali e invidiose l’una dell’altra. Rivalsa, gelosia e confronto sono dunque gli elementi di cui ci si avvale per sollevare rancore e frustrazione. Stare lontano dalle scene e, quindi, non essere più riconosciute come ‘dive’ fa nascere in Jane l’odio verso Blanche, la quale nella sua carriera ha ottenuto più clamore. Seppure, dopo l’incidente, fu cotretta ad abbandonare il cinema, ella vive ancora del ricordo di molti suoi ammiratori. Ben curati gli arredi e gli abiti, che riprendono uno stile ben preciso, a cavallo tra la fine degli anni ’50 e i primi anni ’60 del secolo scorso. Il bianco e il nero indossati dalle protagoniste sono un richiamo alle ormai vecchie pellicole. Interessante è la sensazione di vivere ‘dentro’ la vicenda: proprio perché lo spazio a disposizione è minimo (caratteristica di questo teatro ‘trasteverino’, ndr), gli attori recitano molto vicini alla platea. Alle spalle del pubblico in sala compare, invece, Ilaria Orlando, il cui personaggio funge anche da voce narrante. Il disegno delle luci rende giustizia a tutta la rappresentazione: gli stacchi tra apertura e buio richiamano le dissolvenze del cinema tra una scena e l’altra. La penombra, al contrario, ci fa entrare nelle situazioni nostalgiche alle quali Jane si aggrappa per sopravvivere: vede le sue vecchie foto e beve, ricordandoci le più classiche ‘sbronze tristi’ delle attrici americane di un tempo. Alessandra Silipo, nel suo ruolo, si avvale di ottime doti recitative per caratterizzare al massimo la parte della sorella ‘pazza’, ricorrendo a una mimica facciale assai espressiva e indovinata. Nonostante qualche incongruenza a livello di movimenti, la rappresentazione dimostra spunti registici notevoli, come per esempio i dialoghi ‘intervallati’ tra le due sorelle e tra Edna e Mrs. Bates, creando in tal modo due azioni parallele che richiamano le ‘sequenze incrociate’ del cinema. Susanna Lauletta, per parte sua, è riuscita a farsi carico della pesantezza fisica del proprio personaggio, pur costretto all’immobilità. La rigidità del corpo viene ben espressa nello scendere la scala con agitazione e paura, provando a chiedere aiuto e a salvarsi dalle angherie subìte. ‘Che fine ha fatto Baby Jane?’ vive, dunque, di respiri ampi e di equilibri innovativi grazie a un ritmo particolare, che dosa pause alternate a ‘picchi’ cadenzati: un giocare sui ‘vuoti’ alla Brian De Palma, probabilmente mirato a stimolare nel pubblico il senso del ‘thrilling’. Anche le musiche, altrettanto inquietanti, si avvalgono di sonorità meccaniche ed elettroniche, al fine di aumentare il senso di tensione insito in questa trasposizione teatrale.
Che fine ha fatto Baby Jane?
dal 28 febbraio al 12 marzo
Teatro Stanze Segrete
via della Penitenza, 4 - Roma (quartiere Trastevere)
Adattamento e regia: Susanna Lauletta e Alessandra Silipo
con: Alessandra Silipo, Susanna Lauletta, Fabrizia Scopinaro, Ilaria Orlando, Michele Prosperi
musiche: Angelo Lauletta
disegno luci: Tommaso Mercogliano
foto: Luigi Giordani
NELLA FOTO: ALESSANDRA SILIPO
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