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23 Aprile 2024

Romeo e Giulietta: ricerca incompiuta di una direttrice espressiva

di Emanuela Colatosti
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Romeo e Giulietta: ricerca incompiuta di una direttrice espressiva

La compagnia teatrale artigianale ‘Canisciolti’ ha portato in scena al Teatro Trastevere nell’ultimo week end di aprile un classico della drammaturgia moderna, in un interessante esperimento ‘laboratoriale’

Un bicchiere di vino, musica da intrattenimento proveniente dalla ‘pop culture’ italiana. I ‘Canisciolti’ non aspettano il pubblico dietro le quinte, ma lo fanno accomodare e lo intrattengono finché non arriva il momento di iniziare il vero spettacolo. Ci fanno assistere ai preparativi direttamente dal palco, accompagnati da giocose interazioni. È così che William Shakespeare non è più la penna divina di una mitologia tutta contemporanea. O forse lo è ancora di più, proprio perché Luca Pastore ce lo ha restituito nelle vesti di un uomo che aveva voluto parlare di cose quotidiane. E lo fa dandogli trivialità, facendolo scendere dall’Olimpo degli autori più influenti della Storia. La leggerezza e la volgarità attraversano ‘Romeo e Giulietta’ in modo reale e irriverente. Farlo con una delle favole d’amore più chiacchierate della letteratura significa esporre il fianco a critiche virulente. Soprattutto, perché tra teatro e filmografia sono davvero in troppi a essersi confrontati col grande classico ‘shakespeariano’. Come tutte le grandi tragedie, in principio fu il prologo, composto appositamente per fornire le linee poetiche dei ‘Canisciolti’. Si scusano in anticipo con il pubblico, per come hanno ricostruito artigianalmente il dramma ambientato a Verona. E chiedono venia se, eventualmente, non risultassero all’altezza. Il palco viene usato apparentemente a piacere dagli attori: come fosse un camerino in cui prepararsi; come fosse il tavolo di un laboratorio in cui sperimentare le inclinazioni toniche da dare alle parole per tastarne fino in fondo il significato; come fosse una pedana su cui montare un’installazione. Ogni personaggio è partecipe e testimone di ciò che accade sul primo piano. Lo sfondo si gioca sulle proiezioni degli ambienti e sulla tridimensionalità del celebre balcone. Hanno fatto della scarsità un’occasione di stimolo reciproco, che dall’accoglienza del pubblico, sfocia direttamente nella messa in scena. Luca Pastore ridisegna l’ordine degli eventi, iniziando dalla festa di casa Capuleti. Le atmosfere create ricordano quelle di Baz Luhrmann: impossibile non pensare al celebre sceneggiato del 1996, quando si vede entrare Mercuzio completamente ricoperto di 'paillette'. Nonostante il riferimento, nel ‘Romeo e Giulietta’ portato in scena al Teatro Trastevere non c’è un cambio di ambientazione. Siamo a Verona e nel tempo storico di Romeo e Giulietta, eppure i costumi sono totalRomeo_e_Giulietta_Maschera.jpgmente sbagliati. Da un lato, si balla in maniera composta, a coppie e in moduli ripetitivi, ma è palpabile l’affollamento, la promiscuità e la solitudine che emanano le discoteche di oggi. Fatto cadere ogni velo di edulcorazione con cui di solito rivestiamo epoche distanti dalle nostre, resta un ‘retrogusto kitsch’ per la maschera. Ma a metà. E non perché si sia scelta la sobrietà. Il realismo si scontra a duello con la caricatura, proprio come nei duelli, in cui a esser citato è invece ‘Highlander’. Ma anziché terrorizzare, scappa un sorriso, quando le note di ‘Princes of the Universe’ dei Queen riempiono la sala. Poi, però, la narrazione torna lineare. La colonna sonora pian piano si pulisce da citazioni, per liberare il motivo elettronico di Mattia Messina da sovrapposizioni melodiche prodotte da accompagnamenti dal vivo, direttamente dal palcoscenico. La rilettura cronologica di Luca Pastore sparisce per tornare all’originale ‘time-line’ di Shakespeare. E il tocco del regista si assottiglia sempre di più, riaffiorando nella minima destrutturazione dei dialoghi in coppia, costringendo i personaggi sul palco ad attendere, ma anche ad assistere, come fossero complici, il proprio turno per finire la battuta. Le scene si tagliano e si ricuciono per dare spazio a ogni ‘quadro’, in un ritmo che è tanto poco teatrale quanto più cinematografico. Toccante la chiusura, non solo musicale, ma anche canora. Impossibile, tuttavia, non chiedersi cosa resti dell’iniziale rimescolamento dei quadri scenici, insieme alla scoperta di possibili intenzioni nei versi del drammaturgo inglese, verso cui il regista non ha definitivamente accompagnato il pubblico. Un interrogativo che pesa sul consistente lavoro che ha riguardato la preparazione di tutto il cast, al netto di alcuni squilibri interpretativi. Sicuramente, il regista non ha voluto omaggiare William Shakespeare con cieca fede. Ma una volta individuato ciò che, presumibilmente, non è rientrato nelle intenzioni della regia e della compagnia, questo ‘Romeo e Giulietta secondo i Canisciolti’ dovrà essere digerito e metabolizzato meglio, prima di calcare di nuovo un palco. Ne ha bisogno il regista, ne ha bisogno la gran parte del cast.

Romeo_e_Giulietta_Canisciolti.jpg
NELLA FOTO QUI SOPRA: LA COMPAGNIA TEATRALE I CANISCIOLTI

AL CENTRO: MASCHERA MENTRE VIENE POGGIATA IN UN CAMBIO DI SCENA

IN ALTO A DESTRA: LA LOCANDINA DELLO SPETTACOLO

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