Dalla nascita alla morte, i fotogrammi della vita dell'artista messicana scorrono scandite dalle sue opere proiettate e dalla danza tribale di una giovane ballerina sul palco del Quirino dal 16 al 21 maggio scorso
Lo spettacolo 'Frida Kahlo: il ritratto di una donna' inizia con la narrazione di una voce maschile fuori campo, che introduce la produzione artistica e l'esistenza di una figura femminile straordinaria, capace di rappresentare con la propria creatività 'tutte le donne del mondo'. La voce e il corpo di una credibile e brillante Alessia Navarro vestono i panni di questo personaggio complesso, ma anche molto amato, tanto da diventare l'icona dell'emancipazione in rosa e il simbolo dell'avanguardia artistica messicana del novecento. Il pubblico è accolto dalle insistenti e strazianti urla di una donna che sta per partorire una bambina che non vuole, perché non si sente pronta e non si vede madre. Alle spalle, il quadro 'La mia nascita' del 1932 rappresenta la stessa donna che, coperta dal lenzuolo, ha dato alla luce la testa adulta di Frida, che esce dall'utero in una pozza di sangue: un'opera dal forte impatto emotivo. La pittrice racconta l'aborto spontaneo da lei vissuto e la testa coperta della madre si collega alla sua morte, avvenuta da poco. In stile di 'ex-voto', l'artista guarda alla scultura azteca, in particolare al secolo XVI e alla rappresentazione del parto di un guerriero adulto, ricordando gli spasmi dell'infanzia tra malattia (la poliomelite) e assenze, dolore e rari momenti di felicità. Per tutta la vita, Frida porta il peso della negazione, che diviene manifestazione della privazione dell'amore, fino a trasformarsi in estenuante attaccamento alla vita e al compagno: Diego Rivera. Il concetto è ben chiaro fin dall'inizio: a ogni pennellata corrispondono le azioni, le emozioni e la sofferenza di un momento concluso in sé, ma allo stesso tempo parte di un flusso continuo, fino ad arrivare all'opera d'arte finale. La coincidenza tra arte e vita costituisce l'intreccio indissolubile. In particolare nella scena in cui Frida, nel gesto di dipingere davanti al cavalletto, intraprende un monologo con se stessa sull'abbandono materno e sul senso di essere figlia. Frida scrive nei diari la propria realtà, ma sente l'esigenza di volerla tradurre in immagini di un ‘iperrealismo devastante’, perché come rivela la protagonista: “Ho sempre rappresentato la mia realtà, mai i sogni”. Fin dalla nascita, l'artista ha dovuto lottare per farsi accettare e ricercare tra i personaggi ritratti nelle proprie opere e, tra le persone vicine, quell'affetto, quella passione e quell’accudimento mai ricevuti pienamente. Il passaggio alla figura dell'amore della sua vita, Diego, offre lo spunto per concentrare l'attenzione sul forte temperamento della donna e sulla loro difficile e burrascosa relazione. Lo spettatore entra nell'intimo della coppia. Al centro del palcoscenico, una vasca da bagno e una Frida in carrozzella mentre cerca di entrare per fare un bagno. Accanto, un Rivera che guarda e tace. Il momento di ‘confronto/sfogo’ è immaginato dal regista, Alessandro Prete, come un'occasione per mettere a nudo una donna innamorata, ma anche carica di risentimento verso un uomo colpevole della propria condizione. Tale licenza poetica del regista orienta la narrazione in una direzione fortemente simbolica: la donna nella vasca rievoca il capolavoro di David, in cui un malato Marat viene trovato morto immerso nell'acqua. Una similitudine resa ancora più forte dalla frase di Frida: “Immersi nell'acqua siamo tutti uguali” e dal quadro ‘Quel che l'acqua mi ha dato'. Elementi che presuppongono una compartecipazione nel dolore di chi, come lei, vive nella malattia e nel senso di inadeguatezza del sentirsi costantemente 'difettosa'. La donna si rivolge a Diego, ma in realtà invita lo spettatore a farsi un bagno nella vasca che ha dipinto e da dove affiorano una serie di oggetti, interpretabili solo ‘tuffandosi’ nel suo punto di vista. La volontà di condividere all'esterno si esaurisce con il divorzio dall'amato marito. E dalla sofferenza di dover tagliare quel legame nasce la possibilità di una storia omosessuale, destinata inesorabilmente a finire. La celebre opera 'Le due Frida' racconta di un'afflizione dovuta alla separazione dal marito, che la logora fino quasi a sgretolarla ne 'La colonna rotta', dove i chiari riferimenti al linguaggio figurativo del cristianesimo trasmettono una visione del dolore pari a quella del ‘martire san Sebastiano'. In questa scena, Rivera davanti alla sua amata immobilizzata dal dolore e dalle innumerevoli operazioni chirurgiche, dichiara con tutto se stesso il forte sentimento che prova per lei, unica donna della sua vita. Dall'inizio alla fine, le opere d'arte non sono i soli elementi che segnano il ritmo dello spettacolo, ma la grande presenza scenica della danzatrice, che si muove sulle note realizzate da Stefano Mainetti, contribuisce a segnare lo spazio e il tempo. L'affermazione di Frida: “La morte mi danza intorno” svela il ruolo di questo ballo lungo tutto l'arco dello spettacolo. E conduce lo spettatore verso il capitolo finale, in cui la danza lascia spazio a un scheletro ('Il sogno'). Il ‘monologo/dialogo’ finale perde quell'intensità raccolta nelle scene precedenti: l'artista in punto di morte parla con la sua anima al di sopra di un letto a baldacchino, mostrando l'estrema angoscia e l’attaccamento alla vita nonostante la propria condizione di malata. In realtà, la concezione della vita nella cultura ‘precolombiana’ fa riferimento alla morte come a un momento di rinascita che merita di essere festeggiato, in quanto tappa di un cammino verso qualcosa d'altro. Le proiezioni di video animati sulla natura contribuiscono a indebolire la struttura narrativa, specie in conclusione, dove la lunghezza appesantisce e prolunga l'attesa dell'epilogo non aggiungendo nessun contenuto di spessore alla storia. Nel complesso, la messa in scena mette bene a fuoco il carattere, gli interessi e le difficoltà di un'artista messicana che ha percorso un tragitto su due binari: da un lato, ha inseguito le proprie passioni come un fiume in piena tra tradimenti e sofferenze; dall'altro, ha coltivato la pittura come atto di bisogno per rallentare l'inesorabile crescita della propria malattia.
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