Dopo ben dodici anni dal debutto, la galleria dei personaggi interpretati da Corinna Lo Castro approda, in una veste nuova, al Teatro Garbatella, consegnando al pubblico una versione irriverente, comica e contemporanea della tragedia greca del re di Sofocle
Un'unica data, 17 maggio 2019, che ha il sapore di una prova generale. Il regista, Paolo Pasquini, ha inteso mostrare al pubblico come un grande classico della letteratura greca possa essere dissacrato con intelligenza, talento e coraggio nello sperimentare. Al Teatro Garbatella, ‘Edipo rebus: miti, oracoli e pasticci’ contiene già nel titolo la sua vocazione: confondere gli animi, condizionare le menti e mettere in disordine le carte in tavola. In questo “pasticciaccio brutto de Tebe”, verità e inganno non hanno un volto poi così diverso. Al contrario, il gioco delle parti è voluto, in questo adattamento romano, proponendo tante ‘fake news’ nelle quali il tasso di verità è ai minimi storici, descrivendo un contesto complottistico tipico dei tanti programmi televisivi di cronaca in onda quotidianamente nelle nostre case. Un teatro di ‘arte povera’. Il palco è scarno: solo tre sedute in truciolato, ma è pieno e stracolmo della bravura dell'unica attrice in scena, Corinna Lo Castro. È proprio il caso di dire: “Una, nessuna e centomila”. Come le tante verità che annullano l'esito finale, poiché in fondo è il tragitto quello che conta. E a guidarci, di volta in volta, è un personaggio diverso. L'interpretazione della poliedrica attrice e coautrice è la vera ‘chiave di volta’ di tutta una strategia drammaturgica, tesa ad ampliare il punto di vista sulle vicende e i protagonisti della tragedia di Sofocle. E se ci fosse un secondo, terzo, quarto o quinto Edipo? E se la vera madre fosse la Sfinge? Non c'è, dunque, nella volontà degli autori, Pasquini e Lo Castro, l'obiettivo di svelare la verità. Neanche per puro caso, nonostante una ‘fede bambinesca’ risieda nel pubblico e, più in generale, negli esseri umani. L'ispirazione arriva dal breve racconto dal titolo ‘La morte della Pizia’, di Friedrich Dürrenmatt. Da qui ha preso le mosse l'insolenza nei confronti dei greci, dei loro “psicodrammi esasperanti”, delle inverosimili e scellerate coincidenze, che mettono in discussione il potere sacro delle profezie della sacerdotessa di Apollo, Pannychis XI, l'ultima Pizia. Al protagonismo dell'enigma, questa rilettura romana aggiunge riferimenti, non tanto velati, al traffico, alle buche e agli intrighi di ‘mafia capitale’. Tra un tono scanzonato e l'altro, i testimoni della tragedia intervengono sul palco, raccontando la loro verità. Ed ecco che Meneceo, padre della regina Giocasta, ha tratti e connotati di un membro della banda della Magliana, mentre sua figlia è una cocainomane con alle spalle innumerevoli amanti ‘imposti’ dalle divinità. In mezzo a questo caos tra verità e menzogna, mito e realtà contemporanea, un timido ma interessante ‘guizzo’ arriva dal volto e dalla voce di Roberto Herlitzka, che interpreta Tiresia. Questi è chiamato in causa da un piccolo tablet, sorretto dalle mani dell'attrice, che costituisce un'evidente stonatura all'interno del generale impianto scenico, ma che in realtà rappresenta un vero e proprio punto di partenza per condurre lo spettacolo verso una sperimentazione sempre più tecnologica e disumanizzata, che porta alle estreme conseguenze le ambiguità e le diverse simulazioni di verità dell’attuale ‘cyberspazio’ della nostra vita.
LE FOTO UTILIZZATE NEL PRESENTE SERVIZIO SONO DI: MATTIA CAPPARELLA