In Sudafrica, l’equipe medica dell’università di Stellenbosch, ospitata dal Tygerberg Hospital di Cape Town a fini di sperimentazione scientifica, ha guidato con successo il primo trapianto di pene
Mai più senza. Potrebbe essere questo lo slogan di una nuova era di ‘riconquistata’ virilità maschile. Già da tempo, la comunità scientifica internazionale ci aveva messo al corrente del fatto che alcuni ricercatori del 'Wake Forest Institute for regenerative medicine', in California, erano all'opera al fine di impiantare nell'uomo organi e protesi genitali ‘coltivati’ in laboratorio. Un certo professor Anthony Atala, sin dal 1992 si sta dedicando a questo tipo di sperimentazioni, che ormai attendono solamente l’approvazione dell’Agenzia americana dei prodotti alimentari e medicinali, la 'Fda', per poter proseguire con una nuova serie di ‘test’, a completamento di quelli fino a oggi già effettuati, con esito positivo. Tali studi sono naturalmente finalizzati alla costruzione di protesi artificiali per tutte quelle persone affette da anomalie genitali maschili, la fimosi, la balanopostite e le altre svariate malformazioni, ma soprattutto in favore di coloro che soffrono di cancro del pene o che hanno riportato ferite nelle zone intime. Si tratta, in buona sostanza, di tecniche d’intervento e di ricostruzione divenute più semplici e fattibili, grazie all’utilizzo delle cellule dei pazienti stessi. Ma la notizia ‘bomba’ di questi mesi, invece, è un’altra: la possibilità di poter effettuare facilmente, in futuro, dei veri e propri trapianti dell’organo genitale maschile. E’ quanto accaduto in Sudafrica, in cui grazie alla donazione da parte di un deceduto, è stato eseguito un intervento di trapianto del pene che ha avuto un esito pienamente positivo. L’operazione, durata 9 ore, ha ottenuto un successo tale che ne sta parlando tutto il mondo. Il quotidiano britannico ‘The Guardian’, per esempio, ha dato ampio spazio alla notizia, riferendo come “il ragazzo sottoposto al non semplice intervento abbia pienamente riacquistato le sue funzioni urinarie e sessuali”. L’operazione chirurgica faceva parte di uno studio dell'Università di Stellenbosch, finalizzato ad aiutare un buon numero di giovani che, pur di seguire una tendenza tornata improvvisamente in ‘voga’ nella Repubblica Sudafricana, hanno affrontato operazioni di circoncisione eseguite in modo maldestro, rischiando addirittura di perdere il pene a causa dei problemi di cancrena necrotica dell’organo, oppure di incorrere in disfuzioni erettili di non semplice risoluzione. “Si tratta di un problema molto serio”, ha dichiarato il dottor Andre Van der Merwe, responsabile dell'unità di Urologia dell’università di Stellenbosch, “poiché per un giovane uomo di 18 o 19 anni perdere il pene può rappresentare un qualcosa di profondamente traumatico. In Sudafrica, c’è la necessità di questo tipo di interventi più che in altri Paesi del mondo, visto che molti giovani perdono il pene ogni anno per le complicazioni delle circoncisioni ‘tradizionali’, spesso mal eseguite. Tuttavia, il nostro obiettivo più ottimistico”, ha spiegato l’urologo sudafricano, “era quello di ottenere qualche primo risultato positivo nel ‘giro’ di un paio di anni. Invece, noi stessi siamo rimasti sorpresi e ampiamente soddisfatti per aver ottenuto, in questo campo, un riscontro positivo così presto”. Bisogna sottolineare che la pratica della circoncisione a cui si riferisce il medico sudafricano, in passato veniva richiesta ai giovani del Sud Africa che si affacciavano alla fase adulta per motivi di tradizione tribale, familiare o patriarcale, mentre oggi, viceversa, si tratta di un improvviso e ion parte fondato ritorno all’antico in quanto ‘moda’ che garantirebbe all’organo riproduttivo in questione una maggior funzionalità e, al contempo, una miglior igiene e prevenzione rispetto alle infezioni e infiammazioni che possono colpire il sesso maschile. In ogni caso, a prescindere dalle motivazioni che inducono molti giovani sudafricani a sottoporsi a tale pratica, in questo particolarissimo settore già da tempo la sperimentazione scientifica si stava avvicinando verso successi significativi. Nel 2006, per esempio, un esperimento era stato già effettuato in Cina. Si trattò di un intervento tecnicamente riuscito, ma solamente dopo un paio di settimane il nuovo organo è stato rimosso a causa di un grave problema psicologico creatosi nel paziente stesso, che non riconosceva il nuovo ‘impianto’ come proprio. Ecco perché potrebbe risultare fondamentale cominciare a ‘incrociare’ i risultati delle ricerche scientifiche in materia con quelli che si stanno ottenendo nel resto del mondo, sia nel campo della ricostruzione cellulare vera, sia in quello della chirurgia ‘plastica’ stessa. Quel che più conta è che il trapianto del pene, ormai, è una realtà.