Un dialogo a due voci femminili interpretate dalle bravissime Marina Massironi e Alessandra Faiella alla Sala Umberto a Roma, con la regia di Serena Sinigaglia
Un pavimento discontinuo e inclinato verso la platea, una sedia nera al centro e un cono di luce fredda puntato su di essa: la storia di Esther, famosa scrittrice, inizia quando entra nella fredda aula d’interrogatorio del commissariato di Detroit. Comincia così quello che, a tutti gli effetti, è un thriller psicologico. Le due attrici, Marina Massironi e Alessandra Faiella, hanno la possibilità di svestire i panni di comiche e indossare la maschera dello humour nero, mostrando la raffinatezza torbida del femminile. “Avevo appena finito di tradurre i 16 testi teatrali di Agatha Christie, che evidentemente hanno lasciato una traccia tale da spingermi a sperimentare un genere che non avevo mai affrontato”, afferma l'autore del testo, Edoardo Erba. Lo squallore e la desolazione dell'ambientazione rende la sceneggiatura estraniante e intrigante allo stesso tempo. La protagonista sembra inizialmente sottovalutare e deridere la convocazione della polizia, ma costretta poi a ricostruire quei giorni di quattro anni fa a Toronto, comincia a irrigidirsi, per poi cedere inevitabilmente. Il turbamento della donna nasce dal fatto che la propria penna stilografica è stata trovata nel risvolto dei pantaloni del cadavere di un uomo. Alcolista e violento, Ben è l'unico uomo citato nella storia ed è l'amante di Rosalyn. La 'sempliciotta' Rosalyn, la Massironi, è un'addetta delle pulizie e rappresenta il vero ‘leitmotiv’ della narrazione e dell'intera esistenza di Esther. Tra le due non è subito chiaro il rapporto: la scrittrice sembra snobbare la donna per la sua condizione sociale inferiore, che la ingabbia in un turbine di ignoranza. Una serie di ambiguità svelano meccanismi vicini ai prodotti cinematografici dello stesso genere, uno fra tutti il recente lavoro: 'Quello che non so di lei' di Roman Polanski. Questa pellicola condivide con la pièce romana una costante narrazione sul filo del rasoio nel confronto tra finzione e realtà: chi è veramente Esther? Il delitto è un ‘non delitto’? Chi ha manipolato l'altra? Sempre al cinema guarda anche il personaggio della scrittrice, interpretato da Alessandra Faiella, che rivela le proprie fonti di ispirazione in famose attrici hollywoodiane, da Glenn Close alla Meryl Streep de 'Il diavolo veste Prada', restituendo il ritratto di una donna sottilmente perfida e banalmente 'perfettina'. Le vicende di Esther portano con sé i segni della violenza, della miseria e della purezza di tutta l'umanità, mentre la scrittrice cerca di esprimere i propri sentimenti, aspirazioni e paure. La centrale di polizia comincia ad assumere sempre più l'aspetto di una seduta psicoterapeutica, dove gli spettatori divengono essi stessi psicologici, costretti silenziosamente a scoprire il proprio fantasma interiore. In conclusione, il monologo finale fornisce, in parte, una risposta sui tanti volti e personalità dell'essere donna e, per il resto, consacra l'inessenzialità dell'io individuale.
LE FOTO UTILIZZATE NEL SERVIZIO SONO DI MARINA ALESSI
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