Lo ‘skyglow’ è quella forma di inquinamento luminoso caratterizzato da un crepuscolo artificiale persistente dopo il tramonto, che oscura la vista delle stelle: un fenomeno in fase d'incremento a un ritmo più veloce del previsto, come ha sottolineato in una ricerca pubblicata sulla rivista ‘Science’, l’astronomo Christopher Kyba, del Centro tedesco per la ricerca nelle Geoscienze di Potsdam
Volgendo lo sguardo al cielo nel corso della notte, siamo abituati a scorgere intensi puntini luminosi disseminati lungo l’intera volta celeste. Sono le nostre stelle: riverberi brillanti di corpi lontani anni luce, milioni o miliardi di anni luce, che accendono l’oscurità. Ci siamo talmente abituati a questa presenza notturna da non farci più caso, arrivando al punto di non accorgerci che quei riverberi luminosi sono sempre più radi, sempre meno visibili, appannati dai bagliori nelle nostre città. L’incremento dello ‘skyglow’ (l’inquinamento luminoso, ndr), un autentico crepuscolo artificiale che persiste dopo il tramonto oscurando la vista delle stelle, avanza a un ritmo crescente, più veloce del previsto, come ha sottolineato in una ricerca pubblicata sulla rivista ‘Science’, l’astronomo Christopher Kyba, del Centro tedesco per la ricerca nelle Geoscienze di Potsdam (Germania). I dati esposti nella ricerca sono frutto del lavoro e delle rilevazioni condotte da 51 mila 351 astronomi dilettanti, che hanno registrato nell’arco di 12 anni e in 19 mila luoghi diversi (3 mila 700 dei quali in Europa e 9 mila 500 in Nord America) lo stato di salute del cielo stellato nell’ambito del programma 'Globe at Night', promosso dal NoirLab della Fondazione nazionale della Scienza (Nsf) degli Stati Uniti.
Proseguendo su questi ritmi, il numero di stelle oggi visibili a un bambino appena nato sarà più che dimezzato quando compirà i 18 anni: “Se le stelle fossero montagne, potremmo immaginare l’inquinamento luminoso come un mare che si alza progressivamente, sommergendo e nascondendo le vette più basse”, ha commentato Alberto Cora, dell'Osservatorio Astrofisico di Torino dell'Inaf (Istituto nazionale di Astrofisica).
Guardando le immagini e i video dell'emisfero notturno terrestre ripresi dalla Stazione Spaziale Internazionale, si rimane immediatamente colpiti dal fascino, dall’intensità e dalla geometria delle luci delle città, come se stessimo guardando a un gigantesco albero di Natale planetario. Eppure, quelle luci producono inquinamento. Difatti, come spiega la ricerca, tanto più la luce artificiale ‘illumina’ il cielo notturno, tanto maggiore dovrà essere luminosa una stella per poter esser vista dall’occhio umano. L'analisi delle osservazioni degli ultimi dodici anni (tra il 2011 e il 2022) evidenzia come la luminosità del cielo, proprio a causa della luce artificiale, sta aumentando esponenzialmente, con una media allarmante del 10% ogni anno. Questo aumento è molto superiore alle stime, basate sulle misurazioni effettuate dai satelliti del Defense Meteorological Satellite Program e della Suomi National Polar-orbiting Partnership (satellite per l’osservazione terrestre sviluppato dalla Nasa, ndr). Parte di questa discrepanza potrebbe essere spiegata dall'incapacità di questi satelliti di rilevare la tipologia di luce emessa dai sempre più diffusi light-emitting diodes (i noti led, ndr), i quali hanno iniziato a essere utilizzati all'aperto circa 10 anni fa, a minor costo e quindi con sempre maggiore diffusione. Un punto debole che dovrà essere superato dai prossimi satelliti di nuova generazione, che dovranno essere dotati di capacità di monitoraggio di maggiori spettri d’onda luminosa. Sarebbero, quindi, proprio i led bianchi, sempre più utilizzati nell’illuminazione per esterni, a contribuire in misura rilevante allo ‘skyglow’. Con un picco di emissione tra i 400 e i 500 nanometri, i led hanno un deciso effetto sulla nostra percezione della luminosità del cielo, poiché l’occhio umano è più sensibile di notte a queste lunghezze d’onda più corte. Il fenomeno dello ‘skyglow’ non impatta solo sulla visibilità notturna degli astri, ma anche sulla biodiversità, divenendo a tutti gli effetti un problema ambientale. La vita, infatti, si è evoluta con la luce solare durante il giorno e la luce delle stelle e della Luna durante le ore notturne. L'introduzione negli ecosistemi di luce artificiale, a livelli superiori alla quantità di luce naturale presente, provocherà con ogni probabilità cambiamenti nel comportamento degli animali. Alcune specie, inclusi i predatori, possono trarre vantaggio dalla presenza di più luce; altre, al contrario, in particolare quelle che hanno trovato nel buio un fattore indispensabile per la loro esistenza, saranno portate sulla soglia dell’estinzione, locale o globale. Inoltre, gli animali (compreso l'uomo) potrebbero soffrire di una riduzione della produzione di melatonina (ormone fondamentale, che controlla l’orologio circadiano degli animali e, quindi, in grado di condizionarne comportamento e fisiologia) in risposta alla luce artificiale notturna. Senza contare che i processi necessari per produrre, installare e far funzionare l'illuminazione artificiale esterna contribuiscono alla produzione di ‘gas-serra’ nell’atmosfera, con ricadute sul riscaldamento globale. Si stima che vengano generati circa 200 miliardi di chilogrammi di anidride carbonica per produrre circa 400 terawattora di energia elettrica necessaria per le luci esterne. In ogni caso, la ricerca pubblicata su ‘Science’ presenta anche dei limiti d’indagine: “Con una partecipazione maggiore di persone provenienti dal Nord America e dall’Europa, la conseguenza inevitabile dell’esperimento è stata una sottostima dell’aumento dell’inquinamento luminoso soprattutto nei Paesi in via di sviluppo, dove al contrario si sospettano rapidi cambiamenti nel cielo artificiale”, ha dichiarato l’astronomo Christopher Kyba, che tuttavia ribadisce l’importanza dei dati ottenuti dai cittadini trasformatisi in astronomi dilettanti, in grado di compensare quelli finora disponibili attraverso le rilevazioni satellitari, sottolineando la necessità di interventi sul piano regolatorio, al fine di circoscrivere gli effetti dell’inquinamento luminoso.
A ben guardare, l’esperienza visiva di un cielo costellato di astri permane ancora al di fuori delle città, ben lontani da esse. Ma la civiltà dilaga e si espande. E rischiamo di arrivare al giorno in cui dovremo privarci della vista della meravigliosa scenografia che la natura ci offre.